Il doppio volto della digitalizzazione: le tecnologie digitali nel contrasto alla povertà educativa, un caso studio il Punto luce di Casal di Principe.
Roberto Graziano
Federico II di Napoli, Italia
Questo contributo si colloca all'interno della spinosa questione delle tecnologie digitali nella lotta alla povertà educativa (Ball, S. J., & Grimaldi, E. 2022) e all'interno della controversia che ancora attraversa il dibattito delle scienze sociali sulle nuove tecnologie (Arvidsson, A, Delfanti, A 2016) animato in Italia dall'opera seminale di Umberto Eco (Eco, 1997). Il lavoro problematizza il doppio volto della digitalizzazione, le tecnologie digitali rappresentano un'enorme opportunità (Aroldi, P. 2013) ma anche una causa di esclusione sociale (Bentivenga, R 2022). In una società sempre più digitalizzata (Srnicek, N.2016), a preoccupare è il digital divide non tanto per la sfera materiale, quanto per la mancanza di competenze adeguate e l'uso non sicuro delle tecnologie. Inoltre, la pandemia Covid-19 ha evidenziato la mancanza di opportunità educative legate alle difficoltà dell'apprendimento a distanza, che ha ampliato le disuguaglianze aggravando il livello di esclusione sociale e di povertà (Nussbaum, 2001). Questo contributo tenta di mettere in luce l'altro volto della digitalizzazione, concepita come una miniera di opportunità per tutti, in grado di contrastare la povertà educativa e portare a una migliore qualità della vita (Brown, 1996). Il Lavoro analizza l'efficacia delle strategie messe in atto dal servizio educativo il “Punto luce di Casal di Principe” che è stato attivato da Save the Children nella campagna “Illuminiamo il Futuro”, una strategia di contrasto alla povertà educativa mirata a spezzare il circolo vizioso della disuguaglianza. Tra le varie attività, L’ONG ha ideato il progetto USB, che ha l'obiettivo di supportare i beneficiari nello sviluppo di competenze digitali e umane attraverso laboratori pratici che li avvicinino al mondo delle STEM e promuovano un uso consapevole e positivo dei nuovi media. L’impianto metodologico adotta la “teoria del cambiamento” (Lumino, 2013), orientata a monitorare longitudinalmente il campione di beneficiari, analizza la situazione di partenza dei minori, la condizione di marginalità e precarietà, per poi controllare le eventuali evoluzioni dei parametri di osservazione in diverse fasi di implementazione del servizio. Per la selezione delle unità statistiche di rilevazione è stato adottato un campione rappresentativo, un campione (per quote) omogenee per genere ed età in un range dai 6 ai 17 anni, facendo attenzione ad includere anche beneficiari che, oltre a vivere in una condizione di precarietà diffusa, presentano anche altri elementi di esclusione sociale (disabilità, background migratorio, appartenenza ad un nucleo familiare multiproblematico). L’indagine è stata condotta nel seguente modo: Analisi banca dati: (Istat), rapporto Svimez, INPS. l’IPE, l’analisi del contesto e sono state condotte parallelamente due metodologie di indagine per osservare le variazioni sia dei parametri più facilmente misurabili, sia di quelli più articolati e più difficilmente operativizzabili ed osservabili. In sintesi: è stato somministrato questionario al campione rappresentativo dei beneficiari/e in tre diversi momenti di osservazione e nello stesso arco temporale sono state condotte interviste semi-strutturate agli operatori e alle operatrici dei servizi. (Corbetta,1999). Le tecniche scalari adottate nella formulazione delle opzioni di risposta alle domande sono, le scale di Lickert e le scale auto-ancoranti. L'analisi si è concentrata sugli effetti di costruzione delle competenze umane e digitali promossi dall'uso creativo delle tecnologie digitali, dal gioco educativo e dall'apprendimento esperienziale. Nello specifico i risultati rilevati nel rapporto analitico di ricerca hanno documentato i processi di cambiamento sul campione di beneficiari. Il progetto USB e le attività laboratoriali svolte all’interno del servizio hanno aiutato a sviluppare l’auto- consapevolezza dei beneficiari a rafforzare l’autocoscienza positiva, l’ espressione di sé e la consapevolezza emotiva. I beneficiari hanno dovuto imparare a gestirsi, per lavorare in gruppo e relazionarsi con la società. Le attività di gruppo si sono basate sul rafforzamento dell’empatia, della connessione umana, nel rispetto delle diversità, e nell’ inclusione.
P.O.V. @School. Lo sguardo degli adolescenti sui rischi e le opportunità dell’informazione online
Silvia Pezzoli, Carlotta Bizzarri
Università di Firenze, Italia
L'acronimo P.O.V. Point of View, utilizzato dai giovani nei video social per identificare il punto di vista dal quale raccontano una storia, ci offre l'ispirazione per indagare il rapporto tra giovani e informazione online, e i rischi e le opportunità educative legate a un’integrazione delle pratiche produttive digitali all’interno delle aule scolastiche.
