Effetti dei media e pratiche informative: uno studio sui fattori che favoriscono l’adesione a conoscenze rifiutate dalla scienza istituzionale
Luca Serafini
Università di Napoli Federico II, Italia
Negli ultimi anni, e nel contesto della “piattaformizzazione” dell’esperienza quotidiana, l’articolazione del conflitto tra saperi istituzionalmente legittimati e comunità che promuovono saperi alternativi è stata spesso associata ai meccanismi di produzione, circolazione e socializzazione della conoscenza negli ambienti online. La natura orizzontale e disintermediata di Internet e dei social media, in cui le opinioni degli esperti entrano in competizione con quelle degli utenti comuni, favorirebbe infatti secondo alcuni interpreti uno scetticismo iperbolico nei confronti delle istituzioni legittimate a produrre conoscenza. Ciò spiegherebbe in parte la proliferazione di fake news e la crescente legittimazione di teorie cospirazioniste. Concetti come quelli di “post-verità”, “società post-fattuale” e, più di recente, “infodemia”, sono stati mobilitati proprio per evidenziare una presunta crisi epistemica delle società occidentale, strettamente collegata ai processi di piattaformizzazione della conoscenza. Alla base di questo approccio vi è anche ciò che alcuni studiosi hanno definito un ritorno a un paradigma comportamentista o degli “effetti forti” dei media, secondo cui la crescente esposizione a notizie false aumenterebbe in maniera deterministica la disponibilità ad aderire a teorie anti-scientifiche. Il presente contributo propone di problematizzare alcuni di questi assunti, ponendosi le seguenti domande di ricerca:
1. Tra i vari meccanismi sociali e culturali che favoriscono la disponibilità - da parte di laypeople - ad attribuire credibilità a conoscenze rifiutate dalla scienza istituzionale, che ruolo rivestono i mezzi di comunicazione (specie quelli digitali) e le informazioni da essi veicolate?
2. Quali sono le fonti e le pratiche informative più comuni tra laypeople che hanno aderito a conoscenze rifiutate dalla scienza istituzionale o che si mostrano comunque aperte a legittimarle? La ricerca è stata condotta su quattro casi di studio relativi a conoscenze rifiutate dalla scienza istituzionale in questioni legate alla salute e al benessere: a) l'esitazione vaccinale; b) la teoria delle "Cinque Leggi Biologiche"; c) i benefici per la salute attribuiti all'acqua alcalina e alla dieta alcalina; 4) i rischi per la salute associati alle tecnologie 5G. Per ciascun caso di studio, sono stati realizzati: 1. Dieci interviste semi-strutturate a persone che hanno preso parte ad attività promosse da associazioni e comunità che divulgano la specifica forma di conoscenza (40 interviste complessive). 2. Quattro focus group con partecipanti di tre diverse coorti di età, reclutati all'interno di quattro università italiane e di associazioni impegnate su temi di salute e benessere (16 focus group complessivi). I primi risultati mostrano come, per quanto riguarda gli intervistati, i meccanismi di adesione alle conoscenze rifiutate dalla scienza siano legati a esperienze maturate in contesti prevalentemente non mediali. Nei focus group, il valore delle testimonianze di alcuni partecipanti si è mostrato molto più rilevante, nell’attribuzione di credibilità epistemica alle conoscenze rifiutate, di quello dei materiali mediali presentati come stimolo, quali pagine social e testimonianze online di utenti comuni. Quanto alle pratiche informative, tanto dalle interviste quanto dai focus group è emerso un consumo approfondito e per nulla “ingenuo” delle fonti, sebbene tendenzialmente orientato in maniera selettiva a confermare convinzioni maturate in contesti extra-mediali. Nel complesso, i risultati sono in linea con alcuni paradigmi interpretativi che, nel riattualizzare la teoria degli effetti limitati dei media, sottolineano come l’interpretazione di messaggi mediali da parte degli attori sociali sia un processo situato di costruzione di significati, che si colloca all’interno di pratiche sociali più ampie e maturate in contesti (anche) non mediali. Allo stesso tempo, i risultati mostrano come l’adesione a conoscenze rifiutate dalla scienza sia legata a processi sociali e culturali che spesso hanno poco a che fare con la mera validazione epistemica di contenuti di conoscenza, in contrapposizione quindi con l’impostazione a cui rimandano concetti come quello di “post-verità”.
