Programma della conferenza

VI Convegno Nazionale SISCC “Possiamo ancora capire la società. Comprensione, previsione, critica.” / Roma, 20/21 giugno 2024

Il convegno 2024 della SISCC, in continuità con quelli degli scorsi anni, intende esplorare le complesse relazioni fra potere e pratiche creative, il corto-circuito fra emersione e anestetizzazione del conflitto sociale nonché le potenzialità che provengono da esperienze diffuse ma non necessariamente connesse. La SISCC ritiene che l’immaginazione sociologica debba essere supportata da una capacità di analisi scientifica e da una comprensione critica della società. Quale può essere allora il nostro ruolo di scienziati e scienziate sociali? E, in particolare, quale contributo possiamo dare alla comprensione della società proprio a partire dallo studio dei processi culturali e comunicativi che attraversano il nostro tempo?

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 1 - Panel 1: Pratiche comunicative in transizione: quali sfide per le organizzazioni
Ora:
Giovedì, 20.06.2024:
14:00 - 15:30

Chair di sessione: Gea Ducci
Luogo, sala: Aula Aldo Moro


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Presentazioni

Pratiche comunicative in transizione: quali sfide per le organizzazioni

Lucia D'Ambrosi1, Gea Ducci2, Alessandro Lovari3, Letizia Materassi4, Dario Germani3, Leonardo Piromalli1, Fabiola Fenili2, Giorgia Gianotti2, Marinella Belluati5, Mariaeugenia Parito6, Sara Pane1, Fabrizia Pasciuto6, Laura Solito4, Giacomo Buoncompagni4, Marica Spalletta7, Paola De Rosa7

1Sapienza Università di Roma; 2Università di Urbino Carlo Bo; 3Università di Cagliari; 4Università di Firenze; 5Università di Torino; 6Università degli Studi di Messina; 7Università degli Studi LINK

Chair: Gea Ducci, Università di Urbino Carlo Bo

I processi di transizione che stanno investendo la società contemporanea dettano l’esigenza di analizzare con un approccio critico le pratiche comunicative adottate dalle organizzazioni in risposta a tali processi.

In particolare, la crescente digitalizzazione avviata nei contesti organizzativi del settore pubblico e la spinta ad adottare politiche orientate alla sostenibilità e all’inclusione sociale, alla partecipazione e all’empowerment dei cittadini, alla gestione di crisi e emergenze, sembrano caratterizzare le principali transizioni in atto, a livello nazionale e sovranazionale.

Le organizzazioni pubbliche infatti, adottano nuovi approcci strategici nella cura delle relazioni con i diversi pubblici/stakeholder negli attuali ecosistemi comunicativi caratterizzati da ibridazione (Jenkins et al. 2013), platformizzazione (Van Dijck 2018) e frammentazione (Bentivegna-Boccia Artieri 2021). Tali approcci risultano sempre più complessi e, se da un lato consentono alle istituzioni di svolgere un ruolo di agency delle transizioni in atto, dall’altro presentano rischi e fragilità che meritano una riflessione critica sul futuro della comunicazione pubblica.

Quali sono dunque le principali sfide? Quali sono gli scenari di cambiamento delle pratiche comunicative nelle diverse realtà del settore pubblico?

Il panel cercherà di rispondere a questi interrogativi attraverso quattro contributi di carattere teorico ed empirico che si focalizzano su contesti organizzativi differenti e caratterizzati da significativi processi di cambiamento che vedono nel fenomeno della transizione un obiettivo strategico e al contempo sfidante.

Il primo contributo è dedicato al processo di transizione digitale della PA, con particolare attenzione alle ambivalenze legate all’impiego di strumenti di Intelligenza Artificiale nelle pratiche di comunicazione pubblica. In particolare, si farà riferimento a due differenti ricerche che riguardano la programmazione e l’utilizzo di chatbot, e il ricorso all’IA generativa da parte dei professionisti.

Il secondo apporto è dedicato all’analisi della politica di comunicazione dell’Unione Europea per rafforzare la partecipazione dei cittadini nello spazio pubblico comunitario. A partire da una ricerca sulle principali iniziative partecipative promosse dalle istituzioni sovranazionali, nel contesto delle elezioni europee 2024, sarà indagato il modo in cui direttamente e indirettamente si attiva la partecipazione dei giovani e quali sono i rischi e le opportunità della transizione digitale.

