Programma della conferenza

VI Convegno Nazionale SISCC “Possiamo ancora capire la società. Comprensione, previsione, critica.” / Roma, 20/21 giugno 2024

Il convegno 2024 della SISCC, in continuità con quelli degli scorsi anni, intende esplorare le complesse relazioni fra potere e pratiche creative, il corto-circuito fra emersione e anestetizzazione del conflitto sociale nonché le potenzialità che provengono da esperienze diffuse ma non necessariamente connesse. La SISCC ritiene che l’immaginazione sociologica debba essere supportata da una capacità di analisi scientifica e da una comprensione critica della società. Quale può essere allora il nostro ruolo di scienziati e scienziate sociali? E, in particolare, quale contributo possiamo dare alla comprensione della società proprio a partire dallo studio dei processi culturali e comunicativi che attraversano il nostro tempo?

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 4 - Panel 4: Influ-attivismo: nuove forme di impegno civico tra attivismo digitale e influence culture
Ora:
Venerdì, 21.06.2024:
9:00 - 10:30

Chair di sessione: Marco Pedroni
Luogo, sala: Aula Falcone e Borsellino


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Presentazioni

Influ-attivismo: nuove forme di impegno civico tra attivismo digitale e influence culture

Maria Francesca Murru1, Marco Pedroni2, Simone Tosoni3, Maria Angela Polesana4, Francesca Comunello5, Paolo Bory6, Arianna Bussoletti5, Elisabetta Risi4

1Università degli Studi di Bergamo, Italia; 2Università di Ferrara; 3Università Cattolica del Sacro Cuore; 4Università IULM; 5Sapienza Università di Roma; 6Politecnico di Milano

Chairperson: Marco Pedroni, Università di Ferrara

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Nel contesto di pervasiva digitalizzazione delle relazioni sociali e politiche sta emergendo con forza la figura dell’influ-activist, soggetto che si colloca a metà strada tra l’attivismo digitale e la influence culture. Il panel si propone di esplorare questa intersezione, attraverso l’analisi di pratiche, strategie comunicative, e impatto sui pubblici di questi nuovi attori del cambiamento sociale.

Il primo contributo, Gli influ-activist nell’ecosistema digitale: Pratiche, interazioni e pubblici, apre il dibattito focalizzandosi sugli influ-activist come soggetti produttori di contenuti nell’ecosistema digitale e proponendo un inquadramento disciplinare del fenomeno attraverso una mappatura delle principali sfide che questo pone alla ricerca empirica e alla riflessione teorica. A questo scopo, si propone uno schema d’analisi tripartito, che si focalizza innanzitutto sugli influ-activist come attori emergenti dell’ecosistema comunicativo digitale, indagandone tanto le strategie comunicative e di validazione, quanto le valorizzazione della propria presenza online; in secondo luogo, si indaga la dimensione ecosistemica del fenomeno, focalizzandosi sulla relazione tra influ-activist e il complesso network di attori, umani e non umani, con cui essi sono in relazione di cooperazione/competizione/scambio; infine, ci si concentra sulle loro audience interconnesse, tanto nelle attività online quanto in quelle offline. In particolare, tale schema analitico verrà utilizzato per affrontare il problema chiave del difficile equilibrio tra autopromozione e impegno civico che caratterizza l'influ-activismo contemporaneo.

Il secondo paper, Influ-activist: tra digital feminism e logiche delle piattaforme, si concentra sul ruolo degli influ-activist nel contesto del digital feminism su Instagram. Attraverso l’analisi di pratiche e auto-rappresentazioni di influ-activist italiani, il contributo esplora la dialettica tra visibilità mediatica e vulnerabilità, evidenziando come le logiche delle piattaforme influenzino e, talvolta, limitino le potenzialità dell’attivismo femminista nel contesto della neoliberal visual economy.

Il terzo paper, Che genere di influencer, tra femminismo e retorica, indaga l’efficacia e l’autenticità dell’attivismo femminista promosso da influencer attiviste. Attraverso una prospettiva critica, il lavoro analizza il ruolo e l’impatto di queste figure nel promuovere l’uguaglianza di genere e amplificare le voci marginalizzate, riflettendo sui limiti e sulle sfide poste dall’attivismo online nel contesto del femminismo neoliberale.

