Programma della conferenza

VI Convegno Nazionale SISCC “Possiamo ancora capire la società. Comprensione, previsione, critica.” / Roma, 20/21 giugno 2024

Il convegno 2024 della SISCC, in continuità con quelli degli scorsi anni, intende esplorare le complesse relazioni fra potere e pratiche creative, il corto-circuito fra emersione e anestetizzazione del conflitto sociale nonché le potenzialità che provengono da esperienze diffuse ma non necessariamente connesse. La SISCC ritiene che l’immaginazione sociologica debba essere supportata da una capacità di analisi scientifica e da una comprensione critica della società. Quale può essere allora il nostro ruolo di scienziati e scienziate sociali? E, in particolare, quale contributo possiamo dare alla comprensione della società proprio a partire dallo studio dei processi culturali e comunicativi che attraversano il nostro tempo?

 
 
Panoramica della sessione
Sessione
Sessione 1 - Panel 9: L'intreccio tra vita familiare e professionale: una prospettiva di genere e generazionale
Ora:
Giovedì, 20.06.2024:
14:00 - 15:30

Chair di sessione: Sara Mazzucchelli
Luogo, sala: Aula T02


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Presentazioni

L'intreccio tra vita familiare e professionale: una prospettiva di genere e generazionale

Sara Mazzucchelli1, Maria Letizia Bosoni1, Letizia Medina1, Melanie Sara Palermo2, Annalisa Dordoni3, Valentina Cardinali4

1Università Cattolica di Milano; 2Università di Macerata; 3Università degli Studi di Milano-Bicocca; 4INAPP - Struttura Mercato del lavoro

L'intreccio tra vita familiare e professionale: una prospettiva di genere e generazionale:

Chair: Sara Mazzucchelli
Co-chair: Meria Letizia Bosoni
Università Cattolica di Milano

Il discorso sulla conciliazione tra famiglia e lavoro non è certamente nuovo ed è profondamente mutato negli ultimi anni: se fino a qualche decennio fa prevaleva una visione di contrapposizione tra questi due ambiti, le trasformazioni tecnologiche, della famiglia e dell’organizzazione del lavoro hanno mutato sostanzialmente questo scenario.

Possiamo cogliere questo cambiamento di concezione nelle prospettive teoriche che negli anni hanno analizzato il complesso legame tra famiglia e lavoro. Se originariamente prevalevano modelli basati su una visione dicotomica - come quello del conflitto - oggi prevalgono modelli che si focalizzano maggiormente su una visione dinamica dei due ambiti. Un approccio recente particolarmente interessante e in linea con una visione dinamica della relazione famiglia-lavoro è la teoria del confine (Clark, 2000), che rilegge il rapporto tra vita lavorativa e familiare attraverso la metafora dell’attraversamento dei confini. Ognuno di noi quotidianamente varca i confini tra lavoro familiare e professionale; tali confini, ad esempio, sono resi particolarmente permeabili dalla tecnologia, oppure vengono continuamente varcati da coloro che hanno un’attività a conduzione familiare o lavorano da casa. Questo apre un ricco filone di analisi sulla natura dei confini, la loro permeabilità, la facilità con cui possono essere ridefiniti in diversi momenti della nostra vita.

La conciliazione famiglia-lavoro, inoltre - per lungo tempo considerata una questione dirimente per le donne e, in tempi più recenti, per i genitori con bambini piccoli (0-3 anni) – comincia a essere considerata come un life long task che concerne le differenti transizioni familiari (figli piccoli, in età scolare, adolescenti) e intreccia le generazioni (es. la cura bambini, dei familiari anziani oppure dei nipoti).

