Precocità digitale e disuguaglianza sociale.
MARCO GUI1, RESPI CHIARA1, ABBIATI GIOVANNI2, VEZZOLI GIOVANNI2
1University of Milano-Bicocca, Italia; 2University of Brescia
C'è un acceso dibattito sull'accesso precoce agli ambienti digitali da parte di bambini e pre-adolescenti: i genitori e gli educatori sembrano disorientati e si chiedono se anticipare l'accesso a Internet sia desiderabile o meno (Livingstone&Blum-Ross, 2022). Nel frattempo, l'accesso precoce a Internet è sempre più comune: ad esempio, il momento di arrivo di uno smartphone personale è costantemente anticipato tra i giovani adolescenti, e la pandemia da covid-19 ha ulteriormente accelerato questa tendenza (Mascheroni & Siibak 2021).
Contemporaneamente, è stato argomentato che la capacità di limitare, selezionare - e quindi sfruttare meglio - la sovrabbondanza comunicativa digitale è correlata al vantaggio socio-economico. Ciò significa che - per alcuni aspetti - il digital divide di accesso, tipico degli anni ‘90 e in cui il maggiore uso del digitale era associato al vantaggio socio-economico, si è in qualche modo “rovesciato” (Gui e Büchi, 2021). Per quanto riguarda l’infanzia, c’è evidenza che la concessione di smartphone, console per videogiochi e altre forme di accesso autonomo a Internet vengano anticipati soprattutto tra le famiglie svantaggiate dal punto di vista socio-economico (Gui et al. 2020). La ricerca sta inoltre evidenziando che diverse forme di uso problematico dei media digitali si manifestano più frequentemente in famiglie con minore capitale culturale (Gerosa et al. 2021). Rimane meno chiaro, invece, se la precocità di frequentazione degli ambienti digitali sia di per sé causa di problemi legati al benessere dei minori a lungo termine (vedi Gerosa et al. 2024). Se così fosse, la precocità d’uso di Internet diverrebbe interpretabile come fonte aggiuntiva di disuguaglianza sociale. In particolare, il possibile impatto negativo dell'uso precoce dei media digitali sui risultati di apprendimento che sono emersi in letteratura sono spesso criticati per non essere solidi dal punto di vista metodologico, in quanto si basano su dati correlazionali o longitudinali a breve termine (Amez & Baert 2020). Pertanto, c'è un urgente bisogno di raccogliere evidenze empiriche robuste su perché e come i problemi online possano essere predetti dalle vulnerabilità dei giovani offline (Odgers & Jensen 2022), in particolare su come l'accesso precoce alla connessione permanente interagisce con la disuguaglianza sociale nella vita dei giovani.
Per colmare queste lacune, miriamo a fornire la stima più rigorosa finora dell'impatto di un accesso autonomo precoce agli smartphone, ai videogiochi e ai social media sui risultati di apprendimento degli studenti delle scuole superiori, e la sua interazione con il genere, l'origine migratoria e l'istruzione dei genitori. Ciò è possibile poiché - per la prima volta da quando INVALSI (l'Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo e di Istruzione Italiano) ha iniziato a raccogliere dati sui risultati degli studenti - sono disponibili i dati dell'intera carriera scolastica degli attuali studenti del decimo e undicesimo grado. Sfruttando questa possibilità, uniamo dati di una indagine retrospettiva ad hoc sull'uso degli schermi durante l'infanzia e l'adolescenza precoce - da noi svolta nell'ambito del progetto EYES UP finanziato da Fondazione Cariplo - con i risultati di apprendimento longitudinale degli studenti ai gradi 2º, 5º, 8º e 10º. Un dataset con 6738 studenti delle scuole superiori nel nord Italia, rappresentativo per tipo di scuola, viene analizzato per rispondere alle domande sopra menzionate mediante analisi longitudinale. I risultati preliminari confermano che l'uso precoce e autonomo dei digitali è più probabile nelle famiglie svantaggiate dal punto di vista socioeconomico e che l'età di possesso dello smartphone ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento scolastico sia nella scuola primaria che in quella secondaria per coloro con abitudini preesistenti di uso intensivo dei media durante l'infanzia. Il paper discute le implicazioni di tali risultati per la teoria della comunicazione e dell'educazione, in particolare per quanto riguarda la disuguaglianza digitale in contesti tecnologicamente maturi.
