Programma della conferenza

VI Convegno Nazionale SISCC “Possiamo ancora capire la società. Comprensione, previsione, critica.” / Roma, 20/21 giugno 2024

Il convegno 2024 della SISCC, in continuità con quelli degli scorsi anni, intende esplorare le complesse relazioni fra potere e pratiche creative, il corto-circuito fra emersione e anestetizzazione del conflitto sociale nonché le potenzialità che provengono da esperienze diffuse ma non necessariamente connesse. La SISCC ritiene che l’immaginazione sociologica debba essere supportata da una capacità di analisi scientifica e da una comprensione critica della società. Quale può essere allora il nostro ruolo di scienziati e scienziate sociali? E, in particolare, quale contributo possiamo dare alla comprensione della società proprio a partire dallo studio dei processi culturali e comunicativi che attraversano il nostro tempo?

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 1 - Panel 6: Ambiente e attivismo
Ora:
Giovedì, 20.06.2024:
14:00 - 15:30

Chair di sessione: Roberta Bartoletti
Luogo, sala: Aula VI


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Presentazioni

Comprendere e interpretare la realtà sociale attraverso forme di conoscenza condivisa. Un’esperienza di ricerca sui Living-Lab in Sardegna

Giampiero Branca1,2, Romina Deriu1,2

1Dipartimento di Storia, Scienze dell'Uomo e della Formazione, Università degli Studi di Sassari, Italia; 2Nucleo di Ricerca sulla Desertificazione (NRD), Università di Sassari, Italia

Appare sempre più complicato il compito di osservazione e interpretazione delle dinamiche socio-culturali nei diversi ambiti della vita quotidiana, a partire dalla constatazione dell’aumento di complessità nelle dinamiche del mutamento sociale. Ancor più ardua è la sfida che la sociologia deve affrontare nel tentativo di prevedere quali siano le possibili traiettorie di sviluppo di fenomeni sociali ancora in divenire, le cui connotazioni appaio spesso in modo parziale e mai nell’interezza delle proprie manifestazioni.

Questa tendenza sembrerebbe amplificarsi nei contesti rurali in cui è possibile trovare gli indizi della complessità esplicitati attraverso conflitti sociali più o meno latenti, esperienze innovative di partecipazione civica, oppure mediante originali strategie comunitarie di riattivazione della coesione sociale (Moralli 2022).

Le cosiddette aree fragili sono in realtà i contesti sociali e culturali in cui il potenziale di mutamento intrinseco nell’azione comunitaria si può esprimere appieno. Assumono, quindi, rilevanza le forme e i luoghi in cui si esplicitano le dinamiche della partecipazione che facilitano l’emersione del potenziale trasformativo delle comunità, offrendo uno sguardo prospettico sulle trasformazioni sociali.

Questo contributo intende presentare i risultati di una ricerca empirica frutto della sinergia di due progetti europei (Sustain-COAST e OurMED finanziati nel programma PRIMA-Horizon 2020) a forte connotazione interdisciplinare che prevedono la collaborazione tra ricercatori provenienti da diverse regioni del Mediterraneo, con l’obiettivo di sostenere e promuovere l’attuazione di una strategia comune di ricerca e innovazione nel perseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.

In questa sede proponiamo alcune delle principali riflessioni teoriche in relazione alle attività progettuali realizzate nel caso studio dell’ area vasta di Arborea (Sardegna) e concentrate principalmente sulle dinamiche partecipative nei processi di governance delle risorse ambientali.

Attraverso la realizzazione di interviste in profondità, è stato possibile ricostruire la percezione comunitaria del rischio ambientale e analizzare i processi partecipativi interni alla governance delle risorse ambientali. Ne è emerso un contesto sociale in cui alcune specifiche categorie di stakeholder sono state solo marginalmente coinvolte nei processi decisionali da parte di soggetti istituzionali, soprattutto perchè non sono state riconosciute pienamente le loro potenzialità in termini di competenze pratiche e del ruolo conoscenza tacita (Polanyi 2018). Di fatto questi sono elementi erroneamente ritenuti distanti dall’idea di capitale sociale e politico, ma in realtà sono determinanti per superare i conflitti e le tensioni sociali secondo percorsi partecipati di sviluppo di conoscenze a partire sul patrimonio culturale comunitario (Gibson 2017).

La realizzazione di un Living Lab all’interno dell’area oggetto di studio ha confermato queste potenzialità in nuce, ma emerse in maniera esplicita durante le interviste. La creazione di un luogo aperto, di un laboratorio di esperienze condivise, ha portato alla co-costruzione di un bagaglio di conoscenze di varia natura (scientifiche, locali, tacite, di governance innovativa, ecc.) utili per individuare e definire operativamente le tensioni e le criticità più impellenti agli occhi della comunità (Ceseracciu, Branca, Deriu, Roggero 2023). Contestualmente, il Living Lab si è rivelato essere anche luogo fertile per l’elaborazione di strategie risolutive, prospettive interpretative e declinazioni originali e innovative dei processi partecipativi.