Appare dunque maggiormente pertinente utilizzare il termine intreccio tra famiglia, cura e lavoro, anziché conciliazione, il cui rimando semantico è fortemente ancorato al conflitto, alla controversia e richiama un’originaria frattura tra la vita lavorativa e familiare che deve essere in qualche modo ricomposta trovando un compromesso, una pacificazione, un bilanciamento (nella lingua inglese, infatti, si parla di work-life balance). La dimensione conflittuale esistente tra vita personale e lavorativa non è certamente una sfida irrilevante e superata nell’esperienza di vita dei lavoratori oggi; tuttavia, il discorso che analizza la complessa dinamica tra queste due sfere di vita non si limita né può ridursi a questo. La letteratura più recente, infatti, evidenzia chiaramente come vita lavorativa e familiare si innestino in un complesso intreccio. Parola che, rimandando all’“insieme dei fili che costituiscono l’ordito e la trama di un tessuto” (Dizionario Linguistico Garzanti), suggerisce l’immagine di un’articolazione sensata e complessa; un insieme dunque di elementi differenti, che però vanno guardati da una prospettiva ampia per comprenderne il completo significato.

Il panel, attraverso i contributi proposti, intende offrire una riflessione ampia volta a comprendere criticamente gli intrecci ad oggi esistenti tra gli ambiti di vita fondamentali delle persone, cogliendo il dipanarsi non solo della dimensione di genere e intergenerazionale, ma l’articolarsi della riflessività personale e relazionale. Tale intreccio riflessivo è particolarmente evidente nei contributi su imprenditoria femminile e sul family business; il paper relativo al lavoro da casa durante la pandemia ben evidenzia la flessibilità legata alla riarticolazione dei confini spazio-temporali ed, infine, l’analisi relativa alle dimissioni delle madri mette in luce la persistenza di un impatto di genere.

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Contributi

L’imprenditoria femminile nel contesto italiano: quale intreccio tra vita familiare e professionale?

Maria Letizia Bosoni, Sara Mazzucchelli, Letizia Medina,
Università Cattolica di Milano

Le ricerche internazionale evidenziano che l'imprenditorialità è un fenomeno caratterizzato da ampie differenze di genere, dove la presenza femminile è ancora ridotta, soprattutto nel contesto italiano e risente fortemente del gender gap. Diversi studi hanno evidenziato che non solo gli uomini sono più propensi delle donne ad avviare un'attività in proprio, ma anche che quando le donne lo fanno incontrano più ostacoli (Orhan, Scott 2001). Le teorizzazioni sulle motivazioni che spingono all'imprenditorialità distinguono tra imprenditorialità di necessità e imprenditorialità di opportunità (Reynolds et al. 2005). Molte donne avviano la propria attività al fine di raggiungere un miglior equilibrio tra lavoro e responsabilità familiari, in questo senso le donne considerano il lavoro autonomo come un mezzo per conciliare meglio (McGowan et al., 2012). Partendo da queste premesse, il presente studio si propone di identificare le variabili chiave che influenzano la scelta imprenditoriale delle donne, indagando la propensione all'imprenditorialità femminile, i fattori ostacolanti e facilitanti e soprattutto l’intreccio tra imprenditoria e cura familiare.

Lo studio fa parte di un più ampio progetto, condotto in Italia nel 2023. In particolare, per indagare la propensione all’imprenditoria delle donne e la conciliabilità con le esigenze familiari si è adottata una metodologia qualitativa: sono stati condotti 4 focus group con 36 donne italiane non lavoratrici di età e carichi familiari diversi (con/senza figli) per capire se stanno progettando o possono considerare di avviare un'impresa; inoltre sono state condotte 20 interviste semi-strutturate online, 10 con imprenditrici italiane e 10 con imprenditrici straniere, di imprese medio-piccole, con diverse responsabilità di cura e appartenenti a diversi settori imprenditoriali. Focus group e interviste sono stati registrati, trascritti e si è proceduto all’analisi del contenuto, utilizzando il software NVivo, che ha permesso di individuare le categorie utili a comprendere le caratteristiche dell'imprenditoria femminile italiana e delle imprenditrici. È stata inoltre condotta un'analisi lemmatica utilizzando T-Lab per comprendere i principali fattori associati all'imprenditoria femminile.

La ricerca evidenzia una scarsa percezione di supporto e di riconoscimento dell’imprenditoria femminile nel contesto italiano, emerge il ruolo delle reti di supporto nella promozione dell'imprenditoria femminile, con un'enfasi specifica sull'impatto delle connessioni familiari e sociali. Queste reti sono importanti durante le prime fasi della creazione di un'impresa e nella conciliazione tra vita lavorativa e familiare.