Nel terzo contributo l’attenzione è focalizzata sui processi di transizione delle istituzioni universitarie nel perseguimento di obiettivi di terza missione, con una funzione di “cerniera” tra i luoghi di produzione del sapere e l’opinione pubblica. Attraverso i dati relativi ad uno studio sulla comunicazione del public engagement negli atenei italiani, si guarderà alle pratiche di valorizzazione della conoscenza come ambito di relazione strategico per un agire responsabile delle università, ma anche come strumento di accreditamento e di legittimazione delle stesse istituzioni.

Il quarto contributo, infine, si focalizza sulle complesse dinamiche tra political e public crisis management. Una ricerca sul caso Meloni-Gianbruno analizza le modalità attraverso le quali le narrazioni social degli attori istituzionali e le contronarrazioni dei news media contribuiscono a polarizzare i processi di agenda, operando uno slittamento delle dinamiche di consenso/dissenso da una dimensione privata della crisi a una dimensione pubblico-politica, i cui effetti interessano non soltanto l'attore politico ma anche l’istituzione che rappresenta (nel caso specifico, la Presidenza del Consiglio).

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Ambivalenze di Chatbot e AI generativa nelle pratiche di comunicazione pubblica

Alessandro Lovari, Università di Cagliari
Gea Ducci, Università di Urbino Carlo Bo
Dario Germani, Università di Cagliari
Leonardo Piromalli, Sapienza Università di Roma
Fabiola Fenili, Università di Urbino Carlo Bo
Giorgia Gianotti, Università di Urbino Carlo Bo

Gli studi relativi all’impatto delle tecnologie digitali sulla comunicazione pubblica, in particolare sulle dinamiche comunicative relative al rapporto fra istituzioni e cittadini, hanno messo in evidenza le ambivalenze legate all’utilizzo di nuovi dispositivi digitali in questo ambito, focalizzando l’attenzione su specifici momenti o fasi che caratterizzano l’evoluzione dell’ecosistema mediale, stante l’inevitabile legame e intreccio che sussiste fra tecnologie digitali e società (Lupton, 2018; Bentivegna-Boccia Artieri 2019).

In quest’ottica, negli ultimi 15 anni è stato possibile delineare una fase caratterizzata dall’avvento del web 2.0 e dal crescente utilizzo di social media, app e sistemi di instant messaging (dal 2008 al 2018), come momento di trasformazione significativa delle forme e pratiche di comunicazione in ambito pubblico e di sviluppo delle relative professioni (Ducci, Materassi, Solito 2020; Lovari, Ducci 2022; Massa et al., 2022).

La fase successiva (dal 2018 ad oggi), a fronte di gravi crisi ambientali e sanitarie, nuove fragilità e turbolenze politico-sociali, è caratterizzata da un’accelerazione dell’uso dei media digitali e da fenomeni crescenti come la disinformazione che hanno stimolato una riflessione critica rispetto alle opportunità e ai rischi della platformizzazione e datificazione della comunicazione pubblica (Ducci-Lovari 2021; Couldry, 2020), superando il prevalere di visioni polarizzate, euforiche o distopiche.

Nell’ultimo anno, il vivace dibattito relativo all’uso di strumenti di intelligenza artificiale, fra cui chatbot/virtual assistant e AI generativa (Council of the EU 2023), sta interessando anche l’ambito della comunicazione pubblica (AGID 2019; ​​Desouza et al. 2020). La sperimentazione di questi strumenti e il loro potenziale impatto sulle attività di informazione e comunicazione della PA e sulle professioni lascia ipotizzare l’avvio di una fase di transizione epocale.

Tale sperimentazione è sospesa fra l’attesa di una regolamentazione puntuale (attuazione dell’AI Act europeo), la preoccupazione per il futuro dei professionisti e, al contempo, l’esigenza di acquisire consapevolezza e competenza su come attivare una comunicazione artificiale (Esposito 2022) che consenta di guidare la transizione anziché subirla, per superare e non incrementare il digital divide fra le amministrazioni e gli stessi cittadini.

In questo contesto, è importante comprendere il cambiamento in atto e le ambivalenze ad esso connesse, analizzando la programmazione e l’uso dei chatbot/virtual assistant (Androutsopoulou et al. 2019) e il ricorso all’AI generativa nelle pratiche di comunicazione pubblica, tenendo conto delle culture digitali e degli approcci alla comunicazione con il cittadino presenti nelle organizzazioni, nonché del ruolo svolto dai professionisti nel processo di transizione.