La dimensione online (Floridi, 2018) e il rapporto di continuità tra fisico e digitale, il phygital (Andreula, 2020), caratterizza i processi comunicativi e informativi della Generazione Z - gli iperconnessi (Twenge, 2018) o Digitarian (Apuzzo, 2015) - in modo ancor più significativo dopo la pandemia (Ferrazzoli, Maga 2021). Oltre al riproporsi del dibattito generazionale in cui pesa il differente approccio nell’utilizzo della Rete dei Millennials e della Generazione X rispetto alla GenZ, è interessante analizzare il livello di consapevolezza della GenZ sul proprio universo informativo, sui processi comunicativi e informativi che governano la propria socializzazione e sulle problematiche collegate alle caratteristiche della platform society (Van Dijck, Poell, De Waal 2019).
Sullo sfondo della cornice teorica dell’ecologia dei media che, da suoi esordi a oggi, si propone di studiare l’influenza dell’ambiente informativo sulle percezioni delle persone (Postman, 1995, Colombo 2020) e propone, congiuntamente agli approcci di media education (Buckingham, 2019) e media literacy (Livingstone 2016, 2019), l’idea dei media come ambienti educativi (Tirocchi 2023) e della scuola come “termoregolatore” delle esperienze mediali dei giovani, esaminiamo i risultati di 2 progetti di digital media literacy (uno su disordine informativo e fake news e l’altro sull’approccio critico e creativo all’utilizzo del digitale) svolti nelle scuole di Firenze.
La ricerca
Nel quadriennio 2020-24, 2 progetti hanno coinvolto 60 classi di 12 scuole secondarie di 2 grado, in un percorso di acquisizione di competenze digitali e comunicative strutturato in 3 fasi con l’obiettivo di realizzare elaborati multimediali e pillole video per raccontare il rapporto tra giovani, media e digitale (Bisacca, Cerulo 2019).
Le domande di ricerca
La domanda di ricerca generale è: 1) se gli adolescenti reputino i media ambienti informativi e educativi. Altre domande ad essa collegate sono: 2) se i giovani attivano punti di vista selettivi nei confronti dei rischi o delle opportunità del digitale che scuola, famiglia, gruppo dei pari portano alla loro attenzione o, viceversa, strutturino una visione condivisa tra pari, una percezione “generazionale” del rapporto con il digitale.
Metodologia
Il nostro contributo analizza il contenuto dei 250 video realizzati da un campione di 700 adolescenti dai 14 ai 18 anni, per studiare il loro universo informativo e il loro atteggiamento verso il disordine informativo, gli abusi e le opportunità di guadagno in rete.
Lo studio è condotto con metodologia quali-quantitativa e ha seguito le fasi di evoluzione del progetto:
-fase ex ante, somministrazione di un questionario ai partecipanti;
-la fase in itinere: raccolta di note di osservazioni partecipata durante le attività del progetto;
-la fase ex post: analisi del contenuto dei video realizzati dagli studenti.
I 4 anni di ricerca ci offrono la possibilità di osservare cambiamenti nel tempo, a partire dall’accelerazione digitale operata dalla pandemia, fino ad oggi, quando il tema dell’intelligenza artificiale si è posto al centro delle riflessioni di alcuni studenti. La lettura trasversale e comparata dei dati operata nella ricerca, ci mostra 2 macro-tendenze: da una parte gli adolescenti rivelano punti di vista netti sulle loro fonti, dall’altra difficilmente riescono ad attivare una visione d'insieme sui processi che governano la costruzione del proprio universo conoscitivo e informativo. I risultati ci forniscono, inoltre, numerose informazioni circa le pratiche quotidiane di informazione e comunicazione online, in relazione alle differenze dei contesti sociali e scolastici di appartenenza che configurano specifici processi soggettivizzazione e, talvolta, di resistenza.