Tra rotture e continuità: costruire il genere attraverso la relazione con gli smart speaker
Giovanna Mascheroni1, Arianna Mainardi2
1Università Cattolica del Sacro Cuore; 2Università di Bergamo, Italia
A partire dall’analisi dei dati raccolti con una ricerca qualitativa longitudinale che ha coinvolto venti famiglie con almeno un figlio di età pari o inferiore a otto anni, il contributo mira a comprendere il ruolo degli smart speaker (come Alexa o Google Home) nella produzione di relazioni, immaginari e discorsi di genere associati sia alla genitorialità che alla tecnologia. I risultati mostrano che, nello spazio domestico, gli immaginari di genere (genitoriali) tendono a riprodurre stereotipi anche quando si tratta di smart speaker; il padre è associato alla competenza e alla padronanza tecnologica, mentre la madre alla responsabilità di richiamare l'attenzione sui possibili rischi e alle pratiche di cura volte a mitigarli. Allo stesso tempo, tuttavia, le madri sono messe in discussione in questo ruolo per il loro supposto analfabetismo digitale, sia da parte dei figli che dei partner. Un'espressione di questa struttura stereotipata è il modello di maternità che ne deriva. La presenza di smart speaker all'interno della famiglia evidenzia le tensioni e le ambiguità del modello di maternità intensiva (intensive motherhood). In effetti, si materializza un processo paradossale, in cui le madri sono messe sotto accusa da pressioni contraddittorie: da un lato, abbracciano le ultime novità tecnologiche e favoriscono l'acquisizione di competenze digitali da parte dei figli; dall'altro, vengono stigmatizzate per aver esposto bambini/e a rischi e per non essere abbastanza competenti. Allo stesso tempo, il genere è costruito, ridefinito e messo in discussione dalle pratiche di comunicazione intraprese dalle famiglie attraverso, e con, gli smart speaker. Il genere acquisisce significato nei modi in cui le famiglie lo associano agli smart speaker, ma anche nei modi in cui viene ridiscusso a partire dal ruolo ambivalente occupato da questi agenti vocali nella famiglia. Questo processo di creazione del genere, e dei suoi significati, è particolarmente visibile nel momento in cui avvengono disallineamenti e rotture di queste pratiche comunicative; rotture che producono momenti di apertura verso nuove narrazioni e discorsi (potenzialmente favorevoli a processi di soggettivazione). Queste interruzioni ridefiniscono la relazione genitore-figlio/a e moltiplicano i possibili discorsi sulla maschilità e sulla femminilità all'interno della famiglia, negoziando sia le tecnologie sia la genitorialità sul piano della vita quotidiana.
Invecchiare nell'era digitale: Uno studio sulla complessa relazione tra anziani e nuove tecnologie
Manuela Farinosi, Leopoldina Fortunati
Università degli Studi di Udine, Italia
Il contributo proposto analizza l’attuale relazione tra persone anziane e nuove tecnologie, alla luce delle considerazioni più recenti presenti in letteratura. Il concetto chiave che vogliamo avanzare è quello di “dissonanza strutturale” tra come sono state concepite le moderne tecnologie digitali, in particolare gli smartphone, e la realtà quotidiana vissuta dagli anziani. Queste tecnologie, sviluppate negli anni '90 all’interno di culture dominate da comunità ipermaschili di giovani designer, sono infatti state progettate principalmente per i giovani, ovvero per una popolazione contraddistinta da curiosità, entusiasmo verso l’innovazione, propensione ad adottare nuovi dispositivi, e alto grado di flessibilità e adattabilità. Gli anziani, al contrario, costituiscono un gruppo che generalmente non accoglie con favore il cambiamento, e che magari tende a percepire l'apprendimento continuo come un peso. Durante la fase iniziale, in cui si erano mostrati lenti nell'accesso e nell'utilizzo di queste tecnologie, gli studiosi avevano attribuito questo ritardo principalmente alle caratteristiche della terza età, con l'effetto implicito che le persone più anziane sono state accusate di essere il gruppo sociale più arretrato rispetto a queste innovazioni, accolte invece con entusiasmo da tutte le altre fasce di età. I primi studi presenti in letteratura spesso hanno sottolineato i sensi di colpa e di inadeguatezza vissuti dagli anziani durante la loro prima fase di coinvolgimento nella società dell'informazione. Inoltre, quegli anziani, non avendo avuto esperienza con le tecnologie digitali né in età giovanile, né in età adulta, si ritrovavano in un certo senso costretti ad accettarle così come venivano loro proposte o a rifiutarle.