Al riguardo, si fa riferimento a due ricerche in corso sulla PA italiana:

1- La prima, condotta dalle Università di Cagliari e Sapienza, relativa all’uso dei chatbot per le amministrazioni centrali e regionali del Paese (i cui primi risultati sono stati presentati alla SISCC 2023), ha adottato un approccio metodologico attraverso due fasi. Inizialmente è stato costruito un corpus indicizzato di attori commerciali nazionali e internazionali di chatbot per la PA, valutati per rilevanza tramite PageRank su Google Search; successivamente, attraverso content analysis, sono state esaminate le narrazioni sulla Automated Intelligent Personal Chatbot Systems (AIPCS) presenti nei siti web istituzionali, utilizzando parole-chiave significative sulla base di alcuni ‘concetti sensibilizzanti’ (Blumer, 1986) definiti prima dell’indagine e che hanno costituito la base per successive operazioni di affinamento della categorie empiriche.

2 - Una ricerca avviata all’inizio del 2024 dall’Università di Urbino consiste in una mappatura della presenza e delle principali caratteristiche dei chatbot nei Comuni capoluogo di provincia e nella conduzione di interviste in profondità ai comunicatori di comuni preselezionati. Le interviste sono finalizzate a rilevare il ruolo del comunicatore pubblico nella programmazione degli assistenti virtuali, il ricorso dell’AI generativa nelle pratiche di comunicazione istituzionale e la percezione del relativo impatto sulla professione.

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La partecipazione come asset strategico della politica di comunicazione delle istituzioni europee. Il caso delle elezioni 2024

Marinella Belluati, Università di Torino,
Lucia D’Ambrosi, Sapienza Università di Roma
Mariaeugenia Parito, Università di Messina
Sara Pane, Sapienza Università di Roma
Fabrizia Pasciuto, Università di Messina

La partecipazione rappresenta un principio fondamentale nella fase di transizione digitale della comunicazione dell’Unione europea, più volte sottolineato dalle istituzioni sovranazionali come un asset strategico per rafforzare il coinvolgimento dei cittadini nello spazio pubblico europeo e frenare le pressioni euroscettiche (D’Ambrosi 2023; Parito 2019; Belluati, Marini 2019). Nel policy making delle istituzioni europee tra le strategie e gli strumenti di comunicazione, viene sottolineata in maniera evidente la necessità di promuovere iniziative di democrazia deliberativa (Bobbio 2013) al fine di estendere i diritti di cittadinanza, compresi i diritti elettorali, attraverso la partecipazione democratica inclusiva. Va rilevato che le diverse dimensioni connesse alla comunicazione europea hanno progressivamente assunto funzioni trasversali, intersecandosi con le più recenti politiche europee. Dal Piano d’azione per la democrazia europea (2020) al Digital Services Act (2023), dalle politiche di sostegno ai giovani al Piano d’azione per l’educazione digitale (2021-2027), ma anche rispetto ai temi della dis/misinformazione e dell’hate speech la questione della partecipazione nell’ecosistema digitale è posta come risorsa strategica per la costruzione di uno spazio informativo europeo, adeguato a sostenere il processo di integrazione. Anche la strategia di comunicazione che accompagna la transizione digitale e lo sviluppo dell’Agenda Digitale contribuisce ad aumentare la consapevolezza della necessità di mettere al centro degli obiettivi europei la partecipazione attiva dei cittadini e delle cittadine e una visione multilivello del coinvolgimento di tutte le parti sociali: pubblico, privato e società civile.

La successione di crisi globali (economica, migratoria, pandemica, bellica) che hanno impattato sulla vita quotidiana dei cittadini degli Stati membri ha spostato verso la dimensione europea il focus del dibattito pubblico e della individuazione di politiche e strategie per affrontare le sfide connesse, rendendo particolarmente complesso e incerto lo scenario in cui si svolgeranno le prossime elezioni europee (Trenz 2023).

Partendo da tali considerazioni, ed in vista di uno dei momenti più salienti della vita pubblica delle istituzioni europee, quello elettorale, il paper mira a esaminare la strategia di comunicazione istituzionale promossa dal Parlamento europeo per stimolare la partecipazione dei cittadini alle elezioni del 2024, con particolare attenzione al target dei giovani. Se permane infatti una propensione, da parte dei giovani, a impegnarsi nell’ambito della “partecipazione non convenzionale” (Norris 1999) è osservabile anche un’interessante inversione di tendenza nel rapporto con la politica istituzionale. Dopo decenni di sfiducia nei confronti di partiti, governi e parlamenti, si osservano nei giovani segnali importanti di controtendenza, sia a livello nazionale, sia a livello europeo. Le elezioni europee del 2019, per la prima volta dopo molti anni, hanno visto un aumento della partecipazione rispetto alla tornata precedente, ed è proprio tra i più giovani che è stato osservato il maggiore aumento della partecipazione e la proposta più innovativa di formati comunicativi più ibridi e convergenti (Jenkins 2006; Chadwick 2016).