Identità e reputazione nell’era delle Platform societies. Strumenti e strategie per la Media Education
Eleonora Sparano1, Nicola Strizzolo2
1Università Niccolò Cusano, Italia; 2Università di Teramo, Italia
Di recente l’interesse delle scienze sociali, inizialmente centrato sulla reputazione (Mutti 2007) come categoria interpretativa spendibile nell’ambito economico e del marketing, si è spostato progressivamente verso i processi di costruzione dell’identità digitale, mediante la gestione della privacy e delle relazioni online, tanto da alimentare lo spazio della discussione nella cornice teorica della digital risk society (Loon 2002, 2014; Lupton 2016) e della Platform society (van Dijck 2005, 2013), dove si mette in luce come le variabili tecnologiche, culturali e sociali interferiscono, direttamente e indirettamente, sui processi di autorealizzazione del sé, inteso come bene relazionale, a sua volta associato al capitale sociale. In questo, giocano un ruolo di primo piano i dispositivi digitali che, attraverso la digitalizzazione dei segnali analogici, si impongono come nuova dotazione strumentale in grado di coadiuvare i soggetti nella diffusione dei contenuti, con possibili ripercussioni, positive o negative, sull’immagine e sull’opinione che gli altri si fanno di loro (Donatiello 2015). Attraverso lo storytelling (Camozzi 2008; Pizzorno 2007), viene a delinearsi il profilo reputazionale di una persona, di un servizio, di un evento, di un prodotto e di un brand, ovvero il credito sociale e la considerazione che si ha degli interessati, in seguito alle attività di raccolta e monitoraggio dei contenuti pubblicati e diffusi tramite il web, volutamente o a insaputa dei soggetti coinvolti (Cavazza 2012).
Le ricerche che indagano il tema in relazione ai comportamenti delle nuove generazioni (Baroni, Greco, Lazzari 2019; Lazzari 2016a, 2016b) vanno in questa direzione, sia in riferimento ai processi di costruzione della popolarità e del personal branding (Polesana, Vagni 2021), sia al disagio psicologico e sociale causato dai fenomeni di cyberbullismo, del sexting e del revenge porn, con particolare riferimento ai casi di flaming, harrasment, denigration, impersonation, outing e trickery, di cui spesso sono vittime soprattutto i soggetti esposti al rischio di marginalizzazione digitale. C’è da considerare, su questo, che, con ogni nuova tecnologia dominante, si riorganizza pure il sistema di potere interno alla società: la disintermediazione del web, la sua struttura reticolare tradotta in viralità, come il libero accesso, non solo rendono possibile la fama globale attraverso l’autopromozione, ma anche la possibilità di gettare discredito a livello planetario, condensando attacchi, malcontento, lamentele, e aumentando o causando danni enormi alla reputazione di un individuo, con esiti a volte drammatici (Conte, Paolucci 2002).
Sulla base di tali premesse, il paper intende rispondere ad alcuni obiettivi in particolare, ossia se esiste una consapevolezza della reputazione digitale e quali caratteristiche nuove presenta rispetto a quella tradizionale. Il contributo, inoltre, vuole ampliare l’analisi degli impatti delle nuove tecnologie sulla costruzione sociale dell’identità, con un’enfasi sui risultati emersi dal confronto multidisciplinare avuto con 24 esperti, tra studiosi e professionisti, sulla società reputazionale nell’era digitale: focus del percorso l’individuazione delle strategie di resilienza digitale che individui e comunità possono adottare nel complesso intreccio della reputazione online, nell’epoca delle interconnessioni, dove difficilmente si distingue tra online e offline. Le declinazioni dello stesso concetto nei diversi ambiti dovrebbero fare emergere l’importanza di un approccio che tenga conto delle sfide etiche e sociali emergenti, nel tentativo di riflettere su come le pratiche digitali influenzano la percezione del sé e degli altri in uno spazio che, seppure attraverso aspetti di continuità con l’universo antecedente al web, mostra caratteristiche inedite, spesso all’origine di attacchi e fallimenti autogenerati, che sottopongono sempre più gli individui ai rischi di una sovraesposizione dell’identità, in modo esteso, con riferimento sia al pubblico sia a un arco temporale potenzialmente illimitato.
