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Sessione 1 - Panel 2: Guerra, conflitto e mediologia
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Guerra, conflitto e mediologia 1Università della Tuscia; 2Università di Catania; 3Università di Urbino; 4Università di Salerno; 5IULM; 6Università di Modena e Reggio Emilia Chairperson Giovanni Fiorentino, Università della Tuscia Co-chairperson Davide Bennato, Università di Catania A partire dal 24 febbraio 2022, la guerra tra Russia e Ucraina è entrata prepotentemente nella vita quotidiana del cittadino occidentale con una tempesta digitale di immagini e suoni, per lo più attraverso il terminale dello smartphone. Nel tempo della comunicazione ibrida e produttiva, a due anni dall’inizio della guerra, parole, suoni e immagini vanno e vengono ancora dall’Ucraina per fare la guerra e aggredire le nostre forme dell’abitare rispondendo alla necessità collettiva di generare anticorpi che combattano l’assuefazione all’ambiente mediale, producendo l’esperienza di una guerra disincarnata e più o meno normalizzata e addomesticata dall’intrattenimento social. Siamo di fronte a una guerra tra “macchine”, cioè missili contro missili, carri armati contro carri armati, droni comandati a distanza, da soldati che manipolano joystick davanti a uno schermo, siamo ancora di più di fronte a una guerra combattuta sul piano dell’immagine – una guerra di propaganda – prodotta nello spazio mediatico. Con l’obiettivo di arricchire una mappa di ricerca aperta, questo panel intende comporre una prospettiva complessa di analisi secondo ottiche e punti di vista diversi, utilizzando un ambito mediologico ibrido e di confine, in grado di insistere su un sistema guerra-media altrettanto ibrido, evitando le polarizzazioni consuete per provare a ragionare secondo prospettive e fuochi complementari e diversi. Il panel affronterà il discorso attraverso quattro focus specifici. Maschilità in battaglia. Militarizzazione e ritorno del virilismo bellico nel racconto occidentale del conflitto tra Russia e Ucraina La guerra in Ucraina scoppiata nel Febbraio 2022 è stata raccontata dai media occidentali come una battaglia tra rappresentazioni della maschilità diametralmente opposte. Il primo intervento si propone di dimostrare come la rappresentazione delle due (apparentemente) inconciliabili maschilità di Putin e Zelenksy siano a) un dispositivo retorico usato per riportare la guerra entro uno schema manicheo e semplificato, fatto di immaginari che si propongono come mutualmente escludenti; b) un modo per reinstallare all’interno della narrazione occidentale principi tipicamente maschili come il militarismo, l’eroismo bellico, il sacrificio in nome di un valore più alto (Sjoberg & Via 2010). Cyber War. Il combattimento nel dominio cibernetico (e mediologico) Oltre lo spazio fisico dello scenario bellico, il combattimento in un ambiente mediale digitale ibridizzato cui stiamo assistendo si è sviluppato principalmente su diversi livelli (Floridi, Taddeo, 2016; Heintze, Thielbörger, 2016; Libicki, 2009; Whyte, Mazanec, 2023). Il paper si propone di analizzare i seguenti nodi di riferimento attraverso alcune esemplificazioni sintetiche.
