Programma della conferenza

VI Convegno Nazionale SISCC “Possiamo ancora capire la società. Comprensione, previsione, critica.” / Roma, 20/21 giugno 2024

Il convegno 2024 della SISCC, in continuità con quelli degli scorsi anni, intende esplorare le complesse relazioni fra potere e pratiche creative, il corto-circuito fra emersione e anestetizzazione del conflitto sociale nonché le potenzialità che provengono da esperienze diffuse ma non necessariamente connesse. La SISCC ritiene che l’immaginazione sociologica debba essere supportata da una capacità di analisi scientifica e da una comprensione critica della società. Quale può essere allora il nostro ruolo di scienziati e scienziate sociali? E, in particolare, quale contributo possiamo dare alla comprensione della società proprio a partire dallo studio dei processi culturali e comunicativi che attraversano il nostro tempo?

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 4 - Panel 3: Capire i media e il discorso pubblico sulle migrazioni. Strumenti concettuali e metodologie di analisi
Ora:
Venerdì, 21.06.2024:
9:00 - 10:30

Chair di sessione: Marco Binotto
Chair di sessione: Marco Bruno
Luogo, sala: Aula T01


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Presentazioni

Capire i media e il discorso pubblico sulle migrazioni. Strumenti concettuali e metodologie di analisi

Marco Bruno1, Marco Binotto1, Dario Lucchesi2, Andrea Cerase1, Marcello Maneri3, Andrea Pogliano4, Pierluigi Musarò5, Elena Giacomelli5, Stefania Peca5

1Sapienza Università di Roma, Italia; 2Università di Padova; 3Università di Milano Bicocca; 4Università del Piemonte Orientale; 5Università di Bologna

Chair: Marco Binotto, Marco Bruno - Sapienza Università di Roma

Nota introduttiva

L’«emergenza migratoria» è la crisi più duratura e trasversale alle opinioni pubbliche di moltissimi paesi, oltre a essere quella sottoposta forse con maggior costanza al vaglio di scienze sociali e media studies. Accanto al conflitto intorno alla definizione del discorso pubblico, una narrazione egemonica definisce da anni la questione, resistendo sia alla sfida dei cambiamenti storici sia alla capacità degli attori e delle scienze sociali di contrastarla. L’ultra trentennale storia della ricerca sociale su media e migrazioni offre un panorama nazionale e internazionale denso di ricerche con risultati ricorrenti ma spesso frammentati e disomogenei per metodi di analisi e per strumenti concettuali adottati.

Il panel propone un'articolata composizione di approcci applicabili allo studio di questi fenomeni, corrispondenti ognuno a una issue ricorrente. Il paper intitolato "Il processo di formazione della narrazione nativista nelle rappresentazioni mediatiche della migrazione. Un approccio comparativo orientato ai casi e basato sui sottogeneri giornalistici" offre l’esempio di una ricerca, nata in una prospettiva comparata, sulle grandi narrazioni nei media mainstream; il focus è su "frame" e "narrazioni", due costrutti analitici largamente usati sul tema e che, in particolare dal punto di vista metodologico, qui intersecano il ruolo e l'analisi dei sottogeneri giornalistici. L’intervento dal titolo "La criminalizzazione delle ONG nel soccorso dei migranti: il contributo dei Social-Media Critical Discourse Studies nell’analisi del discorso pubblico sulle migrazioni" tratta lo studio delle conversazioni nei social media intorno a uno dei temi che con maggiore intensità ha attraversato il dibattito negli ultimi anni, la criminalizzazione delle azioni di soccorso e supporto dei migranti; il paper illustra la necessità di integrazione di tecniche quali-quantitative in grado di tenere insieme la dimensione macro, spesso analizzata con grandi quantità di dati, con il livello micro indispensabile per l'analisi critica delle strategie discorsive/argomentative. Il terzo paper - "Le lotte per l’accoglienza dei migranti e per i diritti di cittadinanza dei loro figli: gli spazi di narrazione possibili" - offre uno sguardo su attori sociali e richieste di voice delle “nuove generazioni” incentrato su interviste e sull'analisi qualitativa di campagne, nell'ottica della sfida alle narrazioni dominanti.