L'obiettivo della presentazione è valutare l'impatto della campagna, attraverso lo studio delle principali iniziative partecipative promosse dalle Istituzioni europee (tra cui l’iniziativa Togheter.eu, una piattaforma collaborativa del Parlamento europeo, la campagna #UsailTuoVoto, in collaborazione con FantaSanremo, l’Evento europeo della gioventù EYE 2024, il progetto Ambassadors). Saranno presentati i primi dati dell’analisi dei contenuti presenti nel sito e nelle pagine social del Parlamento e della Commissione europea, per indagare il modo in cui direttamente e indirettamente si attiva la partecipazione dei giovani e quali sono i rischi e le opportunità della transizione digitale; verranno inoltre realizzate delle interviste in profondità ad attori istituzionali promotori dell’iniziativa e a giovani coinvolti nelle iniziative proposte per valutare motivazioni e aspettative.

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Università in Transizione. Dal trasferimento della conoscenza alla comunicazione del Public Engagement

Laura Solito, Università di Firenze
Letizia Materassi, Università di Firenze
Giacomo Buoncompagni, Università di Firenze

Tra le sfide che caratterizzano i processi di cambiamento delle istituzioni universitarie, la valorizzazione della conoscenza scientifica riveste oggi una crescente e indiscussa centralità. Non solo nel dibattito tra i numerosi attori che dentro l’accademia si interrogano e si confrontano sui perimetri della propria azione e sulla ridefinizione del proprio ruolo sociale in un clima di scetticismo e di sfiducia, ma anche tra gli studiosi che di tale fermento vogliono sottolinearne l’aspetto dinamico e sfidante, come in questo contributo.

Frequentemente incardinata negli obiettivi di terza missione, la questione ha innanzitutto una valenza epistemologica, ossia è riferita alle modalità con cui il sapere scientifico viene prodotto, riprodotto e divulgato nella società. Da questa prospettiva, il ruolo del sapere esperto, tradizionalmente segnato da chiusura elitaria e asimmetria relazionale, è oggi chiamato a costruire forme collaborative di produzione, diffusione e applicazione della conoscenza. Dunque, da un’azione di mero trasferimento del sapere si passa oggi a parlare di Public Engagement, ovvero di una capacità di dialogo degli scienziati con i pubblici e i territori, di scambio e di collaborazione con altri attori e organizzazioni, di ingaggio e attivazione delle comunità locali e della società civile.

Tale apertura, anche sollecitata da meccanismi premiali e di valutazione delle performance universitarie, si ricollega ad un’altra dimensione nodale, nelle università così come in molte altre istituzioni: la strategicità della sua comunicazione. Infatti, entro un contesto mediale densamente popolato e a fronte di processi di transizione digitale, le Università sono chiamate a rispondere innescando nuove dinamiche di costruzione del discorso scientifico e di diffusione dei risultati e dei prodotti della ricerca, agendo da cerniera tra la produzione di conoscenza e l’opinione pubblica. La comunicazione del sapere scientifico, pertanto, si configura oggi come “azione responsabile”, ma anche come obiettivo strategico da pianificare e perseguire con continuità, andando oltre l’episodicità a favore di una progressiva istituzionalizzazione e di riconoscimento del suo valore.

Il presente contributo, parte integrante di un progetto di ricerca di interesse nazionale più ampio sulla trasformazione e la crisi del sapere esperto, si vuole soffermare sul ruolo che attualmente riveste il public engagement nelle università italiane, come strumento di diffusione della conoscenza, ma anche di accreditamento e di legittimazione di tali istituzioni.

Ci chiediamo pertanto se le Università siano oggi effettivamente consapevoli dell’importanza che riveste il loro attivismo “sociale” e, più concretamente, come traducono tale consapevolezza nelle loro strategie di comunicazione. Ma poi: questo compito di valorizzazione della conoscenza per e con i propri stakeholders, in che modo trova spazio negli assetti organizzativi e nei documenti strategici e di pianificazione delle università italiane? Chi guida e traina in ciascuna organizzazione questo processo di cambiamento?

