Chair: Roberto Serpieri, Università di Napoli Federico II
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Che alla conoscenza sociologica sia in buona misura preclusa la via dei modelli previsionali è nella logica di indagine da cui muovono le scienze sociali: nell’infungibilità dei suoi oggetti, cioè, e nell’impraticabilità di strategie di ricerca che si avvalgono di una strumentazione investigativa e intellettuale mutuata dalle scienze fisiche (Marradi 2010). Da una parte, comunque, il paradigma dell’Evidence-Based Research anche in campi come quelli dell’economia e delle scienze sociali mainstreaming ha riscosso consensi e ha preso a funzionare come un “nuovo regime di verità”, che si afferma progressivamente per i discorsi che ospita, i meccanismi attraverso cui distingue le argomentazioni vere da quelle false, le tecniche utilizzate e valorizzate per ottenere la verità e infine “lo status di coloro che sono incaricati di dire ciò che conta come vero" (Foucault 1976/1977: 25). Nello stesso tempo, nonostante le ambizioni previsionali del mantra Evidence-Based e anche a causa della suddetta preclusione, la sociologia ha a lungo sottovalutato la dimensione del futuro nell’agire sociale e quindi la necessità di analizzare il modo in cui gli individui si proiettano nel futuro per capire il presente (Mische 2009; Coleman, Tutton 2017; Mandich 2023). Recentemente, tuttavia, ha ripreso vigore la consapevolezza del fatto che future matters (Adam, B., Groves, 2007) e si sono moltiplicati i modi di interpretare il futuro da una prospettiva critica che colga le condizioni di possibilità della trasformazione e delle differenze.
In questo senso, va letta la scelta dell’unità d’analisi di questo panel, i giovani: “coloro che sono destinati ad abitare il futuro prossimo” (Cavalli e Leccardi 2013, 158); “interpreti esemplari della trasformazione e del cambiamento, i più impegnati nei processi di costruzione del sé, i più interessati dalla necessità di investire in tutte quelle pratiche che consentono la realizzazione di un progetto, il conseguimento di un traguardo” (Vatrella e Serpieri 2022). Più nello specifico, il panel accoglie l’invito a esplorare le complesse relazioni fra potere e pratiche creative, attraverso la presentazione di riflessioni che: si interrogano sul rapporto che i giovani intrattengono con il futuro; sulle memorie del futuro (Jedlowski 2017) e sui meccanismi attraverso cui il futuro, colto nelle sue molteplici declinazioni culturali e affettive (aspirazioni, speranze, aspettative, progetti, sogni), si situa al crocevia tra percorsi biografici, climi sociali e culture locali (Mandich, Satta, Cuzzocrea, 2023) e si determina nell’intreccio tra agency e struttura (Cuzzocrea e Mandich 2016) per confluire in configurazioni sui generis (Spano et al. 2023).
Il panel si pone quindi due obiettivi:
1) rimettere al centro della riflessione le sfide metodologiche nello studio del futuro e i correlati epistemici e gnoseologici di talune opzioni analitiche;
2) proporre una lettura del tema che muova da una postura creativa alla ricerca sociale per mostrare la valenza euristica di approcci che non si lascino segnare da mere ambizioni previsionali.
Approccio metodologico e strategie di ricerca
L’obiettivo su delineato è stato perseguito attraverso una strategia analitica che ricorre, coerentemente, all’approccio qualitativo alla ricerca sociale.
Nei paper verranno presentati alcuni dei risultati emersi dalla somministrazione di 160 interviste qualitative svolte nell’ambito del Progetto Prin “Mapping Youth Futures” (https://www.mappingyouthfutures.it), e condotte con giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni,. In particolare, i contributi guardano a tre diversi tipi di giovani, distinti sulla base delle differenti “vocazioni” con le quali evidentemente si inquadrano i profili biografici e le configurazioni di futuro emergenti: mobilità, attivismo politico e imprenditoria.