Media sintetici e deglobalizzazione. Lo scontro tra visioni globaliste versus retrotopiche nella guerra comunicativa basata sui deepfake A partire da uno scenario di deglobalizzazione precipitato con il conflitto russo-ucraino. il focus dell’analisi verterà in questo caso sui deepfake intesi come media sintetici fondati sull’intelligenza artificiale (Meikle 2023) che hanno assunto particolare centralità nella guerra contro l’Ucraina. Con il paradosso che questi strumenti di “cyberwarfare” liminari e di fusione, che fanno dell’ibridazione il proprio principio estetico e comunicativo, vengono utilizzati tanto dalla parte globalista e progressista quanto da quella retrotopica e indennitaria per rivendicare i propri valori e legittimare la propria visione del mondo. La forma della battaglia, oggi. Fra sociologia della cultura, sociosemiotica, spazialità e immagini Nel quarto e ultimo focus vengono ripresi alcuni modelli polemologici, in un confronto fra sociologia della guerra e dei conflitti, per poi pervenire, attraverso alcuni esempi e casi studio, all’analisi dei relativi modi di rappresentazione e auto-rappresentazione degli attori in campo. In specifico, si analizzeranno i modi di presentare e costruire gli spazi del conflitto, a partire dai casi specifici della “dichiarazione di guerra” di Putin del 24 febbraio 2022, ed una serie di video propagandistici come il tristemente celebre “Winter is coming”. . Maschilità in battaglia. Militarizzazione e ritorno del virilismo bellico nel racconto occidentale del conflitto tra Russia e Ucraina Manolo Farci, Università degli studi di Urbino Carlo Bo La guerra in Ucraina scoppiata nel Febbraio 2022 è stata raccontata dai media occidentali come una battaglia tra rappresentazioni della maschilità diametralmente opposte (Wojnicka, Mellström, de Boise 2022). Da un lato, la figura convenzionalmente machista di Vladimir Putin può essere intesa come un esempio perfetto di «mascolinità egemonica» (Connell 1995), archetipo dello «strong man» (Rachman 2022), versione radicale di ipermascolinità (Jeffords 1993; Romanets 2017). Non solo le rappresentazioni del leader russo che si sono susseguite in questi anni, ma il regime stesso di Putin si è andato fondando sull'attribuzione di caratteristiche maschili al Paese (Novitskaya 2017; Riabov & Riabova 2014). Al contrario, la mascolinità interpretata da Volodymyr Zelensky sembra muoversi in direzione completamente opposta al suo avversario. Dalle performance queer come comico in cui ridicolizzava i valori tradizionali e patriarcali della mascolinità cosacca (Bureychak & Petrenko 2015), allo stile di leadership mostrato durante la guerra, apparentemente più empatico e non timoroso di mostrarsi vulnerabile, Zelensky sembra distanziarsi nettamente dai caratteri tipici della maschilità egemonica, attribuiti a Putin. Tuttavia, il culto della personalità che ha investito il leader ucraino a partire dallo scoppio della guerra, ritratto come un eroe della resistenza e oggetto di vera e propria devozione da parte dell’opinione pubblica occidentale, ha finito per avvicinare la sua immagine pubblica all’ideale dell’uomo forte che caratterizza la leadership russa. E così mentre Putin si dipinge come il leader alla guida di una nazione vigorosa che fieramente si oppone alla penetrazione dei valori dell’occidente, un maschio alfa abituato a una concezione assolutistica del potere, Zelensky si mostra come il condottiero di un popolo di uomini guerrieri, pronti a morire e sacrificarsi per l’integrità dei propri territori. L’intervento si propone di dimostrare come la rappresentazione delle due (apparentemente) inconciliabili maschilità di Putin e Zelenksy siano a) un dispositivo retorico usato per riportare la guerra entro uno schema manicheo e semplificato, fatto di immaginari che si propongono come mutualmente escludenti, b) un modo per reinstallare all’interno della narrazione occidentale principi tipicamente maschili come il militarismo, l’eroismo bellico, il sacrificio in nome di un valore più alto (Sjoberg & Via 2010). Per supportare questa ipotesi, il lavoro analizza un corpus di 100 immagini dei due leader politici in questione. Le immagini, scelte in base al loro tasso di engagement online, sono state estratte da un campione di 10.000 news giornalistiche, circolate nei cinque quotidiani più seguiti in termine di follower su Facebook (Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il fatto quotidiano e il sole 24 ore) durante il primo mese di guerra. Le immagini sono state esaminate applicando i principi della Multimodal Critical Discourse Analysis (Machin 2016) un approccio analitico che esplora come le rappresentazioni visuali contribuiscano alla creazione di significato in maniera che riflette e promuove scelte e interessi ideologici. Integrando l'analisi critica del discorso (CDA), che tradizionalmente si focalizza sui testi scritti per identificare le relazioni di potere sociali presenti sia in modo esplicito che implicito, la MCDA estende questa indagine alla dimensione