L’esperienza empirica in un contesto apparentemente periferico come quello di Arborea ha innescato una serie di processi conoscitivi replicabili, con i dovuti accorgimenti metodologici, negli altri casi studio del Mediterraneo. Dal quadro complessivo che ne consegue, emerge in modo evidente come una comunità, se messa nelle condizioni di diventare un laboratorio di esperienze condivise, può effettivamente diventare luogo di innovazione e di sperimentazione sociale capace non solo di interpretare le forme socio-culturali del presente ma anche le traiettorie di sviluppo delle comunità nel prossimo futuro.



L’Ultima Generazione o ecoteppisti? L’attivismo sulla crisi climatica tra media agenda, notiziabilità e demonizzazione

Marco Binotto, Ignazio Terrana

Sapienza Università di Roma, Italia

La crisi climatica è entrata da anni nell’agenda della politica internazionale, pur non traducendosi in una priorità nella transizione ecologica o in consapevolezza della posta in gioco nelle opinioni pubbliche nazionali (Boyce and Lewis, 2009; Hansen, 2015; Boykoff, 2011; Pinto et al., 2019; Stecula and Merkley, 2019). Un ruolo fondamentale è svolto dalla copertura fornita dai news media o dal dibattito politico. In Italia, negli ultimi due anni le proteste dei movimenti contro l’emergenza climatica, quelle di Ultima Generazione, ma anche quelle di Fridays for Future, Extinction Rebellion o Greenpeace, hanno suscitato e continuano a suscitare un dibattito vivace e polarizzato. Si tratta di esperienze concentrate nell’arduo compito di modificare l’agenda dei media attraverso iniziative creative, provocatorie, performative (Goodman et al., 2016; Berglund and Schmidt, 2020).

Spesso è proprio sull’indubbia notiziabilità di queste azioni nonviolente che si concentra l’attenzione dei media e il dibattito pubblico ponendo in secondo piano le issue proposte. Questa contrapposizione, tipica del rapporto tra media e movimenti sociali radicali, almeno a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso (Gamson and Wolfsfeld, 1993; Gitlin, 2003), stimola una serie di domande rilevanti sia per lo studio di questo tipo di azioni che per il funzionamento della tematizzazione giornalistica e del sistema dei media, per il suo rapporto con la politica e la sfera pubblica mediatizzata.

Sono state individuate tre domande di ricerca:

D1. Dinamiche dell’attenzione e cambiamento climatico: Dalle quattro dimensioni tradizionali dell’analisi dei conflitti mediali e dei processi di definizione dell’agenda discendono le specifiche questioni affrontate riguardanti: l’entrata nell’agenda (agenda-setting), gli effetti di salienza, framing e gerarchia. Qual è l’influenza delle proteste sulla rappresentazione mediale dei temi ambientali? Quanto spazio mediatico viene concesso ai diversi movimenti e a quali degli obiettivi e temi proposti viene dato risalto? Che ruolo hanno le proteste nella costruzione del dibattito sulla crisi climatica?

D2. Attivismo creativo e paradosso della visibilità nell’era dei social: la ricerca dell'attenzione dei media mainstream e un uso sempre più ampio dei social media modificano gli obiettivi e strategie dell’azione collettiva modificando anche i rapporti tra gruppi e dinamiche interne, spesso portando a conseguenze inattese. In quale modo l’utilizzo di queste tattiche contribuisce alla loro efficacia e alla risposta dell’opinione pubblica? Quali sono i tipi di azione e le tattiche più notiziabili e diffondibili? Che rapporto c’è tra la visibilità di una singola azione e quella di altri movimenti e azioni?

D3. Crisi, cambiamento sociale e demonizzazione. La risposta dell’establishment politico e del sistema mediale possono essere diverse e articolarsi nel tempo. Quali sono le strategie di «negazione dell’agenda» utilizzate per rispondere alle sollecitazioni dei movimenti ambientalisti? In che modo evolvono nel tempo e quali sono le differenze tra testate e media?

A fronte di tali quesiti tre sono le metodologie e strategie di ricerca adottate: 1. l’analisi del contenuto dell’agenda dei principali quotidiani nazionali; 2. la ricostruzione dei principali cicli di protesta, dei maggiori eventi realizzati, delle strategie di comunicazione sulle piattaforme; 3. l’analisi del dibattito pubblico sui principali programmi di approfondimento televisivo.