Un tema certamente importante nel racconto sia delle donne disoccupate sia delle imprenditrici riguarda la conciliazione famiglia-lavoro. Mentre tra le disoccupate è comune una visione fortemente conflittuale del rapporto tra questi due ambiti (dato curiosamente trasversale ai carichi di cura), per le intervistate la relazione tra gli stessi appare certamente faticosa ed impegnativa ma non impossibile: la fatica è da attribuire non solo ad un impegno in termini di tempo e responsabilità, ma anche ad un impegno identitario ad un continuo lavoro nel creare e mantenere confini ottimali tra i due ambiti: al contempo la scelta imprenditoriale è fonte di libertà e flessibilità e quindi di benessere e soddisfazione.

Si coglie sia nelle disoccupate sia nelle imprenditrici il desiderio di una messa in gioco positiva in una attività in team, ove si condivida un sogno con colleghe e colleghi, le competenze specifiche di ciascuno si integrino reciprocamente e vengano valorizzate, le relazioni esistenti si connotino come positive e fiduciarie.

Si percepisce chiaramente la dimensione della cura, tipicamente femminile: l’impresa delle donne è una attività curata sia negli aspetti organizzativi e strutturali sia in quelli relazionali e umani.

Risulta evidente come la relazione tra famiglia e lavoro non è soltanto una questione di organizzazione ma riguarda l’identità della persona, che nella riflessione sociologica appare fortemente relazionale.

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Il family business: una ricerca su famiglia e lavoro in una prospettiva di genere in Italia e Spagna

Palermo Melanie Sara, Università degli Studi di Macerata

Il contributo analizza il tema del family business, considerando gli elementi che lo contraddistinguono, ovvero famiglia e impresa, e il rapporto tra vita lavorativa e familiare, adottando una prospettiva di genere attraverso una ricerca condotta in Italia e Spagna. La compresenza dei sistemi azienda e famiglia nelle imprese a conduzione familiare ne rappresenta un elemento di unicità, ma anche quello maggiormente problematico (Lattanzi et al., 2017). Infatti, da un lato, l’azienda si basa sulla razionalità e persegue un obiettivo puramente economico (la generazione del profitto), raggiungibile attraverso logiche orientate alla produttività e strumenti formali (relazioni economiche contrattualizzate), in questo caso i soggetti rappresentano degli strumenti; dall’altro, la famiglia coinvolta nell’azienda ha come obiettivo il benessere economico e socio-emotivo dei suoi componenti, dunque il successo economico aziendale è uno strumento per raggiungere il benessere familiare. Inoltre, i rapporti familiari si basano sulla reciprocità, la fiducia incondizionata, la cooperazione (Lattanzi et al., 2017). Tale intreccio può quindi avere ripercussione su molteplici aspetti della vita familiare e aziendale, in quanto le relazioni di un sistema vengono a sovrapporsi a quelle dell’altro, avviene quindi una sovrapposizione istituzionale dei ruoli. Inoltre, ciò può ostacolare la conciliazione famiglia-lavoro (Donati & Prandini, 2009), fortemente caratterizzata da differenze di genere che tendono a penalizzare le donne, sulle quali si fa affidamento per i compiti di cura ed educativi (Viganò et al., 2022). Alla luce di quanto illustrato, il contributo mira a comprendere le criticità della sovrapposizione tra famiglia e impresa, ovvero tra i legami di parentela e quelli lavorativi, attraverso una prospettiva di genere. Adottando una metodologia qualitativa, sono state svolte 21 interviste nel periodo compreso tra ottobre 2022 e maggio 2023. I 7 casi studio corrispondono ad aziende casearie in Spagna (3 nella Comunità Autonoma di Castilla y Leon), e Italia (quattro aziende nelle regioni Marche e Umbria). Le imprese sono state selezionate secondo i criteri della dimensione (micro e piccole) e del genere del titolare attuale (imprese a conduzione maschile e femminile); sono stati intervistati soggetti appartenenti a diverse generazioni. In riferimento al genere dei partecipanti, sono state intervistate 10 donne (5 in Italia, 5 in Spagna) e 11 uomini (5 in Italia, 6 in Spagna). I temi principali emersi dalla ricerca riguardano la sovrapposizione tra il sistema famiglia e impresa, maggiormente problematica per le donne, la quale consiste principalmente nella difficoltà di godersi il tempo libero con i familiari e di conciliare famiglia e lavoro, nonché nella possibilità di riversare le tensioni lavorative sulla famiglia e di confondere le gerarchie dei due sistemi. L’elemento della conciliazione è determinante se si considerano le ragioni che hanno spinto i soggetti intervistati ad entrare in azienda: l’autonomia necessaria per la conciliazione, la certezza di occupazione e l’accadimento di eventi personali e familiari (matrimonio, volontà di avere dei figli) hanno notevolmente condizionato le rispondenti donne. Si può quindi notare come le aziende di questo tipo rappresentino un fenomeno complesso, in cui la volontà di coniugare la vita lavorativa e familiare rappresenti un motivo determinante per l’ingresso delle donne in azienda; tuttavia, la forma aziendale e la sovrapposizione tra i due sistemi che lo denota ne rappresentano una forte criticità, nonché un ostacolo per la conciliazione famiglia-lavoro. Il contributo permette quindi di comprendere un fenomeno sociale ed economico complesso caratterizzante la società, ovvero quelle delle aziende a conduzione familiare, considerando l’equilibrio tra famiglia e lavoro.

