Immaginari generici di guerra: le immagini stock AI-generated del conflitto israelo-palestinese nel caso Adobe
Chiara Spaggiari, Laura Gemini, Stefano Brilli
Università di Urbino Carlo Bo, Italia
Il rapporto tra immagini fotorealistiche AI-generated e fotografiche è diventato più complesso a partire dall'estate del 2022, dopo la popolarizzazione dei generative visual media (Arielli, Manovich 2023). Il costante sviluppo e miglioramento di questi sistemi sta riconfigurando il modo in cui viene costruito il senso di autenticità delle immagini come rappresentazioni della realtà, per cui l'ambiguità percettiva tra le immagini sintetiche e quelle fotografiche è il problema centrale negli ambiti del fotogiornalismo e della fotografia documentaria (Lehmuskallio et al. 2018).
L’efficienza e la facilità con cui si possono generare immagini attraverso software di AI appaiono funzionali per le logiche dei siti di stock images (Blaschke 2014), intesi come sistemi industriali per la produzione, raccolta e vendita di immagini come merce, tra cui rientra la categoria della fotografia editoriale e documentaria (Frosh 2008). Il ruolo delle piattaforme di stock images è dunque centrale nelle dinamiche della visual economy che influisce sulla strutturazione degli immaginari collettivi in relazione a notizie ed eventi (MacKanzie, Munster 2019; Aiello et al. 2023).
Per osservare come cambia il rapporto tra genericità e documentalità dell’immagine con i generative visual media, il seguente paper prende in considerazione il caso paradigmatico della vendita di immagini fotorealistiche sulla guerra israelo-palestinese da parte di Adobe Stock.
Dopo lo scoppio della guerra a Gaza il 7 ottobre 2023, Adobe Stock ha infatti iniziato a raccogliere immagini user AI-generated, che i clienti paganti hanno potuto scaricare e pubblicare sui media online. Si è quindi sviluppato un dibattito pubblico quando, nella diffusione da parte di news media, è mancata la contestualizzazione della loro natura AI-generated.
Nella prima fase, per rintracciare attori ed elementi in gioco nel caso di Adobe, è stato raccolto un campione di 55 articoli online, pertinenti la vicenda, attraverso Google News. L’analisi del contenuto ha messo in luce il ruolo degli attori coinvolti nelle dinamiche della visual content industry (Frosh 2003), tra prosumer, stock agencies, news media online e social media. Da questa prima analisi, l’ambiguità tra immagini AI-generated fotorealistiche e fotografiche, appare giocarsi su tre elementi: l’importanza dei metadati degli oggetti visivi, l’estetica e la retorica delle rappresentazioni di guerra e le didascalie a corredo, considerate sia a titolo di indice sulle piattaforme di stock images che nell’utilizzo da parte dei news media.
In secondo luogo, seguendo il modello tripartito per la Visual Methodology proposto da Rose (2016), ci siamo concentrati sul piano rappresentazionale delle immagini (site of image itself), sulla loro modalità di produzione (site of production) e sulle dinamiche di circolazione e ricezione (site of audiencing).
A partire da un campione di immagini ricavato dagli articoli presi in considerazione, abbiamo condotto in prima istanza un'analisi del loro contenuto visivo, occupandoci dell’estetica composizionale, del loro significato iconografico e formale.
Sul lato della produzione, sono state raccolte e analizzate frequenze e co-occorrenze delle categorie e dei tag delle immagini AI-generated sul sito Adobe Stock reperibili con keyword legate alla guerra a Gaza. Infine, nella fase di ricerca ancora in corso sull’audiencing, si combinerà l’analisi del framing nei diversi contesti di uso online trovati tramite Google Reverse Images con 10 interviste con foto-stimolo assieme a testimoni qualificati individuati tra fotogiornalisti e photo-editor.
Visualising sustainability: un’analisi visuale della sostenibilità attraverso dati di marketing
Laura Bruschi
Università degli Studi di Milano, Italia
Da quando i consumatori hanno iniziato a notare, se non a vivere in prima persona, gli effetti della crisi climatica si è notato un incremento nei cosiddetti “consumi sostenibili”. La ricerca di mercato, da sempre fondamentale per monitorare, capire, e predire, i comportamenti dei consumatori, ha quindi iniziato a prestare sempre più attenzione alla sostenibilità, ad oggi diventato tema centrale per sia per i consumatori che per i produttori. Facendo uso di dati raccolti in un più ampio progetto di ricerca sulla costruzione sociotecnica degli insights di marketing, questo articolo presenta un’analisi dei dati digitali utilizzati da una agenzia di marketing digitale per lavorare al tema della sostenibilità.