Il contributo dal titolo "Imaginary wor(l)ds. Metodi creativi per indagare la relazione tra crisi climatica e mobility justice" si focalizza sulle migrazioni derivanti dal cambiamento climatico, una delle declinazioni più rilevanti del fenomeno, e su come queste - sempre in termini di rappresentazione mediale e di discorso - si leghino a questioni etiche e di giustizia, oltre al rilievo epistemico assunto dalle questioni ambientali nella configurazione di rapporti tra nord e sud globali; in questo senso, il paper lavora su un metodo "creativo" per ricostruire quali siano gli immaginari sociali di differenti pubblici significativi, affrontando così in termini espliciti la "strettoia" che talvolta si pone tra metodi consolidati o routinari utilizzati, invece, per l'analisi di realtà emergenti o più sfumate, e in cui è evidente il peso delle rappresentazioni, anche riflessive, dei soggetti.

In sintesi, ognuna di queste prospettive, oltre a investigare su ambiti specifici, propone una diversa cassetta degli attrezzi metodologica e una riflessione epistemologica decisamente utili alla comprensione della società attraverso i media. La riflessione sui principali approcci teorici, strumenti concettuali e scelte metodologiche appare non solo utile sul piano della sistematizzazione delle conoscenze sul rapporto tra media e migrazioni, ma consente di allargare lo sguardo ad alcuni dei principali nodi critici dei media studies. Tra questi, ci limitiamo a segnalare la relazione tra regimi di rappresentazione e agency dei soggetti, l'impatto della frammentazione e polverizzazione dei contenuti digitali su forme di discorso pubblico più complessive e coerenti, il ruolo e le diverse chances di potere simbolico che i diversi attori esercitano nella costruzione di immaginari sociali.

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La criminalizzazione delle ONG nel soccorso dei migranti: il contributo dei Social-Media Critical Discourse Studies nell’analisi del discorso pubblico sulle migrazioni

Dario Lucchesi
Università degli Studi di Padova
Andrea Cerase
Sapienza Università di Roma

Nei contesti dei social media come spazi interattivi, multimodali e circularly networked (KhosraviNik, 2018), l’analisi del discorso pubblico sulle migrazioni, ha stimolato nuove riflessioni teoriche e metodologiche negli studi critici del discorso, sottolineando il ruolo delle piattaforme nel riconfigurare la relazione tra discorso e potere (Khosravinik & Unger, 2015; Khosravinik & Esposito, 2024). È acceso infatti il dibattito negli emergenti Social Media-Critical Discorse Studies nel considerare il contenuto discorsivo come non separato dalle pratiche digitali di produzione, distribuzione e consumo, tenendo conto delle affordances come like, condivisioni e hashtag (Khosravinik & Esposito, 2024). Inoltre, la comunicazione sui social media ha dato origine a una nuova dinamica di comunicazione che rende necessario riconsiderare la linearità dei flussi di contenuti e le gerarchie consolidate del potere mediale (Khosravinik & Unger, 2015).

Un tema che negli ultimi anni ha evidenziato tali dinamiche all’interno del discorso pubblico sulle migrazioni, è la criminalizzazione delle Organizzazione Non Governative impegnate nel soccorso in mare dei migranti, diventata particolarmente evidente con l’inasprirsi della “crisi dei rifugiati” iniziata nel 2015 (Cerase & Lucchesi, 2022; Lucchesi & Cerase, 2023). Tale processo, se da una parte rientra nel consolidato “frame dell’emergenza” (Dal Lago, 2012; Combei & Giannetti, 2020; Binotto, 2022), esso evidenzia anche la centralità delle piattaforme come arene di discussione pubblica, di disintermediazione e ri-mediazione di pratiche comunicative (van Dijck, Poell & de Waal, 2019) che coinvolgono una pluralità di attori: politici, giornalisti, esponenti del mondo umanitario, ma soprattutto di account che si presentano come “persone comuni” che prendono posizione nel dibattito, contribuendo a favorire la normalizzazione della retorica anti-immigrazione (Krzyżanowski, 2020).