Il panel si chiude con il contributo Normalizzare la resistenza alla ‘scienza’. I catalizzatori del dissenso alla prova della fase post-pandemica. Attraverso l’osservazione etnografica online, il contributo esplora il rapporto tra influ-activism e contestazione dell’autorevolezza veridittiva della scienza ufficiale. L’analisi delle strategie comunicative ed economiche di un cluster di influ-activist mostra come sia oggi in atto un processo di ‘normalizzazione’ del dissenso alla scienza, che segue la fase di ‘catalizzazione’ tipica della crisi pandemica. Questi influencer hanno agito come mediatori neutrali amplificando le voci degli esperti ‘alternativi’ e delle comunità critiche verso le politiche scientifiche istituzionali. Tali dinamiche di resistenza si inseriscono nell'ecosistema digitale, rappresentando un ulteriore esempio ibrido tra attivismo digitale e cultura dell’influenza.

Complessivamente, il panel si propone di offrire una riflessione critica e articolata sul fenomeno dell’influ-attivismo, stimolando un dibattito sulla capacità degli influ-activist di agire come catalizzatori di cambiamento, sfidando o interiorizzando le strutture di potere e promuovendo nuove forme di impegno civico nell’ecosistema digitale.

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Gli influ-activist nell’ecosistema digitale: Pratiche, interazioni e pubblici

Maria Francesca Murru, Università di Bergamo
Marco Pedroni, Università di Ferrara
Simone Tosoni, Università Cattolica di Milano

Il contributo di apertura del panel intende mettere a fuoco il fenomeno degli influ-activist come soggetti comunicatori nell’ecosistema digitale contemporaneo, analizzando le modalità di legittimazione sociale e simbolica e l’interdipendenza con un ecosistema digitale che impone specifici regimi di visibilità e di attenzione. Obiettivo dell’analisi è comprendere come questi attori ibridi navighino tra autopromozione e impegno sociale, tra logiche della visibilità e commitment verso cause politiche e sociali. Il framework analitico proposto tiene conto di tre dimensioni principali:

  1. Gli influ-activist come soggetti comunicatori: ci concentreremo innanzitutto sull’analisi delle diverse tipologie di influ-activist, esaminando come si autodefiniscono e le strategie di legittimazione che adottano per acquisire capitale simbolico. L’attenzione sarà rivolta anche alle loro strategie comunicative e commerciali, inclusa la transmedialità, all’intersezione tra impegno sociale e logiche di mercato.

  2. L’ecosistema digitale degli influ-activist: in secondo luogo esploreremo l’ecosistema digitale che permette agli influ-activist di consolidare la propria presenza. Analizzeremo il rapporto tra le pratiche comunicative degli influ-activist e le affordances delle piattaforme digitali, nonché le interazioni con una varietà di attori eterogenei, incluse collaborazioni e conflitti con il mondo politico, movimenti sociali, brand, e media mainstream.

  3. I pubblici degli influ-activist: infine ci focalizzeremo sui pubblici degli influ-activist, indagando le dinamiche d’interazione e le forme di ricezione dei contenuti comunicativi.

La proposta mira a offrire un contributo fondativo allo studio di un fenomeno che è indagato dalla letteratura sotto una pluralità di etichette, quali networked o digital media activism, attivismo performativo, contentious publicness e altre (Land 2009, boyd 2011, Tufekci 2013, Rambukkana 2015, Papacharissi 2015, Boccia Artieri 2021; Kavada e Poell 2021, Treré & Kaun 2021; Zurovac, Brilli & Ricci forthcoming; Repo, 2020). Inoltre, intende offrire un’analisi critica di come il potere si manifesti e venga contestato negli spazi digitali. Gli influ-activist, infatti, operando all’incrocio tra comunicazione, attivismo e logiche commerciali, attivano complesse relazioni tra potere e pratiche creative. La loro capacità di usare piattaforme digitali per mobilitare l’opinione pubblica, promuovere cambiamenti sociali o politici, e allo stesso tempo sfruttare le logiche commerciali del mercato, innesca un corto-circuito tra nuove forme di politicizzazione e l’anestetizzazione del conflitto sociale all’interno della influence culture.

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Influ-activist: tra digital feminism e logiche delle piattaforme

Francesca Comunello (Sapienza Università di Roma)
Arianna Bussoletti (Sapienza Università di Roma)

Il contributo si focalizza sulle pratiche di alcunə influ-activist italianə su Instagram, collocandosi nel filone di analisi del networked feminism (Clark-Parsons, 2022) e dell’hashtag feminism (Myles, 2018), adottando una prospettiva di mutual shaping di genere e tecnologia (digitale).