Nella prospettiva di comprendere meglio il rapporto attuale tra anziani e tecnologie digitali, abbiamo coinvolto una classe di studenti del primo anno del corso di laurea in Scienze e tecnologie multimediali dell’Università degli Studi di Udine che, dopo un breve periodo di formazione, ha condotto delle interviste semi-strutturate con 344 anziani (53,6% donne; età media di 76,3 anni), selezionati principalmente tra i loro nonni, prozii, vicini di casa o amici di famiglia. Le interviste hanno esplorato diverse dimensioni - dal possesso dei singoli dispositivi alla frequenza di utilizzo, al senso di agio o disagio - e hanno sondato anche le emozioni e i significati soggettivi attribuiti dagli anziani alle nuove tecnologie, le motivazioni e i bisogni associati al loro uso, le preferenze riguardo all’adozione di ulteriori tecnologie, incluse quelle di tipo robotico, e l’eventuale desiderio di imparare ad utilizzare nuovi dispositivi o di seguire un corso di alfabetizzazione informatica.
Con la prima domanda di ricerca (RQ1) abbiamo indagato se le sensazioni di disagio e di inadeguatezza precedentemente riportate in letteratura e riconducibili alla dissonanza strutturale, continuassero ad essere presenti. Inoltre, a partire soprattutto da quanto proposto da Fortunati & Edwards (2022), abbiamo analizzato se tali tecnologie continuassero a perpetuare una disparità di genere anche in questo campo (RQ2). Infine, basandoci sul modello di strutturazione demografica della terza età elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e discusso da Vincent (2023), abbiamo esplorato se all'interno di questa popolazione, fosse possibile, individuare delle fasce d’età che presentassero differenti tipologie di relazione con gli smartphone e con le tecnologie digitali (RQ3).
I risultati possono essere riassunti in tre punti: 1) Gli anziani continuano a percepire una dissonanza tra loro e le nuove tecnologie, sottolineando spesso anche la loro mancanza di alfabetizzazione digitale; 2) Le donne anziane sperimentano una maggiore esclusione sociale legata all’uso di queste tecnologie rispetto ai loro coetanei uomini; 3) Mentre i giovani anziani ormai interagiscono con le tecnologie digitali, dimostrando un certo grado di confidenza, i grandi anziani mostrano un coinvolgimento significativamente minore.
Per una comprensione dei fenomeni di disconnessione digitale. Pratiche, strategie, motivazioni
Piermarco Aroldi1, Francesca Pasquali2, Barbara Scifo3
1Università Cattolica, Milano; 2Università degli studi di Bergamo, Italia; 3Università Cattolica, Milano
Il contributo proposto si colloca all’interno della riflessione teorica e della ricerca empirica che nell’ultimo decennio si sono sviluppate a partire dalla crescente visibilità dei fenomeni di Digital Disconnection (DD), intesa come un set di pratiche sociali volte alla rinuncia alla connessione a specifiche tecnologie digitali (device, piattaforme, servizi, funzioni) o a contenuti o relazioni sociali online da parte dei loro utenti; tale rinuncia può essere temporanea o definitiva, volontaria o condizionata, generalizzata o selettiva, saltuaria o periodica, per lunghi o brevi periodi, dando così vita a una pluralità di forme che difficilmente possono essere ricondotte a una medesima istanza o ad un’unica interpretazione.