Il contributo intende presentare e discutere le opportunità e i limiti di un approccio multidisciplinare quanti-qualitativo che integra alcuni aspetti dei digital methods e dell’analisi delle metriche delle piattaforme (Rogers, 2016), della linguistica del corpus e dell’analisi critica del discorso (Baker et al. 2008; Marchi & Taylor, 2018). L’utilizzo congiunto di queste tecniche è parte di una strategia di ricerca volta a estrarre e sintetizzare l’informazione rilevante partendo da grandi quantità di dati (come metriche e linguaggio utilizzato) fino ad arrivare alle strategie discorsive/argomentative a livello micro (come topoi e strategie di legittimazione).

Il caso di studio ha preso in esame Twitter, sia come arena privilegiata per comprendere il dibattito pubblico e ambiente di scambio tra politici, giornalisti e “utenti comuni”, sia perché è possibile fondare le osservazioni su grandi quantità di dati utilizzando in modo coordinato e articolato quest’approccio quanti-qualitativo.

Il contributo intende dunque presentare e riflettere attorno agli aspetti metodologici e concettuali a partire da un corpus di oltre 800.000 tweet postati tra il 2017 e il 2020 riguardanti il tema della criminalizzazione delle ONG.

Dal punto di vista delle metriche, lo studio ha preso in considerazione i metadati della piattaforma riferiti agli attori più influenti nella costruzione del discorso (n° di mention, n° di tweet pubblicati, n° di retweet e rapporto di retweet/tweet). L’analisi del lessico si focalizza, invece, sulla distribuzione quantitativa di parole e si pone come punto di partenza per indagare la superficie linguistica del discorso e i suoi cambiamenti nel corso del tempo. Infine, l’analisi critica del discorso tende a concentrarsi sull’analisi qualitativa dei temi che hanno contribuito maggiormente al processo di criminalizzazione delle ONG utilizzando alcuni strumenti tipici del campo come i topoi (Reisigl & Wodak, 2001; Hart, 2013; Wodak, 2015) e le strategie di (de)legittimazione (van Leeuwen & Wodak, 1999) frequentemente utilizzate nel dibattito pubblico europeo sulle migrazioni.

Il contributo intende dunque riflettere sulle implicazioni epistemologiche dell’integrazione dei metodi nell’ambito dei Social-Media Critical Discourse Studies e la loro applicazione all’analisi del dibattito pubblico sulle migrazioni prodotto e riprodotto contemporaneamente da istituzioni e utenti comuni all’interno delle piattaforme digitali, che si presenta come frammentario, fortemente polarizzato e politicizzato. Da un punto di vista metodologico il contributo si propone di riflettere sulle implicazioni degli approcci quanti-qualitativi volti ad estrarre e sintetizzare informazioni rilevanti da grandi quantità di dati, al fine di garantire un collegamento coerente tra premesse teoriche ed evidenze empiriche, con l’obiettivo di esplicitare in modo più efficace la relazione tra discorso, potere e ideologia, svelando e decostruendo i processi di costruzione dell’alterità (Wodak & Meyer 2001; Reisigl & Wodak 2001).

