Programma della conferenza

Sessione
Sessione 1 - Panel 3: Digitalizzazione e piattaformizzazione dei mondi sociali; distruzione creativa e divario culturale nell’epoca digitale.
Ora:
Giovedì, 22.06.2023:
14:00 - 15:30

Chair di sessione: Piergiorgio Degli Esposti
Chair di sessione: Simona Tirocchi
Luogo, sala: Aula 17

Secondo piano, Dipartimento di Scienze Politiche Palazzo Del Prete, P.zza Cesare Battisti 1

Presentazioni

Digitalizzazione e piattaformizzazione dei mondi sociali; distruzione creativa e divario culturale nell’epoca digitale.

Piergiorgio Degli Esposti1, Ariela Mortara2, Geraldina Roberti4, Antonella Mascio1, Francesca Setiffi3, Silvia Leonzi5, Giovanni Ciofalo5, Lorenzo Ugolini5, Fabio Ciammella5, Simona Tirocchi6

1Università di Bologna, Italia; 2IULM; 3Università di Padova; 4Università degli Studi dell'Aquila; 5Sapienza Università di Roma; 6Università di Torino

I servizi digitali e le piattaforme online sono diventati pervasivi nella nostra vita quotidiana e facilitano un'ampia varietà di attività sociali. Il processo di digitalizzazione con le sue piattaforme (Van Dijck, Poell, de Wool, 2018; Boccia Artieri, Marinelli, 2018) ha un impatto drastico sul mondo vitale diventando mainstream in molteplici ambiti sociali, con profonde implicazioni per il comportamento dei consumatori/prosumer (Ritzer, Jurgenson, 2010).

Le scelte progettuali delle piattaforme e gli algoritmi utilizzati influenzano le nostre vite in molti modi, poiché le loro azioni - deliberatamente o meno - stabiliscono le regole per le nostre interazioni sociali ed economiche; al punto che logiche algoritmiche ed i big data, costituiscono la neo weberiana “gabbia dei dati” (Peeters, Widlak, 2018) come parte invisibile della vita di ognuno di noi.

In questo senso recentemente si è assistito a un rinnovato interesse per le due idee: "distruzione creatrice (schöpferische Zerstörung)" (Shumpeter, 1942) e "ritardo culturale (cultural lag)" (Ogburn, 1922), connesse alle trasformazioni della sfera digitale. In aggiunta, aumentano gli studi che documentato come viviamo sempre più in un ambiente ibridato di dispositivi e tecnologie, in rapida evoluzione e capace di generare una costante sovrapposizione tra mondo fisico e mondo digitale, in una sorta di terzo luogo (Oldenburg, Brissett, 1982), che diviene una realtà estesa: a volte aumentata, a volte diminuita (Hahn, 2021).

Obiettivo del panel è comprendere come le istituzioni, gli individui e le infrastrutture siano in grado di mediare il potere delle piattaforme e come si possano applicare i postulati sociologici alla società digitale per comprenderne le dinamiche e individuare eventuali nuove categorie interpretative. L'attenzione è rivolta sia alle piattaforme in quanto elementi della tecnologia digitale, che per il loro potere di trasformare l'organizzazione della vita quotidiana in seguito alla loro straordinaria ubiquità e per l’essere gatekeeper per presso che ogni ambito sociale.

Gli abstract presentati, si collocano in maniera differente, tracciando un percorso omogeneo, all’interno dell’inquadramento teorico proposto.

Il primo contributo: “Perché compri su Shein? Le motivazioni dei consumatori del fast fashion tra sostenibilità e convenienza”, affronta il tema della fast fashion in relazione alla generazione Z e le problematiche legate alla sostenibilità ambientale, attraverso le pratiche consumeriste connesse a due piattaforme specifiche: Shein, come piattaforma distributiva e di e-commerce e TikTok come luogo digitale in cui i percorsi narrativi di tali pratiche prendono forma. In continuità con il primo contributo si pone: “Audience, Serie Tv e TikTok. Decostruire gli stereotipi di genere attraverso gli outfit delle serie Tv” che osserva in parallelo con una ricerca empirica, serialità e moda le audience delle serie TV, grazie alle pratiche attive dei consumatori-prosumer, siano in grado di decostruire stereotipi di genere. Anche in questo contributo la piattaforma digitale di riferimento è l’asiatica TikTok, in triangolazione con piattaforme di video streaming e distributori di fast fashion.

Il terzo contributo “Metamorfosi culturali e digitali nelle imprese del Nord Est” affronta il tema dell’innovazione digitale, della distruzione creatrice e del divario culturale all’interno di una specifica area territoriale, l’Italia del Nord Est. Il conflitto tradizione innovazione innescato dalla cosi detta industria 4.0 viene descritto attraverso una amplia ed articolata indagine qualitativa, che evidenzia le principali minacce ed opportunità per quel particolare distretto industriale. In ultimo, il quarto contributo “Sei gradi di separazione nella narrazione. Percorsi di (non?) consumo transmediale nella Platform Society” ha come fulcro l’analisi del ruolo del non consumatore/prosumer transmediale possibile grazie alla società delle piattaforme. La parte empirica fondata su un percorso di grounded theory propone i primi risultati di un percorso ancora in fieri.