Lo sviluppo relativamente recente dei disconnection studies (Altmaier et al., 2024; Figueiras and Brites, 2022) dà conto del riconoscimento di questa multiforme fenomenologia e, al tempo stesso, della necessità di comprenderne il senso e la portata nell’attuale contesto di società caratterizzate dal paradigma della connessione digitale ubiqua e costante. La nozione stessa di DD ha così progressivamente perso la natura binaria di una pura e semplice opposizione alla condizione di connessione, rivelandosi piuttosto come una modulazione inevitabile di processi di selezione, di strategie di disentangling (Adams & Jansson, 2023) o di procedure di esclusione, sempre in dialettica con l’esperienza – o la possibilità – di essere connessi: dis/connection più che mera disconnection, per adottare la grafia proposta da Lim (2020).
Il dibattito teorico ha efficacemente evidenziato le varie istanze che animano le pratiche di DD, riconoscendone le radici in processi socio-culturali di natura molto diversa e spesso contrapposta, soprattutto in riferimento all’adesione o – viceversa – alla resistenza rispetto alle logiche del capitalismo digitale e al potere delle piattaforme algoritmiche (Bonini e Trerè 2024). Dal canto suo, la ricerca empirica si è concentrata soprattutto sue due oggetti di studio: da una parte i discorsi sociali che accompagnano e promuovono le pratiche di DD (manuali di self-help, programmi di digital detox, raccomandazioni di esperti, articoli di giornale etc.), dall’altra l’esperienza degli utenti più o meno direttamente impegnati in percorsi di disconnessione, raccolta con diversi strumenti qualitativi (interviste, diari, self-report etc.) o quantitativi (online survey, quasi-esperimenti etc.) (Altmaier et al., 2024).
Il presente contributo si colloca sul versante della ricerca empirica a carattere quantitativo e presenta i risultati di una web survey a carattere esplorativo somministrata a un campione rappresentativo della popolazione di utenti italiani di Internet. Obiettivo principale della survey è fornire una misura del fenomeno di DD nella sua accezione più ampia per poi descriverne le forme più diffuse nel nostro contesto nazionale.
Le domande di ricerca che hanno guidato la costruzione del questionario e l’analisi dei dati ruotano intorno al tipo di tecnologie rispetto alle quali ci si disconnette, ai parametri spazio-temporali di questa disconnessione, alle strategie / tattiche adottate con maggiore frequenza, all’adozione di tools o di software finalizzati al controllo e alla riduzione della connessione, all’adesione a specifici programmi individuali o di gruppo; particolare attenzione è rivolta alle motivazioni che sostengono le pratiche di DD, alla percezione di eventuali effetti conseguenti, all’intenzione di avviare in futuro percorsi analoghi. Oltre alle tradizionali variabili sociodemografiche, si intende prendere in considerazione la stratificazione generazionale che articola la popolazione degli utenti italiani e che riflette differenti posizioni nel corso di vita, diverse biografie mediali e una certa varietà di percorsi di addomesticamento (e ri-addomesticamento) delle tecnologie digitali. Nel complesso, il contributo mira a restituire una prima fotografia della DD in Italia al fine di verificare la pertinenza delle diverse ipotesi interpretative che sono state proposte a livello internazionale e costituire una base di dati sulla quale sviluppare ulteriori piste di indagine, anche a carattere qualitativo.