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Il processo di formazione della narrazione nativista nelle rappresentazioni mediatiche della migrazione. Un approccio comparativo orientato ai casi e basato sui sottogeneri giornalistici

Marcello Maneri
Università di Milano-Bicocca

Le rappresentazioni mediatiche delle migrazioni sono un argomento consolidato di indagine scientifica. Due costrutti analitici spesso impiegati in queste ricerche sono quello di “narrazione” e quello di “frame”. Usando il concetto di narrazione si pone lo sguardo sui personaggi, le catene di azioni e la loro agency, l’attribuzione di causalità e la relativa generazione di emozioni e giudizi morali. Con la lente del frame, invece di concentrarsi sulla mise en intrigue, si descrivono le cornici interpretative generali, le angolazioni attraverso le quali sono costruite e fruite le notizie. Nella ricerca comparativa sulle narrazioni di migrazione qui presentata, queste due categorie analitiche sono usate congiuntamente, per restituire la dimensione dinamica, qualitativa e testuale, nel caso della narrazione, consentendo allo stesso tempo un confronto transnazionale e cross-mediale, grazie alla maggiore astrazione dei frame. Questo confronto viene controllato introducendo il concetto di sotto-genere, col quale si intendono "famiglie" di notizie accomunate da argomento, fonti prevalenti, copioni tipizzati e cornici ricorrenti, che presentano diverse strutture di opportunità per vari tipi di narrazione e narratori.

La comparazione tra i frame e le narrazioni caratteristici di questi sotto-generi giornalistici (nel nostro caso, arrivi di rifugiati, dibattiti sui diritti dei non-cittadini, e attacchi terroristici), tra paesi di vecchia e nuova immigrazione – ma più che altro con peculiari conversazioni pubbliche sull'identità e l'appartenenza – e tra diverse piattaforme, ovvero stampa, televisione e social media, permette di avanzare alcune generalizzazioni a partire da 17 casi di studio condotti in sei Paesi europei coinvolti nel progetto BRIDGES del programma H2020. Il boundary making operato dalle varie narrazioni, il loro framing, l'accesso alla posizione di narratore nel sistema mediatico ibrido, e le strategie utilizzate per sfruttare o contrastare gli squilibri di potere ivi presenti, mostrano declinazioni diverse al variare non solo di alcune caratteristiche nazionali e del tipo di piattaforma, ma anche del sotto-genere considerato.

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Le lotte per l’accoglienza dei migranti e per i diritti di cittadinanza dei loro figli: gli spazi di narrazione possibili

Andrea Pogliano
Università del Piemonte Orientale

Prendendo spunto da una più ampia ricerca europea sulle narrazioni delle migrazioni (progetto H2020, BRIDGES), l’intervento presenterà due campagne che hanno cercato di sfidare le narrazioni egemoniche su migrazioni e cittadinanza. La prima è Io Accolgo, fondata nel 2018 da un'ampia rete di organizzazioni per opporsi a diversi aspetti dei decreti sicurezza approvati quell'anno, in particolare a quelli che ridimensionavano il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati. La seconda è "Dalla parte giusta della storia", nata nel 2020, dopo una gestazione all'interno delle reti e delle organizzazioni di figli di migranti che si battono per la riforma della legge sulla cittadinanza e per contrastare il razzismo istituzionale. Sulla base di una ricerca qualitativa condotta attraverso interviste agli attori-chiave delle campagne, analisi della comunicazione prodotta e della visibilità mediatica, si discuteranno le principali narrazioni e strategie di comunicazione, concentrandosi sulla posizionalità degli attori sociali che promuovono le campagne, sui processi di costruzione e decostruzione dell’opposizione noi-loro e sulle opportunità politiche.

Le due campagne mostrano differenze strutturali significative: in termini di valori e interessi interni (omogeneità vs. eterogeneità), in termini di vicinanza al potere e alla politica (posizione non egemonica vs. parzialmente egemonica), in termini di chi parla a nome di chi (italiani bianchi che parlano a nome dei migranti vs. figli di migranti che parlano a nome di se stessi), in termini di prospettiva generazionale, etc. Queste differenze hanno avuto effetti diretti sulle strategie mediatiche e politiche, sulla sperimentazione e sull'originalità delle narrazioni e anche sui diversi modi in cui le due campagne hanno ottenuto un parziale successo mediatico.

Con questo paper si intende porre l’accento sull’importanza della costruzione dal basso di altre narrazioni in un discorso pubblico in cui i media giornalistici hanno ancora un ruolo fondamentale nel dare e nel negare spazi di parola e nell’imporre i frame con i quali da troppo tempo si ragiona di migrazioni e cittadinanza. Si intende anche esplorare i concetti e i metodi per indagare questi spazi di produzione e i messaggi cui danno forma.