Le distorsioni comunicative e il cambiamento del contesto formativo nella comunicazione multimediale
Simona Valenti
Università degli Studi di Bari, Italia
Questo intervento si concentra su alcuni aspetti delle pratiche socio-educative contemporanee analizzando in particolare i processi di adattamento degli insegnanti, o attori formativi (Ribolzi L., 2020), ai cambiamenti della loro relazione educativa e alla risignificazione della loro figura nell’attuale contesto digitalizzato, che è in continua evoluzione. Il lavoro viene esaminato attraverso l'ottica interazionista-simbolica, con particolare attenzione alle teorie fenomenologiche di Alfred Schütz, George Herbert Mead, Herbert Blumer, Edmund Husserl e all'approccio etno-metodologico di Harold Garfinkel (Besozzi E., 2017). Concentrandosi sulle relazioni interpersonali e interattive che caratterizzano l'azione formativa e prendendo in considerazione l'impatto dei media digitali e della comunicazione mediata all’interno dello scenario dei saperi, il paper individua alcuni processi di distorsione, di difficoltà di lettura delle posizioni in campo e di assottigliamento degli spazi di confronto nella trasmissione delle informazioni di sapere in una realtà educativa che si manifesta come strutturalmente tecnologica e multimediale. La sfida del digitale (Morin E., 2020) mostra delle criticità, dei deficit, delle mancanze e discontinuità relativi alla decisa accelerazione dell’innovazione, che è stata particolarmente evidente nella situazione emergenziale pandemica (Balbi G., 2022). Le tecnologie digitali sembrerebbero allora, allo stesso tempo, supportare e scontrarsi con il contesto formativo. La metodologia di ricerca si avvale dell'osservazione partecipata ed etno-metodologica (Cardano 2023) e si sviluppa sulla base di un materiale empirico ottenuto tramite interazioni, focus group e raccolta dei dati, al fine di rilevare le distorsioni comunicative e relazionali nel sistema formativo attuale. Nello specifico, si farà riferimento alle pratiche socio-educative e alla trasformazione dei saperi a partire dall'esperienza di alcuni docenti di scuola primaria e secondaria all'interno di un corso di formazione universitario loro dedicato , aprendo così alcuni scenari di riflessione su una nuova declinazione del senso della formazione, rivoluzionata dal fenomeno della didattica a distanza (DAD) o ibrida (DID), con la conseguente predisposizione ad abbracciare nuove tecniche di insegnamento. L’obiettivo è quello di osservare e problematizzare, in prospettiva sociologica, i fenomeni legati al cambiamento della percezione dello spazio e del tempo nella relazione educativo-formativa (De Mita G., Modugno A., d’Elia G., Guaragno S., Valenti S., 2023). In quale misura il contesto spazio-temporale all'interno dell'ambito educativo e formativo può essere depauperato dall'assenza dell'esperienza personale e comunitaria della relazione e della corporeità (Merleau Ponty M., 2014)? Come possiamo ridefinire la relazione educativa in un contesto simile? Quali sono le conseguenze di questa trasformazione sociale in termini di virtualizzazione e ribaltamento della spazio-temporalità? Il paper propone alcune linee di previsione dell’evoluzione dei processi formativi e delle conseguenti sfide che i docenti si trovano ad affrontare nel contesto attuale, allo scopo di ridefinire, anche con l’ausilio di strumenti pratici e metodologie innovativo-digitali (Caliandro A., Gandini A., 2019), l'azione formativa e creare un piano educativo personalizzato che tenga conto dei cambiamenti in atto. In conclusione, il paper offre una prospettiva critica e riflessiva sulle trasformazioni del sistema educativo alla luce della contaminazione digitale, proponendo alcune strategie centrate soprattutto sulla dimensione spazio-temporale.
Strategie di New Media Education: una ricerca-azione tra Burundi e Ruanda
Antonio Iannaccone
Pontificia Università Gregoriana (Roma), Italia
Obiettivo dell'indagine
Sensibilizzare i docenti delle scuole post-fondamentali burundesi/ruandesi affinché comprendano ed esperiscano (attraverso l'attivazione di specifici corsi e laboratori) il ruolo strategico dei nuovi mezzi di comunicazione nei processi educativi.
Domande di ricerca
Nonostante i due paesi abbiano caratteristiche simili (demografiche, territoriali, economiche), perché il Burundi – dove Internet è presente solo nel 19% delle scuole di Gitega – fatica a riconoscere l’importanza dei nuovi media quali efficaci strumenti di insegnamento, mentre in Ruanda (dove tutte le scuole di Kigali hanno sia computer sia connessione alla rete) tale consapevolezza è molto più diffusa? Quali sono le strategie pratiche da adottare per far sì che le cose cambino da un lato e vengano ulteriormente implementate dall’altro?
- Docenti e discenti hanno, innanzitutto, problemi di accesso?
- Esiste un deficit di competenza mediale da parte dei professori? E nei ragazzi? I loro genitori, invece?
- Ci sono differenze tra istituti urbani e rurali?
- Le difficoltà riguardano sia l’educazione con i media sia l’educazione ai media? Sia i nuovi mezzi di comunicazione sia quelli tradizionali?
- Qualche scuola ha provato, in questi anni, a implementare la media education/literacy nei programmi di studio?
- Come ha affrontato tale situazione, sinora, la politica?
Itinerario metodologico (approccio misto, indagine quanto-qualitativa):
- campionamento a scelta ragionata (nelle capitali: Gitega e Kigali);
- analisi secondaria di indagini sociologiche preesistenti e dei big data messi a disposizione dai social network;
- interviste (grand tour question) con testimoni privilegiati (dirigenti scolastici, leader politici, esperti di comunicazione);
- somministrazione di un questionario (a un totale di circa 100 docenti e 900 discenti);
- interviste in profondità con ulteriori testimoni privilegiati;
- fine dei lavori (almeno in termini di presentazione dei risultati) prevista entro maggio 2025; seguirà (oltre a una o più pubblicazioni scientifiche) l'attivazione di un corso/laboratorio di Internet Literacy in almeno una scuola di Gitega.
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