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Perché compri su Shein? Le motivazioni dei consumatori del fast fashion tra sostenibilità e convenienza

Ariela Mortara, Università IULM
Geraldina Roberti, Sapienza Università di Roma

Negli ultimi decenni è progressivamente cresciuta la preoccupazione per l'impatto ambientale dell'industria della moda, responsabile di un notevole consumo di acqua, di una parte dell’inquinamento chimico complessivo, di considerevoli emissioni di CO2 e della produzione di un grande quantità di rifiuti tessili. In particolare, il fast fashion, un modello di business basato sull'offerta ai consumatori di prodotti sempre nuovi, economici e di tendenza, è responsabile del drastico aumento della produzione tessile e della costante rincorsa all’innovazione dei prodotti di moda, con conseguente aumento del loro impatto ambientale (Niinimäki et al., 2020).

Tra le aziende di fast fashion, Shein, fondata in Cina nel 2008 con il nome di Zzko, è cresciuta fino a diventare un vero e proprio concorrente dei colossi globali del settore come Inditex e H&M (Curry, 2023). Attraverso l’implementazione di quel modello commerciale definito “platform business” (Rahman, Thelen, 2019), che sfrutta gli effetti di rete per generare valore grazie all’interazioni tra tecnologie, gruppi e utenti, nell'aprile 2022 il valore del marchio ha raggiunto i 100 miliardi di dollari (Martin, 2022). Si tratta, a tutti gli effetti, di un ecosistema globale nell’ambito del quale le piattaforme svolgono un ruolo centrale, dando forma ad ambienti in grado di ospitare relazioni sia di tipo economico che sociale (van Dijck, Poell e de Waal, 2019).

Shein, che non vende in Cina, si descrive come un sito internazionale di e-commerce di fast fashion B2C che si concentra sull'abbigliamento femminile, ma offre anche vestiti per uomini, per bambini, accessori, scarpe, borse e altri articoli di moda. Grazie a un uso aggressivo dei social media – in particolare di Instagram e TikTok – e al supporto di numerosi influencer, la piattaforma è diventata molto popolare tra i giovani della Generazione Z, ma è riuscita a convincere anche i Millennial e i clienti più avanti con l’età, che si sono rivelati acquirenti assidui del brand. Per quanto riguarda le principali motivazioni che guidano gli utenti, ad attrarli sono soprattutto i prezzi convenienti e un catalogo di taglie ben assortito, sebbene un numero crescente di consumatori denunci un modello commerciale di moda istantanea che minaccia l'ambiente e non rispetta i diritti dei lavoratori (Martin, 2022).

L'intervento proposto presenta i risultati preliminari di un progetto di ricerca di approccio qualitativo finalizzato a comprendere le motivazioni di acquisto e le eventuali preoccupazioni dei consumatori italiani che utilizzano la piattaforma cinese di fast fashion. A tale scopo, sono state realizzate 20 interviste semi-strutturate con un campione di clienti Shein residente a Roma e a Milano per determinare le principali motivazioni di acquisto, le abitudini di consumo e l’importanza attribuita alle questioni relative alla sostenibilità delle specifiche pratiche di fruizione analizzate.

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Audience, Serie Tv e TikTok. Decostruire gli stereotipi di genere attraverso gli outfit delle serie Tv

Antonella Mascio, Università di Bologna

Nell’universo dei social network TikTok ha recentemente occupato una posizione di rilievo, caratterizzandosi come uno dei canali di espressione e comunicazione attualmente più utilizzati dalla Generazione Z. Nonostante le limitazioni date dal dispositivo, la qualità di molti video denota da parte dei tiktoker un lavoro di precisione e cura. Si tratta di produzioni dal basso che consentono ai giovani utenti di raccontare se stessi e allo stesso tempo di esprimere la propria creatività attraverso clip che mostrano posizioni culturali e valoriali.

Obiettivo dell’intervento è quello di presentare un’indagine esplorativa dei modi in cui, su TikTok, le giovani audience-fan propongono outfit ispirati a personaggi delle loro serie Tv preferite, agendo in modo creativo sull’etichettamento di genere. Molti, infatti, sono i video in cui i guardaroba maschili e femminili vengono presentati secondo personali rivisitazioni, evidenziando la capacità degli utenti- fan di mettere in scena un ragionamento riflessivo che comprende sia la passione per la (o le) serie Tv, sia l’apprezzamento per i singoli personaggi che per i loro guardaroba. Il linguaggio dell’abbigliamento (Crane, 2000; Edwards, 2011; Davis, 1992; Wilson, 1985) viene perciò utilizzato per interpretazioni personalizzate e proposte creative, in cui la definizione di maschile e femminile appare sempre più sfumata (Akdemir, 2018). Si tratta di forme discorsive che funzionano da «active means of communication» poiché mettono in evidenza dei cambiamenti in atto, funzionando da «sensitive barometers of social process and change» (Lupton, 2012, p.2).