I principali risultati confermano, da una parte, quanto l’utilizzo di azioni “mediageniche” sia particolarmente efficace nel catalizzare l’attenzione dei media mainstream e nel polarizzare il dibattito sui social media (Jenkins et al., 2016; Sobieraj, 2011), d’altro canto questo comportamento permette alle testate più orientate politicamente di costruire una contronarrazione demonizzante (DeLuca, 2005; Dunlap and McCright, 2010; Hoggan and Littlemore, 2009). Ci si focalizza sugli aspetti più provocatori delle azioni e sui gruppi più radicalizzati in termini comunicativi, contribuendo a mantenere un’attenzione superficiale, relegando la crisi climatica al rango di scelte post-politiche più che al centro delle politiche e della politica (Hammond, 2017).



Green Influencers e Attivismo Digitale: una mappatura del panorama di #ecotok Italia

Mael Bombaci

Università Lumsa, Italia

Considerato il contesto dell’accresciuta efficacia dei social media nel promuovere la sensibilizzazione ambientale (Bedard & Tolmie, 2018) e della recente attenzione rivolta alle pratiche di attivismo digitale (Knupfer et al., 2023), il contributo proposto analizza le peculiarità della comunicazione in tema di sostenibilità ambientale nel panorama italiano su TikTok.

Nel contesto della piattaformizzazione dei media (Poell et al. 2019), la letteratura ha evidenziato come gli influencers, inizialmente concentrati sulla promozione commerciale (Colucci & Pedroni, 2022), siano portati a esprimere posizioni su questioni pubbliche, rendendo sfumato il confine tra attivismo digitale e influence culture. Emergono, così, i green influencers, impegnati nella sensibilizzazione dell'opinione pubblica sulla sostenibilità (Abell & Pittman, 2021).

La crescente mediazione digitale degli interessi culturali e sociali (Murru & Vicari, 2021) mostra però anche un’evidente dimensione collettiva. La letteratura ha osservato come le affordances delle piattaforme digitali (boyd, 2010; Davis, 2020), quali l'hashtag, consentano l'auto-organizzazione in comunità e il contributo a flussi di informazione da parte degli utenti. In particolare, #ecotok rappresenta un fenomeno di natura medio-ecologica e addirittura cross-mediale (Denicolai & Domenici, 2023) che ha ispirato la nascita di un movimento orizzontale di attivismo sociale (Ecotok Collective) con attualmente 21 influencers coinvolti.

Le numerose visualizzazioni a #ecotok evidenziano l’interesse degli utenti sulle tematiche trattate. È d’altronde stata la stessa piattaforma a registrare un incremento di 6 volte in un anno del numero di visualizzazioni di contenuti a tema ambientale, identificati anche da vari altri hashtag (TikTok Creative Centre, 2022). Su TikTok, tali comunità emergono, infatti, anche attraverso processi mimetici legati alla selezione e diffusione dei contenuti. I principi di mimesi sembrano inoltre essere incentivati dalla logica della piattaforma, favorendo l’aggregazione di "imitation public" (Zulli et al., 2022).

Considerato il quadro di riferimento, è stata svolta un’analisi tematica, secondo il framework adottato nella ricerca di Jones et al. (2023), con oggetto 46 video pubblicati da green influencers italiani nel corso del 2023. La raccolta dei video è stata effettuata tramite una ricerca per hashtag, combinando #ecotok e #italia, eseguita utilizzando la funzione “scopri” di TikTok. Per limitare il numero di video, sono stati analizzati i metadati, e selezionati quelli con oltre mille likes al momento del campionamento. L'analisi mira a comprendere le pratiche e gli attori predominanti in #ecotok Italia, identificando i principali trend e tipologie di contributori.

Le pratiche comunicative legate alla sostenibilità all’interno di #ecotok, in Italia, mostrano una varietà di approcci che riflettono l'impegno della community verso tematiche green. La comunicazione ambientale adattandosi alla natura della piattaforma, combina creatività e meme per trattare temi come biodiversità e inquinamento (Hautea et al., 2021). La varietà di pratiche utilizzate sembra allinearsi dunque con l'interpretazione di Denicolai e Domenici, che considerano #ecotok come un'espressione di intelligenza collettiva che contribuisce alla co-costruzione di una coscienza civica comunitaria (Mulgan, 2018).

Relativamente ai temi trattati, emerge un trend orientato a informare la community su questioni ambientali cruciali mediante uno storytelling che comunica in modo chiaro e sintetico. I video analizzati presentano evidenze scientifiche, sottolineando il potenziale di TikTok nel gestire la sostenibilità in brevi formati senza perdere la sostanza (Huber et al., 2022), come dimostra la durata media dei video analizzati pari a 43 secondi.