Scientific (dis)information and ingenuous trust in science: Engagement and reception of scientific (dis)information in Italian high schools
Alessandro Ricotti, Simone Tosoni
Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Italia
The proposed intervention focuses on the high school classroom as a social group in order to investigate its role in mediating access, reception, and circulation of scientific (dis)information. It is based on a two-year-long mixed-method research on twelve high school classrooms selected from six schools proposing different curricula (humanistic, scientific or professionalizing). In each of them, we conducted qualitative interviews with students, teachers and parents; focus groups with students and parents; two rounds of qualitative media diaries; virtual ethnography and commented social media reel scrolling sessions; and data donation.
Especially when compared with the family, the classroom as a social group has by and large emerged as a weak mediator for the access and reception of scientific (dis)information: a role that is almost entirely fulfilled by the guidance provided by teachers within their educational programs. Beyond that, scientific information is rarely shared or discussed among classmates, except for information delivered through infotainment formats on social media, or strictly related to common concerns for everyday life (in particular regarding health and nutrition). By far more relevant are smaller groups of friends, within and across the classroom, who share the same interests or passions, like astrophysics.
Notwithstanding this role of the classroom, our observations suggested how students share the same criteria to distinguish between scientific information and disinformation – generally based on stylistic features on the message and on the refusal of scientific populist or conspirative frames – and above all a similar – and somehow ingenuously unrealistic – idea of science, based on an unerring capacity of the scientific method to ascertain definitive truths, grating unanimous consensus in the scientific community.
This ingenuous trust in science can represent a vulnerability when probed by personal or social crises (like a disease or the pandemic). As a part of the project, we have developed an experimental formative module to promote a more realistic understanding of science, based on the main acquisitions of the Social Studies of Science, taking care, however, not to undermine its trustworthiness.
The Role of “News Finds Me” Perception, Political Knowledge, and Ideological Extremism in Misinformation Sharing Practices
Augusto Valeriani1, Giada Marino2, Laura Iannelli3
1Università di Bologna; 2Università di Urbino; 3Univeristà di Sassari, Italia
In the contemporary digital media environments – characterized by the abundance of information sources, news fragmentation, secondary gatekeeping, and algorithmic news selection – the risks for citizens to meet false news and amplify them are increased.
Based on survey data collected in January 2023 on a representative sample of Italian adults, the present study investigates individual-level drivers of misinformation sharing on Social Media (SM) and Instant Messaging Services (IMs), which we define as the unintentional amplification of a false news story. Even if misinformation sharing does not aim at misleading, it is considered a “democratically dysfunctional participatory practice” (Chadwick et al., 2018).
The study has two aims.
The first aim is to examine the direct influences of “News-Finds-Me perception” (NFMP) and political knowledge (PK) on misinformation sharing on SM and IMs.
NFMP is a recent phenomenon, very diffused in Italy (Gil de Zúñiga et al., 2020). It is the perception of being well-informed, relying on the information received from peers on digital platforms (Gil de Zúñiga et al., 2017; Song et al., 2020). Only a few recent studies investigated the association between NFMP and fake news sharing (Apuke and Omar, 2021; Chadwick et al., 2021; Wei et al., 2023). In the light of the few available findings, we formulate this hypothesis:
H1. Higher levels of NFMP are positively associated with a higher probability of sharing misinformation on SM/IMs.
The depressive effect of PK on misinformation sharing has been instead extensively investigated (e.g., Pennycook et al., 2020; Rossini et al., 2021), but results are still not consistent, also depending on the type of PK that is considered. Following the hypothesis of a positive effect of higher knowledge in error detection, we expect that:
H2. Higher levels of knowledge of current political issues are negatively associated with a higher probability of sharing misinformation on SM/IMs.
The second aim is to explore the interactions of ideological extremism with NFMP and PK in misinformation sharing processes. Scholars demonstrated the significant role of (right-wing) extreme ideological positions in fake news engagement (Marino and Iannelli, 2022) but have overlooked the role of extremism in moderating the supposed positive effect of NFMP and the supposed negative effect of PK on misinformation sharing. Yet, extremism could enhance misinformation sharing of NFMP people following a vicious circle that, from NFMP, brings individuals to political homophily, to ideological polarization, to ideologically motivated misperceptions, and to misinformation sharing. At the same time, extremists could refuse this low-effort style of news consumption, thus neutralizing its effect on misinformation sharing. Moreover, in line with the motivated reasoning perspective, for individuals holding extreme ideologies, higher PK could enforce misinformation sharing because this combination helps to recognize attitude-consistent arguments, regardless of their factuality. At the same time, if individuals with extreme ideologies tend to follow accuracy goals in news sharing, higher levels of PK could have a depressive effect on misinformation sharing. We thus pose this RQ:
RQ1. Does right-wing and/or left-wing ideological extremism moderate the effects of NFMP and political knowledge on the probability of sharing misinformation on SM/IMs?