Selezionata per via della sua diffusione fra i pubblici di giovani e giovani adulti e per via delle specifiche caratteristiche di un ambiente basato prevalentemente sulla comunicazione (audio-) visiva e sul ricorso agli hashtag, la piattaforma Instagram rappresenta un punto di osservazione privilegiato per analizzare la dialettica tra le logiche di visibilità tipiche dei social media (Van Dijck e Poell, 2013), in cui operano il «popular feminism» (Banet-Weiser et al., 2018) e il «neoliberal feminism» (Rottenberg, 2014), e le dinamiche di vulnerabilità cui sono espostə content creator e influencer. Analizzando le pratiche di negoziazione dellə utenti con le affordances della piattaforma e le sottese social media logics, oltre che il posizionamento dellə protagonistə nel più ampio contesto del digital feminism, la nostra riflessione osserva potenzialità e limiti di un’azione femminista che si dispiega nell’ambito della «neoliberal visual economy» di Instagram (Mahoney, 2022).

Concretamente, abbiamo selezionato 11 profili Instagram di alcunə influ-activist italianə, visibili in relazione a temi e prospettive femministe e/o di genere. Facendo riferimento alla prospettiva per cui il femminismo si concentra sulle diseguaglianze di genere «all’interno di una matrice di altre forme di oppressione», che includono anche la sessualità (Gill, 2007, p.25), oltre che all’intersezionalità insita nel femminismo di quarta ondata (Pruchniewska, 2018), abbiamo inteso come femministi anche profili che si riferissero a tematiche e pratiche prevalentemente legate ai diritti LGBTQ+. Analizzando i post prodotti in un arco temporale di tre mesi, abbiamo considerato elementi quali i temi affrontati, gli hashtag utilizzati, gli stili espressivi, le forme di auto-presentazione, le reazioni degli e delle utenti.

La nostra analisi mette in luce potenzialità e limiti dell’attivismo femminista e di genere su Instagram, offrendo un panorama variegato delle pratiche e auto-rappresentazioni legate all’essere influ-activist su questa piattaforma. Se, da un lato, la maggior parte dei profili si spende per la disseminazione di messaggi femministi, dall’altro è possibile evidenziare un’adesione alle logiche di piattaforma e ai meccanismi dell’attention economy. Riscontriamo, in particolare, l’assenza di esplicite forme di problematizzazione dell’utilizzo di Instagram per l’attivismo, nonché un’aderenza non necessariamente critica ai canoni auto-rappresentativi delle influencer mainstream del panorama italiano, con l’eccezione di alcuni account caratterizzati da forte componente verbale anziché visiva. Allo stesso modo, riscontriamo un’adesione a forme di rappresentazione normative della bellezza, le quali sono sovvertite solo nel caso di alcunə influ-activist LGBTQ+. In questi processi, è possibile evidenziare l’influenza esercitata dalle sensibilità del popular feminism e del neoliberal feminism suə creator individuatə. Attraverso la curatela di un profilo personale, piuttosto che di una pagina associativa, emerge necessariamente l’idea dell’influ-activist e, per estensione, del femminismo come identità da performare più che come movimento, un’identità incentrata sulla singola persona e sulle sue pratiche di self-branding, sebbene queste non siano necessariamente normative ma enfatizzino anche forme di empowerment, per quanto individuali anziché legate a dimensioni strutturali.

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Che genere di influencer, tra femminismo e retorica

Maria Angela Polesana, IULM Milano
Elisabetta Risi, IULM Milano

L’emergere del femminismo neoliberale ha suscitato dibattiti sull’efficacia e sull’autenticità dell’attivismo, specialmente negli spazi online. Questo abstract esplora il ruolo delle influ-activist nel campo del femminismo, analizzando il loro impatto, le sfide e le sfumature del loro coinvolgimento nelle questioni sociali.

Partendo dalla prospettiva di genere come pratica dinamica e performativa, (ri)prodotta attraverso una serie di atti (Butler, 2020), il presente lavoro si colloca nel contesto in cui il genere è storicamente costruito, socialmente e culturalmente determinato (ibid., 1990). In questo scenario, il corpo rappresenta una delle principali ‘evidenze’, come parte visibile e oggettificata della rappresentazione di genere.

Attraverso l’analisi di questi processi comunicativi entro cui il genere è collocato come risultante da processi condivisi di costruzione sociale (Connell 2002, Poggio 2006), esploreremo i casi di alcune influencers attive nel panorama femminista contemporaneo, con particolare attenzione a figure come Giulia Blasi, Irene Facheris, Giorgia Soleri e Federica Fabrizio. Esaminando criticamente il panorama in evoluzione del femminismo digitale e il ruolo di queste influencers al suo interno, si discuterà del modo in cui esse navigano la complessità dell’attivismo online nel contesto del femminismo neoliberale, affrontando interrogativi sulla autenticità, cooptazione e commercializzazione del discorso femminista.