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Imaginary wor(l)ds. Metodi creativi per indagare la relazione tra crisi climatica e mobility justice

Pierluigi Musarò, Elena Giacomelli, Stefania Peca
Università di Bologna

Negli ultimi decenni, le migrazioni e i cambiamenti climatici hanno acquisito sempre più importanza nei dibattiti pubblici e politici, al punto da venire considerati come due tra le più importanti questioni morali del XXI secolo. Inquadrati nei media mainstream e nel discorso politico del "Nord globale" come fenomeni di emergenza, eccezionali, straordinari, da affrontare in chiave di sicurezza e difesa, vengono sempre più riconosciuti come strettamente correlati tra loro e sempre più vicini alla nostra realtà quotidiana (Giacomelli, 2023).

Che il focus sia sulla paura della siccità o dell’alluvione, o sull’invasione degli sfollati provenienti da un non meglio definito altrove, le cosiddette crisi climatiche e migratorie vengono spesso inquadrate come minacce alla sicurezza, personale o nazionale, o emergenze umanitarie che assomigliano a sintomi improvvisi di un sistema globale tutto sommato in ottima salute (Musarò, Parmiggiani, 2022).

Ma è davvero così? Il nesso tra cambiamenti climatici e migrazioni è rilevabile esclusivamente in termini di movimenti di massa da Sud verso Nord, di "rifugiati climatici" da governare e regolamentare, di confini da rafforzare? O si tratta, piuttosto, di fenomeni che hanno cause strutturali storiche che sottostanno al modello di sviluppo capitalistico, all'appropriazione coloniale, ai processi di confinamento e alla diversa responsabilità tra chi più inquina e chi più ne soffre gli effetti?

Obiettivo del nostro intervento è analizzare gli immaginari sociali collegati a questi due fenomeni, con un focus specifico su come le narrazioni, e spesso anche le percezioni, del loro nesso (non) siano inquadrate in termini di giustizia (Sheller 2018, Baldwin, 2022).

Consapevoli che l'utilizzo della metodologia creativa in Italia sta assumendo sempre più rilievo (Giorgi et al. 2021, Pizzolati 2021), poichè in grado di aprire un’arena di ricerca capace di far emergere il punto di vista delle persone coinvolte, a loro volta portatrici di competenze ed esperienze che incidono sulla percezione del fenomeno osservato, abbiamo sviluppato uno strumento metodologico da noi definito “Imaginary wor(d)s”. Si tratta di una metodologia creativa da noi sviluppata all’interno dei progetti europei “Re-think the challenge” e “Panicocene. Reframing climate change-induced mobilities”, tramite cui abbiamo cercato di ricostruire e comprendere quali siano gli immaginari di tre pubblici di rilievo sul nesso tra crisi climatica e migrazioni. I tre gruppi indagati sono: accademici, giornalisti/professionisti dei media e attivisti/artivisti. Questi tre gruppi sono stati invitati a partecipare a 5 seminari sul tema, all’interno di ognuno dei quali erano previsti due o tre keynote speakers di rilevanza internazionale e, prima dei loro interventi, una sessione interattiva volta a riflettere insieme sui materiali prodotti in anticipo dagli stessi partecipanti. Affinchè potessero partecipare, è infatti stato chiesto agli stessi di condividere una breve storia (inventata o reale, scritta o visuale) capace di svelare le narrazioni che circondano la mobilità indotta dai cambiamenti climatici. Con l’obiettivo di traslare il processo dall’individuale al collettivo, le storie sono state raccolte, condivise e discusse in gruppi all’interno di ciascun seminario e, a seguire, con gli stessi keynote speakers. Attraverso i risultati emersi evidenzieremo il concetto di (in)giustizia e le proposte per sostenere una possibile etica della cura.



 
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