Tra i risultati preliminari, spicca la diversità di contributori nel panorama italiano, con profili non riconducibili a singole personalità, come magazine e pagine, e profili personali di creators. Nonostante ciò, non risultano green influencers italiani associati a collettivi o associazioni, a differenza dell'esempio sopracitato di Ecotok Collective. Il contesto italiano si presenta, dunque, come ambiente di particolare interesse al fine di indagare il rapporto dinamico tra attori collettivi e singoli individui nell’ambito dell’attivismo digitale ambientale.



Eco-Bytes: Minecraft, Campagne Ambientali e Attivismo

Gaia Amadori, Matteo Tarantino, Lavinia Colantoni

Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Italia

Introduzione

La comunicazione dell’ambiente e della sostenibilità rappresenta una dimensione cruciale per i decision maker e gli stakeholder, sia a livello globale che locale. Coinvolgere i cittadini in questo campo costituisce una sfida saliente che affronta da un lato l’apatia pubblica, o addirittura il negazionismo, e dall’altro la disinformazione. Raggiungere efficacemente la cittadinanza richiede nuovi tipi di istanze comunicative che sfruttino il potenziale dei nuovi media. A tale riguardo, i videogiochi sono emersi come uno strumento promettente nella promozione di consapevolezza, riflessione e critica, nonché come driver d’azione e di cambiamento comportamentale. La riflessione accademica si è concentrata in particolare sui cosiddetti "serious games" (Frasca, 2008), ossia giochi sviluppati appositamente per avanzare una tesi, di cui è stato largamente enfatizzato il valore educativo e le potenzialità per il game-based learning, soprattutto rispetto al cambiamento climatico (Madani et al., 2017; Fernández Galeote & Hamari, 2021). Questi studi si sono focalizzati principalmente – e spesso esclusivamente – sul software di gioco, sottostimando di conseguenza le influenze del più ampio ecosistema socio-materiale videoludico in cui esso viene a inserirsi.

A fronte di ciò, il presente contributo adotta invece una prospettiva sistemica e propone un modello analitico multidimensionale che mette a fuoco i processi di co-costruzione tra l’ecosistema videoludico – in cui rientrano il software, i giocatori, i suoi commentatori (streamers) - l’istanza comunicativa, gli stakeholder coinvolti e la più ampia questione ambientale in essere.

Metodologia

La ricerca si sviluppa a partire da due casi studio, ovvero due progetti ambientali top-down basati sul popolare gioco sandbox 3D Minecraft (Mojang, 2011), che consente agli utenti di costruire ed esplorare mondi virtuali. Il primo è una campagna istituzionale del 2021, in cui gli sviluppatori hanno realizzato una mappa interattiva di Venezia per promuovere la sostenibililità attraverso una serie di pratiche verdi, come coltivare orti urbani, sanzionare i conducenti che utilizzano veicoli inquinanti o creare economie solidali.

Il secondo è un progetto scolastico del 2020, che ha coinvolto anche un attore del corporate, in cui gli studenti delle scuole elementari hanno ricostruito la centrale elettrica locale per studiare l’uso dell’acqua e la sua conversione in energia idroelettrica, garantendo la protezione della flora e della fauna della Valle del Po.

In particolare, sono state svolte interviste semi-strutturate ai promotori dei progetti e agli sviluppatori del software (N=6) per comprendere il processo di realizzazione a monte, eventuali criticità e conflitti, nonché i risultati attesi e le relazioni tra gli attori e le materialità coinvolte.

Risultati e conclusioni

Attraverso l’analisi di due casi studio, questa ricerca esplora le intersezioni tra (a) le sostenibilità a livello locale (b) la rete di attori e stakeholder coinvolti nella comunicazione della sostenibilità e (c) l’ecosistema videoludico, che include gli asset e le caratteristiche del software, così come l’articolazione della sua comunità (inclusi utenti, modders, streamers, spettatori, distributori...). Da questa prospettiva, si riconosce come i videogiochi possano ricoprire ruoli molteplici e talvolta contraddittori all’interno di istanze comunicative di tipo ambientale.

L’analisi mostra infatti come i compromessi implicati dall’uso di questi media all’interno di tali campagne - relativi ad esempio alle modalità di mediazione del sapere veicolato, al capitale sociale degli attori coinvolti, al supporto politico, alla rilevanza del caso ecologico in essere - siano attentamente gestiti dagli stakeholder per garantire il finanziamento e la realizzazione effettiva. Inoltre, vengono sottolineati alcuni limiti nelle attuali modalità di valutazione degli esiti di tali progetti e dei loro benefici a breve e lungo termine per il contesto locale. Si avanzano in conclusione alcune idee per superare tali limiti, con l’obiettivo di sfruttare al meglio il potenziale dei videogiochi per affrontare una sfida urgente quanto quella ambientale.



 
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