Partendo dalla teoria femminista critica e dagli studi sui media, il nostro contributo esamina come queste influencers negozino la loro presenza online per sfidare le strutture patriarcali, promuovere l’uguaglianza di genere e amplificare le voci marginalizzate. Attraverso un’analisi comparativa delle loro strategie, dei contenuti e dell’interazione con il pubblico, rifletteremo sull’efficacia e sui limiti dell’attivismo degli influencer nel promuovere agende con tematiche femministe.

Presenteremo dunque alcune riflessioni a partire da una ricerca empirica, attraverso un’analisi del discorso (dei contenuti pubblicati attraverso i social media) che ha mappato e problematizzato il modo in cui queste influencer mobilitano le loro piattaforme per affrontare diverse questioni femministe (dalla critica al corpo “bello e sano”, alla discriminazione lavorativa, ai diritti LGBTQ+). A partire da alcuni esempi degli studi di caso, discuteremo le complessità dell’influ-attivismo all’interno del quadro del femminismo neoliberale, considerando importanti questioni quali autenticità, cooptazione e mercificazione del discorso femminista.

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Normalizzare la resistenza alla “scienza”. I catalizzatori del dissenso alla prova della fase post-pandemica

Paolo Bory, Politecnico di Milano

La presentazione riprende un lavoro di ricerca etnografica online svolto tra il 2020 e il 2023 sui meccanismi e i fattori che influenzano le comunità di conoscenza rifiutata nel contesto italiano, (autore). Durante il periodo di ricerca empirica, e in particolare negli spazi di conversazione e scambio informativo tra gli utenti, è stata identificata una particolare tipologia di influencer, definita “catalyst of dissent” (catalizzatore del dissenso - CDD). Con particolare riferimento al contesto pandemico, in cui la ricerca empirica ha avuto luogo, i catalizzatori del dissenso si presentavano come testimoni imparziali che mediavano “le voci trascurate o inascoltate” degli esperti cosiddetti “alternativi” e di quelle comunità che criticavano le scelte e i metodi adottati dalle élite scientifiche per gestire la pandemia. Ancora oggi, i CDD, possono mediare non solo controversie scientifiche, ma porsi come amplificatori di una varietà di argomenti e comunità non sempre coerenti tra loro; non si concentrano quindi unicamente su un problema, un dibattito, o un’unica battaglia ideologica, ma tendono ad agire come veri e propri testimoni neutrali.

Nonostante ciò, è chiaro che nel dibattito pubblico la polarizzazione tra scienza istituzionale e movimenti/attori considerati “antiscientifici” ha favorito e nutrito sia la crescita degli utenti e i contenuti e le risorse che gli stessi hanno fornito ai catalizzatori, durante e dopo la pandemia. Seppur facilmente assimilabili al fenomeno dello science-related populism (Mede & Schafer 2020; Ylä-Anttila 2018), i catalizzatori del dissenso svolgono un ruolo di mediazione complesso, intrattenendo molteplici rapporti di interesse e a volte di co-dipendenza con le comunità e gli individui che li seguono e sostengono (Tosoni 2021). I catalizzatori si differenziano inoltre da altre forme di attivismo digitale come quelle descritte per esempio da Gerbaudo (2012), ponendosi spesso al confine tra ruoli diversi, come ad esempio quello di attivista e/o giornalista imparziale.

Dopo una breve introduzione al ruolo e alle caratteristiche chiave della figura del catalizzatore del dissenso, la presentazione intende ripercorrere la storia di alcuni catalizzatori che hanno svolto un ruolo chiave nel panorama mediale delle comunità di conoscenza rifiutate (per esempio, Stop-5G, comunità per la libertà di scelta vaccinale) durante la pandemia di Covid-19. Attraverso una breve re-immersione nel campo etnografico, il lavoro intende ricostruire come i diversi posizionamenti nel mercato mediale e le strategie comunicative adottate nel contesto italiano durante la pandemia abbiano portato queste figure, una volta centrali nell’ecosistema delle comunità di conoscenze rifiutate in Italia, a seguire traiettorie e parabole differenti fino ad oggi.

L’analisi si concentrerà in particolare sui seguenti aspetti: come sono stati costruiti e si sono modificati nel tempo gli asset mediali e organizzativi dei catalizzatori; se e in che misura lo spostamento nel tempo verso un tema centrale o piuttosto il mantenimento di un’eterogeneità narrativa (per esempio un progressivo spostamento del focus e dell’attivismo sul tema delle vaccinazioni, o il mantenimento di una lista eterogenea di argomenti da affrontare attraverso voci più o meno esperte) abbia favorito l’ascesa dei catalyst; come le precedenti azioni hanno influenzato o sono state dettate in parte o sostanzialmente da strategie di mercato di breve-medio periodo.



 
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