A partire da tali domande, la ricerca si sviluppa su un campione rappresentativo di Atenei, selezionati in base alla loro grandezza, natura pubblica o privata e localizzazione geografica sul territorio nazionale.

Mediante un’analisi del contenuto dei siti web istituzionali, dei prodotti digitali e degli strumenti specificamente dedicati alle attività di public engagement, si individueranno sia gli orientamenti strategici degli Atenei indagati, sia le pratiche comunicative adottate. In questo modo, seppur nella eterogeneità del panorama complessivo, potremo individuare fattori comuni e coordinate condivise dalle Università nei complessi processi di transizione.

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Pubblico/istituzionale vs. privato/politico: il crisis management del caso Meloni/Gianbruno, tra narrazioni social e contronarrazioni giornalistiche

Marica Spalletta, Università LINK Roma
Paola De Rosa, Università LINK Roma

Nel corso dell’ultimo decennio e, in misura più marcata dopo lo scoppio della pandemia, i social media hanno rivoluzionato il modo in cui le organizzazioni politico-partitiche e gli attori istituzionali gestiscono le situazioni di crisi (Crouch 2020; Lovari, Bowen 2020), favorendo la transizione da processi comunicativi fondati sui media mainstream a logiche partecipative di gestione dell’emergenza (Kelleher 2017; Hall, Hmielowski 2019).

Questa centralità dei social media nelle dinamiche di gestione della crisi non è tuttavia esente da alcune “ombre”, che tendono a collocarsi precipuamente lungo la sottile linea rossa che, nell’ambito della comunicazione pubblica, storicamente separa la dimensione politica da quella istituzionale (Coombs, Holladay 2014; Chadwick, Stromer-Galley 2016), ancor più nel contesto italiano (Lovari, Ducci 2022): se i social media assumono infatti un ruolo strategico di “awareness system” (Maireder, Ausserhofer 2014; Spalletta et al. 2021) tanto nei confronti dei cittadini (Liu et al. 2013) quanto delle istituzioni (Coombs, Holladay 2014; Austin, Jin 2017), essi tendono anche a trasformare la gestione istituzionale di una crisi in management politico della stessa: da una parte, delineando un percorso parallelo e alternativo tra quelle strategie improntate a logiche di accounting e meaning-making, che identificano le dinamiche di public crisis leadership , e le strategie trasformative, trainate da una forte componente ideologica e ispirate a una logica di sense-making, che caratterizzano invece la political crisis leadership (Ansell et al. 2014; Boin et al. 2017); dall’altra parte, innestando processi di agenda pubblico-istituzionale ispirati a logiche di polarizzazione (Bentivegna, Boccia Artieri 2021), che i news media a loro volta ri-mediano secondo processi di significazione ispirati a pratiche di attivismo diffuso (Spalletta 2023).

Alla luce di tali premesse, la presente ricerca esplora le complesse dinamiche tra political e public crisis management che prendono forma nell’ecosistema digitale, analizzando quella peculiare crisi che ha recententemente coinvolto la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni (ovvero la fine della relazione con il compagno Andrea Giambruno), ma la cui gestione (e i cui effetti) travalicano la sfera privata per sconfinare invece nel contesto pubblico, invadendo al contempo la dimensione istituzionale e quella politica.

Le ipotesi che la ricerca sottopone al vaglio dell’analisi empirica possono essere così riassunte:

- la scelta della Premier di gestire pubblicamente una crisi privata determina uno slittamento, nei processi di engagement, degli effetti della crisi dalla dimensione individuale (Giorgia Meloni) a quella istituzionale (la Presidenza del Consiglio);

- la scelta della Premier di gestire politicamente una crisi privata determina una polarizzazione del coverage giornalistico, che tende a “incorniciare” la crisi all’interno di dinamiche politico-partitiche che investono egualmente la coalizione di governo e l’istituzione Presidenza del Consiglio.

Dal punto di vista metodologico, la ricerca utilizza gli strumenti della media content analysis, per analizzare due diversi corpora testuali: da una parte la comunicazione social autoprodotta da Meloni e i commenti postati dagli utenti, al fine di comprendere se e come le dinamiche di consenso/dissenso travalicano la sfera individuale e privata per invadere quella pubblica; dall’altra parte gli articoli che sei diverse testate giornalistiche a stampa dedicano alla crisi, al fine di comprendere se e come i frame interpretativi suggeriti contribuiscono a ricondurre la vicenda privata all’interno dell’alveo pubblico-politico.



 
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