Dai gruppi di auto e mutuo aiuto offline a quelli online: l'essere umano ancora al centro
Nicola Strizzolo1, Sara Lisa Peticca2
1Università di Teramo, Italia; 2Università Ecampus
Il contributo prende in considerazione l'evoluzione e il ruolo delle comunità di auto mutuo aiuto online, anche come uno degli ultimi terreni di sfida verso l’intelligenza artificiale.
Si affrontano i passaggi dai modelli tradizionali di mutuo auto aiuto ai forum in internet e alle piattaforme social, verificando, sulla base dell’esperienza e della percezione degli utenti, se vi possano essere effetti terapeutici o comunque di cura, oltre che informativi.
Un primo step sul campo, dopo lo studio della letteratura, sono una serie di interviste in profondità ai fondatori, agli amministratori e a diverse tipologie di utenti di almeno due gruppi di auto mutuo aiuto online: il primo a persone legate ad abusi subiti in relazione con persone descritte con caratteristiche riconducibili a disturbi narcisistici di personalità (nel forum, oltre alle persone che si raccontano come vittime, vi sarebbero anche psicologi e persone con questi disturbi diagnosticati) e il secondo frequentato da persone affette da pseudotumor cerebri, o comunque interessate alla malattia.
Si vuole percorrere sia la storia di questi gruppi, che delle persone che li hanno frequentati e capire quali effetti positivi ne hanno tratto, di conforto, di informazione come di guida o motivazione verso la cura, ma anche i rischi connessi, come forme di dipendenza e questioni di privacy. Inoltre viene presa in considerazione la forma di organizzazione spontanea, per lo più democratica e orizzontale di queste realtà, il loro possibile percepirsi come comunità ed il senso di appartenenza (in alcuni casi "famiglia") dei membri.
Infine, si ragiona se l’AI potrà colonizzare, o meno, anche questi spazi, dove l’empatia umana ed esperienze uniche e irripetibili delle persone sembrano rappresentare ancora viatici insostituibili per il confronto e il supporto umano.
Media e rappresentazione del disturbo psichiatrico in adolescenza, tra cura e intrattenimento
Romana Andò1, Samuele Briatore1, Leonardo Campagna1, Arianna Terrinoni2
1Sapienza Università di Roma, Italia; 2Policlinico Umberto I Roma, Reparto Emergenze Psichiatriche Adolescenti UOC Neuropsichiatria Infantile
Negli ultimi 15 anni il disturbo mentale tra gli adolescenti ha presentato un tasso di crescita allarmante nel mondo e in Italia. Il fenomeno ha acquisito una certa visibilità durante la pandemia da Covid-19 quando il dato sugli accessi degli adolescenti al pronto soccorso per ideazione suicidaria, autolesionismo, depressione e disturbi alimentari è esploso, a fronte di una riduzione complessiva dovuta al confinamento a casa e alla paura del contagio.
Molti sono gli elementi su cui riflettere: la complessiva invisibilità del fenomeno a livello di dibattito pubblico e interventi istituzionali, la questione dei tabù e dello stigma sociale ancora oggi esistente, la dimensione trendy del disturbo mentale che si sta diffondendo sui social media e che necessita di maggiore chiarezza e informazione; la difficoltà degli adulti, genitori e/o educatori nel comprendere la rilevanza del disturbo mentale nella esperienza quotidiana degli adolescenti e nel saperla affrontare.
La “buona” notizia è che oggi, rispetto anche solo a 5-10 anni fa di disturbo mentale in adolescenza si parla di più e le rappresentazioni mediali sul tema, dal cinema alla serialità televisiva, alla musica, ai social media sono in crescita sia in termini di quantità che in termini di qualità e ricchezza della narrazione.
Il gruppo di ricerca del Dipartimento SARAS di Sapienza, in collaborazione con la Neuropsichiatria infantile del Policlinico Umberto I ha avviato una serie di interventi di ricerca e di formazione sul tema.
Il primo step è stato la realizzazione di una ricerca quantitativa, condotta in collaborazione con Ipsos su un campione rappresentativo di 14-19enni, sul tema dell’uso delle parole legate ai disturbi mentali come forma di stigma, hate speech o come uso distorto e alterato del significato. La ricerca ha dimostrato che l’uso disinvolto delle parole legate ai disturbi psichiatrici è molto diffuso nei contesti scolastici e familiari e che l’uso distorto è in relazione diretta con la scarsa conoscenza delle diverse patologie di disturbo mentale.
A partire da questi risultati è stato realizzato un PCTO dedicato alle scuole medie superiori di Roma e provincia in cui sono stati discussi, durante focus group e visioni collettive di serie tv e film, i principali disturbi psichiatrici diffusi tra gli adolescenti. I risultati di questa fase di ricerca e formazione sono stati presentata al Giffoni Film Festival nel 2023.