Significativo è, in tal senso, il ricorso alla tecnica dell’intervista qualitativa, reinterpretata alla luce di talune opzioni tecniche (l’utilizzo della visual elicitation), che sono state impiegate al fine di sollecitare nelle narrazioni, l’emersione di quelle nuove semantiche di futuro (Leccardi 2014), in cui si inquadrano le suggestioni interpretative di seguito brevemente delineate negli abstract dei paper.
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Il futuro che si sente: le pro-tensioni al futuro dei giovani mobili
Giuliana Mandich, Caterina Satta, Valentina Cuzzocrea, Università di Cagliari
La rinascita dell’interesse della sociologia per il futuro a partire dal nuovo secolo (Beckert, J. w L. Suckert 2021) si accompagna alla consapevolezza del fatto che il futuro è una dimensione complessa, intangibile e difficile da ricondurre alle modalità di analisi e ricerca generalmente utilizzate nel campo della sociologia. Il futuro è simultaneamente simbolico e materiale, qualcosa che ancora non c’è ma che allo stesso tempo si sta (in diversi modi) facendo, proiettato in avanti e radicato nel presente e nel passato (Adam, B. e C. Groves, 2007). Questa complessità è anche frutto dalla multidimensionalità dell'azione sociale (Ermirabayern Mishe 2009, Mandich 2022).
In questa presentazione riflettiamo su modi possibili di studiare l’intangibilità del futuro, con un focus particolare sui giovani con esperienza di mobilità, sulla base delle 40 interviste condotte per il progetto Mapping Youth Futures. Per affrontare la complessità del futuro che si lega alla complessità dell’agire sociale ci serviamo del lavoro di Thévenot (2006, 2014) sui modes of engagement. Della stessa versatilità pragmatica studiata da Thévenot dobbiamo tenere conto anche nell’analizzare la proiezione nel futuro. Utilizzando gli elementi di base dei regimes of engagement, possiamo definire quattro modi diversi di engagement with the future (Mandich 2020; Welch et al. 2020): il regime del progetto, il regime della giustificazione, il regime dell’esplorazione e il regime della familiarità.
Quest’ultimo regime coglie una modalità del futuro oggi fortemente esplorata nella letteratura (Massumi, 2005, Coleman, 2017, Tutton 2022). Un futuro che si intreccia strettamente al presente e si esprime in una pro-tensione fortemente connotata affettivamente. Il futuro, dunque, non solo si progetta, si esplora, si discute collettivamente ma si sente. Le narrative raccolte nelle nostre interviste attraverso la sollecitazione della visual elicitation, ci permettono di mettere in luce come i giovani, nel momento in cui vengono stimolati a pensare al futuro, hanno soprattutto bisogno di sentirlo, di viverlo affettivamente nel presente (Mandich, Satta, Cuzzocrea 2023). In questa presentazione, per meglio mettere in luce il dispositivo metodologico adottato e valorizzare il ruolo che gli immaginari visuali hanno avuto nel racconto del futuro, ci soffermiamo, su due interviste che permettono si far emergere due dei modi possibili di sentire il futuro nel presente.
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Come Giano, creatore di inizi. I processi di costruzione del sé del giovane imprenditore accademico
Sandra Vatrella e Roberto Serpieri, Università di Napoli “Federico II”
Nell’era della globalizzazione economica e culturale, le ragioni della governamentalità neoliberista incidono sulle relazioni pedagogiche, interne ed esterne al sistema educativo formale, spingendo verso la produzione di individui conformi alle logiche della competizione globale.
Da un lato le istituzioni educative (scuola e università) rispondono alle pressioni verso il miglioramento delle risorse di capitale umano a loro disposizione, investendo nello sviluppo delle cosiddette “competenze di carattere” (Maccarini 2019). Dall’altro lato i giovani in formazione sono sollecitati a evolvere quei tratti personali, che consentono loro di scommettere su un percorso formativo, lavorativo e di vita ardimentoso in cui “le difficoltà si cristallizzano nell’atto di assumersi dei rischi” (Sennet 1999, 174).