La ricerca segue una concettualizzazione di agenzie di marketing come infrastrutture. In quest’ottica, le infrastrutture non sono uno sfondo neutrale, bensì detengono un predeterminato set di valori e vincoli che modellano il modo in cui si pensa e agisce all’interno dell’infrastruttura (Slota & Bowker, 2017). Inoltre, concettualizzandole come infrastrutture knowledge-based, le agenzie di marketing permettono la produzione e la circolazione di informazioni per il mercato (Araujo & Mason, 2021). In ottica infrastrutturale, le procedure di raccolta dati e di analisi, e i risultati prodotti dalle agenzie di marketing sono anch’essi condizionati dai valori e i vincoli dell’infrastruttura stessa.
Durante un più ampio studio sulla costruzione sociotecnica degli insight di marketing, ho avuto accesso a un’agenzia di marketing italiana che si occupa di raccogliere dati dei consumatori e di analizzarli per grandi aziende nazionali e internazionali. L’accesso al campo mi ha consentito anche di avere accesso a una parte di dati digitali usati per creare insights sul tema della sostenibilità, argomento su cui l’azienda lavora quotidianamente per soddisfare le richieste dei clienti. Il dataset cui ho avuto accesso, contiene circa 116000 post estratti dalle piattaforme di Instagram e Twitter e pubblicati tra l’inizio del 2019 e la fine del 2022. Da questi post, ho estratto più di 25000 immagini, visualizzate usando PixPlot, che consentono di mappare l’immaginario della sostenibilità dal punto di vista del marketing. Un campione di queste immagini è stato analizzato utilizzando Google Cloud Vision API, da cui ho estratto le cosiddette “web entities”, ovvero references testuali usate per identificare immagini visivamente simili o identiche. Infine, ho analizzato una parte di queste immagini con un’analisi qualitativa visuale.
Sulla base dell’analisi svolta, le immagini contenenti la keyword “sustainability” si mostrano come coerenti rispetto a un’infrastruttura di marketing che, nel rispettare le richieste dal mercato, cerca e – secondariamente – produce dati influenzati dai valori dell’infrastruttura. In questo senso, l’immaginario di sostenibilità su cui si basa la creazione degli insights di marketing è totalmente ripulito dagli elementi che possono essere disturbanti, come proteste e attivismo. La ricerca dettaglia i risultati di queste analisi per esplorare la costruzione sociotecnica del marketing e propone una riflessione su quei contenuti che vengono deliberatamente esclusi per creare insights che siano in linea con i valori di mercato.
A black woman doctor with three arms: a digital methods strategy for repurposing Midjourney hallucinations
Guido Anselmi1, Claudia Cantale2, Federico Pilati3
1Università degli Studi di Catania, Italia; 2Università degli Studi di Catania, Italia; 3Universita degli Studi di Bologna, Italia
In the utopian imaginary of the early internet there was a diffused consensus that technology was a positive force, promoting horizontal connections, grassroots activism and creating safe spaces for marginal and oppressed identities. Now that digital platforms constitute the backbone of surveillance capitalism, we are beginning to understand how discrimination, symbolic and physical violence constitute a core tenet of our collective digital lives. Namely the issue of digital discrimination is a dual tiered dilemma: on the one hand there is the continuation of offline discriminatory practices and forms of violence, for example women and gender minorities are subjected to nonconsensual pornography, digital harassment, and discrimination in web-based subcultures. On the other hand, recommender algorithms governing digital platforms both reinforce existing biases as well as producing other, novel forms of discrimination tied to specific affordances of each platform. The advent of large-scale language models for the production of images like Midjourney or DALL-E introduces a new layer of issues, as a large mass of users is now enabled to produce seemingly real images at a fraction of the cost these practices used to have. In essence artificial intelligence becomes a tool to influence the collective imagination: it directs our choices and our tastes in the direction of the majority, also shaping our "aesthetic self" (Manovich 2018)
With this contribution we want to leverage digital methods in order to investigate how the specific functioning of Midjourney may contribute to the production of gender stereotypes. At the same time, we want to repurpose Midjourney as a tool to enable a collective discussion in the role of technology in producing specific gender-biased imaginaries. As a matter of fact, Midjourney does not create art ‘ex nihilo’ but instead it relies on a wealth of training images it uses as a guideline to produce new ones. As a methodological standpoint, we follow the digital methods tenet claiming that algorithms are ‘epistemological machines’, not merely organizing information but producing new classifications according to their techno social functioning processes. Going beyond a mere methodological interest, in a context of emancipatory social research, our point is that generated images may be used to explore the collective imaginary on very specific issues and chart pre-existing stereotypes in the training set.
In practical terms: we have generated Midjourney images depicting traditionally white cis male professional roles (es. surgeon, firefighter, policeman, airline pilot etc.); to each prompt describing professional roles we have then applied, iteratively, additional requests (woman surgeon, black woman surgeon, asian woman surgeon) leading to a second group of images. We have, then, presented all those images in the context of a series of informal focus group in which most participants were tech-savy young women, in that context we have asked them to outline when and how the image was the likely result of an ‘hallucination’ (a lack of source material resulting in grossly disproportionate anatomy or surreal scenarios) and a) to discuss which prompts were most likely to generate hallucinations and why b) to assess the level and kind of stereotypization produced by the LLM model.