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Conciliazione dei tempi e degli spazi: lavoro retribuito e non retribuito nel primo lockdown italiano

Annalisa Dordoni, Università degli Studi di Milano-Bicocca

Nella normativa italiana coesistono due modalità di lavoro da casa: il telelavoro, definito dai giuslavoristi già nel 1999; e il lavoro agile, smart working, comparso nel 2017. Nel caso del telelavoro le aziende sono tenute a garantire, a loro carico, idonee postazioni nelle case del personale e orari di lavoro prestabiliti con diritto alla disconnessione. Invece, nel caso dello smart working l’enfasi è posta sull’autonomia e sulla progettualità del lavoro. Questa modalità dovrebbe prevedere una ridefinizione dei processi organizzativi. In Italia, durante la pandemia di Covid-19, gran parte delle aziende, nonché le università, hanno implementato, ove possibile, il lavoro da casa per tutto il personale, in particolare nella modalità definita in Italia smart working o lavoro agile.

Si è trattato di lavoro da casa in situazione assolutamente emergenziale. Di fatto, durante la pandemia il lavoro si è solo trasferito dalle sedi aziendali alle case del personale, senza cambiamenti organizzativi, perciò l’utilizzo del termine smart working è stato definito da alcuni come improprio e sarebbe per altri meglio discutere di telelavoro. A causa dell'emergenza sanitaria, infatti, si è attuato un blocco totale della libertà di movimento e un conseguente confinamento domestico, per cui tutte le attività remotizzabili sono state trasferite nelle abitazioni individuali.

Scopo della ricerca è analizzare le relazioni vita-lavoro ponendo specifica attenzione al lavoro da remoto connesso alle restrizioni causate dalla pandemia da Covid-19. Il materiale empirico consta di 71 immagini del lavoro da casa durante il lockdown di marzo-aprile 2020, scattate, scelte e inviate, entro il 18 maggio 2020, da 71 lavoratori e lavoratrici. Rispetto al totale, 23 sono uomini e 48 donne, e 37 del totale sono persone con figli/e, di cui 12 padri e 25 madri. È stata utilizzata la tecnica native image making (Warren 2019; Pauwels e Mannay 2019) che permette di osservare la realtà così come esperita dagli attori sociali, senza influenzare la loro visione del mondo. Contestualmente all’upload delle fotografie, è stato chiesto di compilare un breve questionario, in cui fornire una motivazione della scelta e alcune informazioni socio-demografiche.