Riferimenti bibliografici
Threema e le applicazioni di messaggistica sicura: le esperienze situate degli utenti attraverso la prospettiva della ‘teoria della pratica’
Samuele Fratini, Paolo Magaudda
Università degli Studi di Padova, Italia
Il contesto contemporaneo della comunicazione digitale è caratterizzato da tendenze contraddittorie e ambivalenti. Per quanto riguarda le piattaforme digitali, possiamo osservare che mentre le grandi piattaforme operano sempre di più nell’invisibilità al pari delle infrastrutture tradizionali (Plantin et al., 2018), esse sono al contempo sovraesposte nel dibattito pubblico. Le conseguenze sociali del loro crescente potere sono largamente dibattute, e spesso in una luce negativa. Ciò sarebbe anche il risultato di alcuni “shock pubblici”: eventi come le rivelazioni di Snowden o lo scandalo Cambridge Analytica hanno influenzato la percezione pubblica delle piattaforme e hanno evidenziato come esse costituiscano strumenti di sorveglianza di massa (Ananny & Gillespie, 2017). Nel campo della messaggistica istantanea, la crescente consapevolezza dei rischi relativi alla racconta dei dati personali ha già prodotto cambiamenti radicali. Tra questi, lo sviluppo di nuovi standard, come quello informale della crittografia end-to-end (Ermoshina & Musiani, 2019). Inoltre, la crescente sfiducia nei confronti di WhatsApp, l'applicazione di messaggistica egemone in Occidente e posseduta da Meta, ha contribuito alla fioritura di un’ampia varietà di applicazioni di messaggistica sicura alternative, come Signal e Telegram (Ermoshina & Musiani, 2022). Tra queste, Threema costituisce un caso di studio particolarmente significativo, sebbene largamente trascurato. Con oltre 11 milioni di utenti e 7.000 abbonati istituzionali nell'area europea di lingua tedesca, questa piattaforma Svizzera è la più diffusa app europea di messaggistica. Essa si presenta come l’alternativa a WhatsApp e punta a differenziarsi da altri servizi orientati alla privacy grazie a un'originale combinazione di crittografia, data center localizzati sul territorio svizzero e una raccolta dati minimizzata.
La presentazione contribuisce al dibattito sulla sicurezza dei dati e sul ruolo delle piattaforme alternative di messaggistica istantanee concentrandosi sull’analisi delle pratiche situate e dei processi di appropriazione nell’uso della piattaforma Threema da parte degli utenti. In particolare, vengono approfonditi alcuni aspetti tra i quali: i processi attraverso i quali gli utilizzatori iniziano ad usare la piattaforma; come essi sviluppano processi di appropriazione caratteristici; come affrontano problemi e negoziano incongruenze nonché disallineamenti tra la configurazione tecnica piattaforme e l’universo quotidiano costituito da relazioni, routine e abitudini. L'analisi si basa su una serie di materiali empirici che includono, in particolare, 18 interviste qualitative semi-strutturate con utilizzatori della piattaforma Threema, realizzate tra la fine del 2023 e gli inizi del 2024 in Germania. Il design metodologico è radicato nella ‘Grounded Theory’ (Charmaz, 2006), e dunque caratterizzato da un processo iterativo e ricorsivo di raccolta, codifica e analisi dei dati, attraverso il quale sono state identificate le categorie e i concetti utilizzati nella presentazione dei dati.
Dal punto di vista concettuale, lo studio si basa su almeno due prospettive di analisi tra loro interconnesse. Per un verso viene utilizzata una prospettiva di analisi tipica della ‘teoria della pratica’ (Shove et al. 2012; Couldry, 2012), con l’obiettivo di porre l’attenzione su come l’introduzione di nuovi sistemi di messaggistica si inserisce in pratiche più o meno strutturate di comunicazione interpersonale, richiedendo dunque una ristrutturazione di queste attività a partire dalle caratteristiche e vincoli delle tecnologie. Per un altro verso, la presentazione adotta concetti provenienti dagli ‘user studies’ (Oudshoorn e Pinch 2003) di matrice STS (Science & Technology Studies), con l’obiettivo di rendere evidente come le attività situate delle persone che adottano le tecnologie di messaggistica istantanea prendono forma a partire da un loro coinvolgimento attivo, guidato dalla necessità di allineare costantemente le richieste delle tecnologie con i bisogni legati al contesto sociale in cui esse sono inserite.
|