Un altro intervento di ricerca è stato dedicato alla serie tv Tutto chiede salvezza (Netflix, 2022 -), sulla ricezione della quale è stata condotta una ricerca qualitativa con 50 interviste in profondità a ragazzi e ragazze tra i 14 e i 24 anni di età. La ricerca ha mostrato come la serie sia stata in grado di aumentare la comprensione del disturbo psichiatrico, generando consapevolezza e prossimità emotiva tra le audience e contribuendo a ridurre lo stigma.
Infine è stata condotta una ricerca netnografica sulla modalità con cui gli adolescenti mettono in scena il disturbo mentale all’interno di Tiktok, con particolare attenzione allo storytelling, ai modelli narrativi prevalenti e alla relazione con la comunità di tiktokers.
Silver Awareness Sustainability: verso la costruzione di una checklist per comprendere la sostenibile in una società che invecchia
Sara Nanetti
Università Cattolica del Sacro Cuore - Milano
L'invecchiamento della popolazione pone significative sfide sociali, economiche ed ecologiche che richiedono l'identificazione di fattori capaci di migliorare il benessere dell'intera popolazione da una prospettiva di sostenibilità generazionale, ambientale e di consumo (Wilmoth et al., 2023; Dikken et al, 2023; Langley, 2012). In particolare, la trasformazione demografica richiede l'identificazione dei fattori che contribuiscono, non solo al miglioramento del benessere degli anziani, ma anche alla sostenibilità complessiva della società attraverso le generazioni. Questo comporta una comprensione sfumata di come le pratiche e le politiche sociali possano essere armonizzate per promuovere la tutela dell'ambiente e i modelli di consumo responsabili, garantendo nel contempo la distribuzione equa delle risorse e delle opportunità. In particolare, agli anziani viene chiesto di contribuire allo sviluppo sostenibile, se opportunamente informati e resi consapevoli delle pratiche di consumo considerate più sostenibili (Ministero del Lavoro, 2021). Si pone pertanto l’interrogativo su come i soggetti, in particolare anziani, possono comprendere e farsi parte attiva nella sfida posta dalla transizione verso la sostenibilità.
Il presente contributo adotta quale frame di riferimento per la definizione di sostenibilità i goals posti dall'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile Globale, un'iniziativa fondamentale che sottolinea l'interconnessione delle dimensioni sociale, economica ed ambientale per la promozione di uno sviluppo sostenibile nel tempo e tra le generazioni. All'interno di questo quadro, si pone l’importante questione delle disparità generazionali e la necessaria promozione di una solidarietà intergenerazionale per il raggiungimento di risultati sostenibili (Asvis, 2022). Aumentare la consapevolezza tra gli anziani sull'importanza delle pratiche di consumo sostenibile diventa centrale man mano che la popolazione invecchia.
Nel contesto del progetto Age-it[1], che esplora le conseguenze e le sfide dell'invecchiamento, questo contributo presenta alcuni dei principali indicatori che supportano la consapevolezza della popolazione anziana sullo sviluppo sostenibile. Attraverso la formulazione di una ricerca qualitativa, basata sul consensus method, attraverso lo strumento Delphi (Barrios et al, 2021; Taylor, 2020)., sono stati formulati i principali indicatori riscontrati nella letteratura, nei policy brief e nei rapporti nazionali e internazionali volti a sostenere il benessere e la consapevolezza della popolazione anziana in relazione allo sviluppo sociale, economico ed ambientale sostenibile. Sulla base dei dati raccolti, sono stati quindi definiti i principali ambiti di interesse e i relativi indicatori per la costruzione di una checklist sullo Sviluppo Sostenibile per la popolazione anziana, denominata “Silver awareness sustainability” (SAS). Rientrano tra gli ambiti di interesse cinque dimensioni: diseguaglianze, benessere, risorse, innovazione, e partecipazione. Sia gli ambiti che gli indicatori sono stati discussi da un gruppo di 20 esperti, composto da professionisti, accademici, operatori sanitari, rappresentanti di gruppi politici, associativi e volontari. L'obiettivo era definire uno strumento che fosse: completo, includendo tutti gli aspetti rilevanti nella definizione dello sviluppo sostenibile per la popolazione anziana, chiaro nell’esplicitazione dei suoi componenti e immediatamente utilizzabile da decisori politici, analisti e gruppi di interesse per la promozione della consapevolezza sulla sostenibilità. Questo contributo mira a presentare i risultati iniziali della ricerca, illustrando gli esiti della riflessione partecipativa sulla definizione degli ambiti e degli indicatori della checklist.