I vissuti del lavoro da casa sono intrecciati alle disuguaglianze di classe e di genere connesse, da un lato, alla questione abitativa e di condivisione delle case e, dall'altro, all’implosione degli spazi e dei tempi del lavoro retribuito e del lavoro (non retribuito) di cura. Questo studio ha permesso di osservare gli spazi e i tempi del lavoro da casa e la loro destrutturazione e implosione domestica.

L’esperienza del lavoro da casa è condizionata da fattori strutturali, come la classe e il genere. Lavoratrici e lavoratori precari e di classe popolare hanno minori risorse in termini di spazio, e inoltre, a seguito della chiusura delle scuole, padri e madri si sono ritrovati a gestire o supervisionare le attività dei figli a tempo pieno, con un aumento del tempo dedicato alla cura, soprattutto per le donne. Ciò ha causato, in Italia, forte stress lavoro (da remoto) - correlato in particolare per i/le giovani precari/e e per le madri lavoratrici (Manzo e Minello 2020, Carreri e Dordoni 2020, Dordoni 2023).

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Donne al bivio: maternità e dimissioni volontarie in presenza di figli 0-3 anni

Valentina Cardinali INAPP (Struttura Mercato del lavoro)

In un contesto di criticità strutturali della partecipazione femminile al mercato del lavoro, il target delle madri (25-45 anni) rappresenta un segmento problematico in ogni stadio della congiuntura economica. Le curve dell’occupazione analizzate per genere dimostrano che mentre in presenza di un figlio la partecipazione maschile aumenta, quella femminile arretra. A seguito della maternità, 1 donna su 6 esce dal mercato del lavoro, per un set di motivazioni che ha al centro l’esercizio in prima persona della funzione di cura. Anche in coppie dual earner, infatti, il care burden viene sostenuto prevalentemente dalle donne per un concorso di cause che intreccia la dimensione culturale con la condizione di inferiorità reddituale delle donne rispetto agli uomini -situazione che rende comunque le madri l’anello più debole in scelte di carattere familiare. In questo scenario, il paper affronta nello specifico il tema delle dimissioni dal lavoro di genitori con figli da 0 a 3 anni, che, nel nostro ordinamento, ove vige il divieto di licenziamento ne primo anno di vita del figlio, sono disciplinate dall’art .55 del dlgs 151/01. Tale dispositivo prevede un regime di particolare tutela dei genitori, richiedendo per l’efficacia delle dimissioni, una “convalida” da parte dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competente, successiva alla verifica, tramite questionario e colloquio, della genuinità delle motivazioni e dell’assenza di costrizioni esterne alla decisione di lasciare il lavoro. L’analisi delle attività di convalida (cfr. Ispettorato Nazionale del lavoro – Inapp Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri ai sensi dell’art. 55 del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151- anno 2022), mostra la forte connotazione di genere del dispositivo e delle motivazioni addotte per la scelta di dimissioni e fornisce, annualmente, evidenze quantitative dell’asimmetria dei ruoli di genere ancora esistente nella funzione di cura. Il paper analizzerà, quindi i trend del fenomeno a partire dall’analisi condotta sul dataset 2022 INL, e, attraverso anche il ricorso a specifici item contenuti nell’Indagine Inapp PLUS 2022, affronterà il ruolo che in questo trend ha esercitato la possibilità (dlgs 4 marzo 2015 n. 22) per il genitore che si dimette entro il primo anno del figlio, di ricevere la Naspi a seguito dell’ottenuta convalida, evidenziandone i vantaggi di breve termine, ma anche i rischi in prospettiva, non previsti né auspicati, di rafforzamento dell’inattività femminile. Questo esempio da un lato ripropone una riflessione sul tema del reale costo opportunità della partecipazione femminile e delle sue implicazioni, e dall’altro richiama la necessità, nel ciclo di vita della politica pubblica, di adottare il gender assessment sin dalla fase di policy design per rilevare e contrastare eventuali effetti divergenti che rischiano di ridurre il raggiungimento dell’obiettivo previsto.



 
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