Ciò malgrado, in molti continuano a chiedersi se, in che termini e attraverso quali strategie, la “trappola neoliberale” degli investimenti educativi possa ancora essere sfidata. Si tratta di un quesito complesso e non univoco al quale proveremo a rispondere facendo riferimento alle riflessioni foucaultiane sulle pratiche di autogoverno etico (Foucault 2010) e, in particolare, sulle tecnologie del sé; quell’insieme di pratiche cioè “che permettono agli individui di effettuare, soli o con l’aiuto di altri, un certo numero di operazioni sul loro corpo e la loro anima, i loro pensieri, le loro condotte, il loro modo di essere; di trasformarsi allo scopo di raggiungere un certo stato di felicità, di purezza, di saggezza, di perfezione o d’immortalità» (Foucault 1988, p. 3).
Sono dunque le tecnologie del sé il dispositivo euristico (cfr., Vatrella, Serpieri 2022) al quale ricorriamo nel nostro contributo al fine di comprendere:
1) Se e come i giovani riescano a fronteggiare la tensione tra le soggettivazioni prodotte dalla governamentalità neoliberale e il loro costituirsi come soggettivazioni in cerca di alternative
2) Quali siano i processi di autogoverno etico ai quali riescono a dare forma.
Questi obiettivi analitici sono stati perseguiti attraverso l’adozione di una prospettiva che segue l’approccio etnografico alla ricerca sociale ed elaborando una strategia che combina l’approccio del racconto di vita (Bertaux 2003) con la prospettiva ermeneutica (Montesperelli 1998). In breve, lo studio si avvale di una base empirica composta da 40 interviste discorsive somministrate ad altrettanti giovani imprenditori di età compresa tra i 25 e i 34 anni.
Coerentemente con le ragioni del panel, le interviste:
1) sono state realizzate adoperando una traccia i cui stimoli sono rappresentati dalle definizioni operative delle tecnologie precedentemente costruite;
2) sono state analizzate costruendo una griglia analitica nella quale queste stesse definizioni operative sono state opportunamente riformulate e declinate in categorie concettuali utili ad attraversare il corpus testuale.
Questo sforzo analitico ha consentito di realizzare un modello tipologico dal quale sembra emergere una nuova semantica del futuro (Leccardi, 2014) e in cui confluisce, tra gli altri, il tipo che presenteremo nel nostro contributo e che proveremo di seguito a delineare nei suoi tratti essenziali.
Ci riferiamo a un gruppo di giovani imprenditori accademici promotori di quell’imprenditoria a vocazione scientifica che prende forma nel contesto del Contamination Lab; progetto al quale i giovani ascoltati partecipano, partecipando di fatto a un processo di soggettivazione neo-liberale.
Un processo in cui il giovane costruisce se stesso nell’intreccio tra agency e struttura (Cuzzocrea e Mandich 2016), e in questo intreccio si fa Giano bifronte.
Come Giano, il giovane imprenditore accademico è quel creatore di inizi senza presente, con uno sguardo rivolto al futuro e uno al passato.
Homo oeconomicus e imprenditore di se stesso sempre disposto a quell’investimento in istruzione e mobilità che soli gli garantiscono la soddisfazione e il reddito futuri ai quali ambisce (Foucault 2008), questa figura sembra prefigurare l’alternativa erotica al dominio neo liberale: la realizzazione di un eros filosofico come desiderio inesausto di conoscenza e, al contempo, di una estetica pedagogica in cui le tecnologie del sé assurgono a pratiche trasformative utili a garantire l’esercizio del proprio magistero.
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Giovani, esperienze di partecipazione e ‘utopie quotidiane’
Carmen Leccardi, Ilenya Camozzi, Maria Grazia Gambardella, Sveva Magaraggia, Università Milano-Bicocca
Da alcuni decenni a questa parte, su un binario parallelo al dibattito intorno alla cosiddetta ‘transizione bloccata’ (Walther 2006; Wyn et al. 2012), ha guadagnato terreno la rappresentazione dell’universo giovanile come politicamente apatico, narcisisticamente piegato sulla dimensione privata, poco o nulla interessato a forme di protagonismo pubblico e alla rappresentanza politica. In estrema sintesi, si è scelto di proporre l’immagine di una (o più) generazioni di giovani caratterizzati dal disinteresse per le vicende pubbliche, ai margini non solo delle forme di partecipazione, ma della cultura civica in generale. La pandemia ha, se possibile, ulteriormente accentuato questa rappresentazione - ignorando, ad esempio, la fioritura di iniziative solidali, e a protezione delle fragilità, che si sono sviluppate al suo interno (Bringel e Pleyers 2022).