[1] Il contributo è stato realizzato nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione Europea - Next Generation EU – Progetto “Age-It - Ageing well in an ageing society” (PE0000015), PNRR – PE8 - Missione 4, C2, Investimento 1.3. I punti di vista e le opinioni espresse sono tuttavia solo quelli degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell'Unione Europea o della Commissione Europea. Né l'Unione Europea né la Commissione Europea possono essere ritenute responsabili per essi.
Invecchiamento e accelerazione digitale nelle aree rurali: il caso del lodigiano
Simone Carlo, Francesco Diodati
Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia
Questo paper ha l’obiettivo di discutere in che modo individui anziani in contesti rurali affrontano la transizione digitale delle società post-pandemiche.
In molti Paesi europei, il modello di “ageing in place”, ovvero invecchiare a casa propria e nella propria comunità di vita, è largamente considerato come la strada da intraprendere a fronte delle sfide economiche e sociali della transizione demografica (Sarlo, Costa, Quattrini 2021). A tal proposito, gerontologi ed esperti delle tecnologie digitali promuovono l’utilizzo delle tecnologie di comunicazione ed informazione (ICT’s) come strumento a sostegno del modello di “ageing in place” (Arthanat 2019; Schomakers, Offerman-Van Heek, Ziefle 2018).
La pandemia ha accelerato profondamente la transizione digitale dei servizi e delle attività quotidiane. Alcuni studi suggeriscono che questa accelerazione digitale rischia di ridursi a una spinta transitoria incapace di ridurre il divario digitale (Lai & Widmar, 2021). Ciò concerne anche le persone della generazione dei baby-boomers, il cui utilizzo dei servizi digitali è spesso precario, poco approfondito e dipendente dalle reti genitoriali e di amicizia (Colombo et al. 2023). Il modello “ageing in place” è da considerarsi, inoltre, un prodotto culturale, che non di rado veicola rappresentazioni stereotipate e romantiche della famiglia, dei rapporti di cura, della vita di comunità e dell’ambiente rurale (Scaglioni, Diodati 2021). Diversi studi hanno messo in luce come, rispetto ai contesti urbani, le aree rurali hanno minore capacità di adattamento alla transizione digitale a causa della presenza di infrastrutture meno sviluppate, di un livello inferiore di istruzione, e di una resistenza generale alle nuove tecnologie (Salemink, Strijker, Bosworth 2017).
Pertanto, abbiamo bisogno di ulteriori studi che mettano in luce il modo in cui le vecchie generazioni vivano e percepiscano la transizione digitale e indaghino in che misura il contesto di vita può effettivamente favorire processi di inclusione sociale o se, al contrario, rappresenti una delle cause principali nei processi d’esclusione digitale e sociale (Carlo 2017). Questo contributo presenta l’analisi preliminare del gruppo di interviste semi-strutturate telematiche della quarta ondata (2023-2024) della ricerca qualitativa longitudinale” IlQA-19”, che indaga le abitudini e l’uso degli strumenti digitali di gruppo di 40 uomini e donne di età compresa tra 65 e 80 anni, residenti in dieci comuni del lodigiano (Italia) e appartenenti alla prima "Zona Rossa" COVID-19 in Europa.
Nell’area di interesse della ricerca, si registra la presenza di forti obblighi familiari e generazionali. Da un lato, gli anziani senza competenze digitali possono fare affidamento su reti familiari strette, costruite da giovani generazioni che scelgono di abitare nel posto dove sono cresciuti per evitare i costi della vicina metropoli (Milano) e beneficiare del supporto dei propri genitori nella cura dei figli. Gli intervistati inquadrano tale aiuto all’interno di un modello culturale non individualista e basato su tradizionali forme di reciprocità fra le generazioni. D’altro canto, però, altri interlocutori lamentano la perdita della propria indipendenza a causa della recente digitalizzazione dei servizi. In questi casi, la dipendenza dal supporto dei figli e delle nuove generazioni è vista come un impoverimento del proprio status individuale e come una forma di controllo che limita la realizzazione personale.
Al tempo stesso, notiamo come nei piccoli paesi (minori di 5000 abitanti), in cui vi è una presenza inferiore di attività commerciali, servizi, trasporti e possibilità ricreative, le giovani generazioni tendono a spostarsi nelle piccole cittadine (sui 10 000 abitanti) e non vivono in prossimità dei propri genitori. Ciò sembrerebbe avere un impatto sulle persone anziane più fragili con condizioni di salute precarie, redditi bassi e ridotte reti famigliari, rinforzando le forme di esclusione sociale a cui erano già soggette in presenza (es., la scarsità di trasporti pubblici).
|