visiva e multimodale della comunicazione (Ng 2018). In particolare, le categorie di analisi utilizzate per studiare le immagini dei due leader comprendono l'indagine della tipografia, dell'iconografia (pose, oggetti, ambientazione, fotogenia, partecipanti), del simbolismo iconografico (convenzioni culturali e storiche e associazione di significato), della modalità e degli . Cyber War. Il combattimento nel dominio cibernetico (e mediologico) Alfonso Amendola, Università degli Studi di Salerno Il conflitto russo-ucraino ha nuovamente portato all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno della Cyberwar, come “quinta dimensione della conflittualità” (Martino 2014). Nonostante non rappresenti il primo e unico conflitto implicante azioni offensive o difensive cibernetiche attuate congiuntamente alle operazioni militari convenzionali (Borg 2012, Clarke, Knake, 2010; Giannuli, Curioni, 2019), la cyberwar tra Russia e Ucraina ha attirato l’interesse mediatico mondiale in modo decisamente incisivo. Il conflitto russo-ucraino ha nuovamente portato all’attenzione dell’opinione pubblica il fenomeno della Cyberwar, come “quinta dimensione della conflittualità” (Martino 2014). Nonostante non rappresenti il primo e unico conflitto implicante azioni offensive o difensive cibernetiche attuate congiuntamente alle operazioni militari convenzionali (Borg 2012, Clarke, Knake, 2010; Giannuli, Curioni, 2019), la cyberwar tra Russia e Ucraina ha attirato l’interesse mediatico mondiale in modo decisamente incisivo. . Media sintetici e deglobalizzazione. Lo scontro tra visioni globaliste versus retrotopiche nella guerra comunicativa basata sui deepfake Nello Barile, IULM Il temine deglobalizzazione indica la perdita di energia del progetto globalista, a causa di una serie di crisi che hanno colpito la società mondiale dall’undici settembre alla pandemia, per raggiungere il suo picco con l’invasione dell’Ucraina. Come la globalizzazione da cui deriva, anche la deglobalizzazione è un fenomeno “multidimensionale” (Tomlinson 1999) che investe l’economia, la geopolitica, il consumo e la comunicazione contemporanea. Se fino agli inizi del nuovo millennio, persino le visioni più critiche e antiglobaliste convenivano sull’idea della creazione di un unico impero (Negri, Hardt 2002), capace di saldare e fondere gli interessi di nazioni, organismi sovranazionali, colossi multinazionali, Industrie mediali ecc., la tendenza attuale indica la spaccatura dell’Impero perlomeno in due parti: quella del blocco atlantista e quella del blocco sino-russo, con il fatidico Global South che oscilla a seconda delle circostanze. La fuga dei brand globali dal territorio russo, in seguito all’attacco dell’Ucraina, unita al processo di depiattaformizzazione, sono stati il segno più evidente dell’inversione di marcia che ha assunto l’immagine mediatica e frivola delle fashion influencer che con gesto dadaista facevano a pezzi le loro adorate borsette Chanel. Non è un caso che McDonald's, metafora stessa della globalizzazione e della sua immane macchina per l’infointrattenimento (Barber 1995), è diventato protagonista della deglobalizzazione, chiudendo migliaia di ristoranti in Russia per essere sostituito da un brand locale. Seguendo lo stesso trend, le piattaforme americane hanno lasciato il Paese, come nel caso di Netflix contro cui si sono mosse alcune class action degli utenti delusi. Ancora oggi l’arte, il . La forma della battaglia, oggi. Fra sociologia della cultura, sociosemiotica, spazialità e immagini Federico Montanari, Università di Modena – Reggio Emilia L’intento di questa proposta è quello di partire da alcune premesse teoriche di tipo culturologico e semiotico-culturale, per studiare le forme della guerra, e in specifico della battaglia attuale, con riferimento soprattutto alla guerra di Ucraina: vista anche la, per alcuni, inaspettata, durata di questo conflitto; in un confronto con la situazione generale di “guerra mondializzata” (Morin), o di guerra mondiale “a pezzi” (Papa Francesco, e prima Khaled Fuad Allam), con i casi di Gaza, del mar Rosso, ecc. L’idea è innanzi tutto, di riprendere alcuni modelli polemologici, in un confronto fra sociologia della guerra e dei conflitti, con studiosi come Joxe, e ricerca che insiste sulle relazioni internazionali, in particolare l’ambito di quella che è stata definita “Critical Geopolitics” o nuova geopolitica discorsiva, con autori come Gerald Toal, in grado di tenere in conto gli ambiti retorico-semiotici e appunto discorsivi dei conflitti. Per poi pervenire, attraverso alcuni esempi e casi studio, all’analisi dei relativi modi di rappresentazione e auto-rappresentazione degli attori in campo (discorsi di alcuni leader o esponenti politici ed ideologi, ecc.); e, in specifico, dei modi di presentare e costruire gli spazi del conflitto, spazio proprio, spazio altrui, idea, ad esempio, di “Russia” come vera patria portatrice della verità e della giustizia, ecc. Con l’intenzione di discutere ampiamente e criticamente lo stato attuale: |