After controlling our regression models for a range of variables concerning demographics and informative media use, we find support for both our hypotheses. We then find that left-wing extremism increases the depressive effect of higher levels of PK on misinformation sharing. On the contrary, right-wing extremism neutralizes the effect of political knowledge.
These findings can help to understand contemporary societies starting from the investigation of the effects that low-effort styles of news consumption, knowledge of current political events, and ideological polarization can have on the disruption of the digital public sphere.
Media, informazione e conoscenza: i disordini dell'informazione nel cortocircuito tra opinioni, competenze e aleturgie.
Giovanni Ciofalo
Sapienza Università di Roma, Italia
Il presente contributo propone una riflessione volta a comprendere gli aspetti sociali, culturali e comunicativi delle forme di disordine che emergono al livello del rapporto tra media, informazione e conoscenza a partire da una prospettiva ecologica. In una realtà profondamente mediatizzata (Hepp 2020) come quella in cui viviamo, e in cui la centralità delle piattaforme (van Dijk et al. 2018; Zuboff 2019), l’information disorder e l'information overload (Wardle, Derakhshan 2017; Maddalena, Gili 2018, Boccia Artieri, Marinelli 2018) costituiscono aspetti ormai divenuti strutturali, tali disordini, oltre ad essere tecnologicamente determinati, si rivelano anche culturalmente determinanti, influenzando valori, pratiche e visioni sociali (Fuchs 2021; Boccia Artieri 2022; Esposito 2022).
A tale proposito, verranno presentati e discussi i risultati conclusivi di una ricerca quinquennale (“The Social Effects of Fake News”), incentrata sul legame tra disordini dell’informazione e disordini della conoscenza, che ha previsto la realizzazione di 399 interviste a individui selezionati con un campionamento a scelta ragionata, rappresentativo della popolazione italiana in termini di età e genere, attraverso una survey suddivisa in tre aree (dati socio-anagrafici; repertori mediali; opinioni personali).
I dati raccolti sono stati analizzati attraverso il ricorso a due specifiche categorie teoriche e interpretative, nel tentativo di comprendere le dinamiche e i processi alla base della proliferazione dei disordini (non solo) informativi.
Da un lato, si è fatto riferimento al concetto di competenza quasi-statistica (Noelle-Neumann 1974), in passato fondamentale per riconoscere i limiti sociali e culturali delle opinioni individuali, e che oggi invece appare oggetto di una crisi derivante sia dalle moltiplicate possibilità di accesso a un’ampia gamma di contenuti, sia da una propensione conoscitiva orientata a conservare (e/o a rafforzare) opinioni e orientamenti cognitivi personali.
Dall’altro, è stato preso in considerazione il concetto di aleturgia (Foucault 1985; Colombo 2022) che, se in passato identificava un complesso apparato macro-sociale in grado di esercitare il potere della verità, oggi, anche a seguito di una inesorabile mediatizzazione, sembra attivare processi di costruzione di micro-regimi di verosimiglianza (o addirittura di non-verità), attraverso cui gli individui costruiscono e condividono le proprie visioni e le proprie pratiche di realtà.
A un livello generale, la considerazione di tali aspetti è stata fondamentale per evidenziare anzitutto come non siano soltanto l’informazione e i disordini informativi a innescare i disordini conoscitivi, ma sia anche la dimensione conoscitiva (pregressa o acquisita) ad esercitare un ruolo determinante nella selezione e nella fruizione delle informazioni (anche false) e nella conseguente generazione di potenziali disordini informativi. In modo più specifico, tutto questo ha permesso di costruire quattro frame principali a cui sono stati ricondotti i risultati relativi alla propensione a credere e a condividere le notizie false: “descrizione” (realtà presunta); “enfasi” (realtà esagerata); “segreto” (realtà nascosta); “negazione” (realtà negata). Quindi, considerando le diverse modalità di ricerca/ricezione/fruizione dei contenuti informativi da parte degli individui del campione, è stato possibile delineare, per ognuno dei quattro frame, uno specifico modello di riferimento: il “modello ecfrastico” (basato sulla tendenza/necessità di descrivere la realtà a tutti i costi); il “modello ipocondriaco” (basato su paure, soprattutto legate alla dimensione della salute); il “modello solipsista” (basato sulla sopravvalutazione delle competenze personali e, dunque, su una superiorità illusoria, Kruger, Dunning 1999); il “modello ideologico” (basato su valori e convinzioni personali).
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