In realtà, se si fuoriesce dalla retorica di immagini distopiche intorno al destino delle nuove generazioni proposte dal discorso pubblico e mediatico, emerge una realtà ben diversa, una tendenza giovanile a costruire forme inedite di partecipazione sociale e politica, modalità attive di riconquista degli spazi pubblici unitamente a inedite dimensioni progettuali (personali e collettivi).
Come numerosi studi mettono in luce e l’indagine realizzata dal gruppo di Milano-Bicocca all’interno del più ampio progetto Prin ‘Mapping Youth Future’ conferma, le generazioni più giovani si stanno costantemente allontanando dalle pratiche istituzionalizzate di partecipazione a favore di pratiche informali: oltre che nei movimenti, all’interno di associazioni spontanee, nelle sfere del volontariato e così via. La cittadinanza attiva si fa sempre più culturale e ‘quotidiana’. Il quotidiano, e il tempo in cui esso dimora, il presente, dalla periferia guadagna il centro della scena. Non più il futuro, specie quello a lungo termine, appare come il tempo verso cui si tende quanto, piuttosto, il presente e il quotidiano, i nuovi spazi-tempi dell’agency giovanile. Non a caso il concetto di ‘utopia quotidiana’ (Cooper 2014; Venditti 2017; Santambrogio 2020; Camozzi 2022) si consolida in questi anni, acquistando via via maggiore visibilità.
I giovani ritornano dunque a farsi protagonisti di forme di innovazione nelle pratiche di partecipazione sociale e politica, riversando la loro voglia di protagonismo verso canali, dinamiche di comunicazione, ambiti sociali e culturali spesso non ancora esplorati (Ekman e Amnå 2012). La stessa idea di politica, e di partecipazione politica, viene in tal modo radicalmente ridiscussa (Cuzzocrea et al. 2021; Pitti 2022). Una ridefinizione che richiede, a sua volta, una trasformazione, non meno radicale, dei paradigmi interpretativi delle scienze sociali.
Il paper, frutto del lavoro triennale del gruppo di ricerca di Milano-Bicocca, ha analizzato le diverse forme di attivazione politica che caratterizzano le scelte delle nuove generazioni (Macedo et al., 2005; Stoker, 2006), direttamente connesse alle loro idee di futuro. A questo fine ha fatto uso di rinnovate metodologie qualitative per lo studio delle esperienze e dei vissuti giovanili (Wyn et al. 2020; Giorgi et al. 2021). Concretamente, l’attenzione si è concentrata sulle esperienze partecipative di una quarantina di giovani uomini e giovani donne, di età compresa tra i 25 e i 34 anni, cresciuti in differenti territori (Milano, Napoli, Cosenza, Cagliari) e caratterizzati da diversi livelli di istruzione oltre che di capitale sociale e culturale. In particolare, giovani donne e giovani uomini coinvolte/i nell’indagine sono risultati attive/i all’interno di movimenti, associazioni, gruppi d’acquisto solidali, centri sociali, altre forme partecipative non convenzionali.
L’analisi delle forme di narrazione in merito all’impegno politico-sociale è stata guidata dall’intersezione di tre dimensioni – il tempo (passato, presente e futuro), le relazioni attivate (sociali, istituzionali, politiche), le forme di agency. La riflessione, quindi, metterà in luce i modi in cui i giovani, partendo dal proprio quotidiano, affrontano oggi le grandi questioni epocali, dalla lotta alle diseguaglianze alle azioni a sostegno della dignità delle persone, dalle questioni di giustizia climatica alla lotta alla precarietà.