Le copertine dei fashion magazine tra produzione culturale e nuove geografie della moda: l’eredità di Vogue Italia e le narrazioni della Generazione Z
Eleonora Noia1, Silvia Mazzucotelli Salice2, Michele Varini3, Ludovica Carini4
1Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia; 2Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia; 3Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia; 4Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia
Questo articolo indaga l'eredità, in termini di narrazioni e rappresentazioni della diversità, delle copertine di Vogue Italia per la Generazione Z.
Nello specifico il paper, attraverso l’analisi visuale (Rose, 2016) e testuale, confronta due diversi corpora: 754 copertine di Vogue Italia (da ottobre 1964, prima pubblicazione di Vogue Italia, a febbraio 2024), raccolte utilizzando l'Archivio Digitale di Vogue Italia; e 88 copertine di riviste di moda create da studentesse e studenti in esperienze didattiche svolte negli A.A. 2020/2021 (52) e 2023/2024 (36). La creazione delle copertine di riviste di moda è parte di una ricerca esplorativa, avente l’intenzione di verificare narrative e rappresentazioni della moda, del corpo e della relazione moda e cambiamenti socio-culturali, della Generazione Z, interrogandosi sull’influenza delle narrazioni dominanti proposte dalla comunicazione tradizionale della moda e dai fashion magazine.
Infatti, le riviste di moda non sono solo prodotti editoriali (Moeran, 2006). Piuttosto, esse sono sia prodotti culturali che merci: la produzione delle riviste è caratterizzata da una proprietà di 'audience multipla', che include lettori, inserzionisti e il mondo della moda stesso. Questo consente alle riviste di collegare la produzione culturale alla ricezione della moda, da un lato contribuendo a formare un concetto collettivo di cosa sia la moda e, dall'altro, trasformando la moda come idea astratta e discorso estetico in contenuto materiale – o immateriale, se consideriamo l’influenza della comunicazione tradizionale della moda anche sulla costruzione dei discorsi legati al corpo e alla moda negli ambienti di gioco virtuale (Noia e Varini, n.d.) e da parte dell’Intelligenza Artificiale generativa visuale.
Le narrazioni delle riviste di moda contribuiscono alla costruzione dell'identità individuale e collettiva, ma riflettono e interpretano anche i valori, le norme e le aspirazioni della società in un determinato momento storico (McCracken, 1993). Le copertine offrono quindi una lente attraverso cui esaminare la moda come fenomeno sociale più ampio.
Il paper, attraverso il primo corpus, ricostruisce il discorso egemonico di Vogue Italia, assumendo che esprima il tipico modo italiano di creare ed esprimere la moda femminile, riflettendo le rappresentazioni della diversità che hanno caratterizzato il discorso pubblico nell'ultimo secolo. Vogue Italia mostra ancora una limitata rappresentazione delle differenze etniche, di età, e di conformità, sebbene in aumento nelle copertine dell’ultimo decennio. Tuttavia, pur riconoscendone il merito di cercare di scardinare immaginari obsoleti, non mancano contraddizioni (Carini e Mazzucotelli, 2023).
Il secondo corpus rivela gli immaginari e le narrative sulla moda delle studentesse e degli studenti, evidenziando come le identità siano state plasmate nel tempo e come gli standard di femminilità, bellezza, e più in generale il discorso-moda, stiano modificandosi, aprendosi a rappresentazioni plurali e più inclusive.
La comparazione tra l'apparato di Vogue Italia e le copertine prodotte dagli studenti mostra elementi di continuità nell'uso comunicativo e strumentale della moda, secondo la pratica del remix (Navas et al., 2015). In secondo luogo, dimostra che gli studenti hanno assimilato con successo i codici narrativi tipici dei tradizionali media di comunicazione della moda: infatti, le copertine di studentesse e studenti confermano questa sostanziale conformità ai codici normativi di rappresentazione del corpo. Tuttavia, reinterpretano le immagini e le rappresentazioni diffuse secondo nuove sensibilità, portando così nel discorso pubblico temi come la sostenibilità, il genere, la diversità culturale e i canoni di bellezza, la positività del corpo, gli stereotipi, ecc. (Noia et al., 2023). Anche la rappresentazione di individui razzializzati emerge in relazione a specifici temi, attraverso personaggi legati alla musica (Peggy Gou, Rosalia, Travis Scott e ASAP Rocky), alla politica (Kamala Harris), a progetti legati alla sostenibilità (Pharrell Williams), alla diversità intesa in un senso ampio di accettazione del proprio corpo e delle proprie peculiarità (Winnie Harlow).
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