Il campione scelto per l’analisi è composto da un insieme di video estratti da TikTok nei quali sono presentate versioni personalizzate e gender fluid degli outfit apparsi in scena, in specifiche serie Tv (da Sex Education, a Stranger Things, Peakey Blinders, Euphoria).

Considerando la Convergence Culture (Jenkins, 2006) come contesto teorico di riferimento e utilizzando una prospettiva analitica di stampo qualitativo, la ricerca propone di evidenziare:

- la competenza che ciascun utente esibisce sull’uso del social TikTok per mezzo dell’analisi delle clip video (Hui Z., Tongyue W., 2019);

- l’intervento realizzato sugli outfit, proponendo una negoziazione fra il regime del gusto apparso nelle serie Tv e il proprio (Bourdieu, 1979);

- L’uso dell’outfit per esprimere la propria volontà di andare oltre la dicotomia maschile/femminile.

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Metamorfosi culturali e digitali nelle imprese del Nord Est

Francesca Setiffi, Università di Padova

Il contributo ha lo scopo di descrivere e comprendere l’ “innovazione 4.0” sulle culture organizzative e sulle pratiche sociali di imprese operanti nel Nord Est a seguito di una ricerca empirica. La prospettiva di studio annovera sotto l’etichetta «innovazione 4.0» tutti quei processi organizzativi, più o meno formalizzati, attivati dalle imprese per implementare l’utilizzo delle nuove tecnologie con la consapevolezza del loro effetto sulla cultura dell’organizzazione e della formazione (Marini e Setiffi 2021).

La ricerca si è svolta nel periodo 2019-2021 coinvolgendo 15 aziende con sedi nel Nord Est avvalendosi della tecnica del case study - prospettiva ampiamente diffusa negli studi organizzativi. La sua peculiarità risiede nel permettere di focalizzarsi in modo intensivo su di un numero limitato di dimensioni del fenomeno con lo scopo di raggiungere una conoscenza approfondita dell’oggetto di ricerca (Swanborn 2010). In totale, sono state condotte e analizzate, mediante il software di ricerca qualitativa Atlas.ti, 45 interviste (30 figure apicali direttamente coinvolte nella progettazione, nella supervisione e/o nella gestione di tecnologie 4.0 e 15 responsabili delle risorse umane). Si tratta di una pluralità di forme di innovazione poiché in taluni casi assistiamo alla percezione, da parte di coloro che governano il processo tecnologico o gestiscono le risorse umane, di un rilevante cambiamento rispetto al passato mentre in altri casi abbiamo rilevato una prudenziale e graduale implementazione dei livelli di digitalizzazione che riduce l’enfasi sul passaggio al 4.0.

Dalle interviste si evince la necessità di considerare le tecnologie «abilitanti» intrinsecamente legate a un ri-pensamento di processi e pratiche organizzative e di competenze di lavoratori e lavoratrici (Bruni e Parolin 2014; Butera 2017; Magone e Mazali 2018). Le tre principali aree di criticità derivanti dall’implementazione del processo di digitalizzazione riguardano la: mancanza di un comune standard tecnologico (una sorta di “lingua comune”), il cambiamento costante delle competenze e/o dei ruoli e la difficoltà di interpretazione dei dati digitali. La crescente complessità degli ambienti digitali in ambito aziendale amplifica la necessità di considerare spazi e tempi di lavoro e di consumo sempre più ibridi riaffermando la centralità della figura del prosumer (Degli Esposti 2015) come una delle più importanti chiavi di lettura dei processi di digitalizzazione delle imprese.

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Sei gradi di separazione nella narrazione. Percorsi di (non?) consumo transmediale nella Platform Society.

Silvia Leonzi, Giovanni Ciofalo, Lorenzo Ugolini, Fabio Ciammella
Sapienza Università di Roma

Il paper si propone di riflettere sul rapporto che lega piattaformizzazione, transmedialità e fruizione di prodotti culturali (Freeman e Gambarato 2018; Van Dijck et al. 2018; Evans 2019) in seno al sistema mediale ibrido, analizzando in prospettiva ecologica (Scolari 2014; Colombo 2020) il consumo di testi narrativi. Infatti, nell’ambiente mediale creato anche dalle piattaforme, specifiche narrazioni tendono a espandersi facilmente in modo orizzontale attraverso il processo di spreadability, alimentando in questo modo la sedimentazione di contenuti e simboli che gli utenti, attivando pratiche co-creative riconducibili a logiche di prosumption (Ritzer, Degli Esposti 2020), utilizzano per negoziare significati condivisi. Questo processo è identificabile in un modello transmediale che descrive come l’immaginario collettivo si strutturi in universi narrativi attraverso pratiche partecipative (Leonzi 2022).

In particolare, il paper si propone di indagare le modalità attraverso cui specifiche narrazioni transmediali riescono a creare delle relazioni di significato con gli utenti anche quando questi non hanno fruito direttamente i testi di riferimento. Un primo obiettivo che si vuole conseguire è quello di comprendere come i consumatori, o meglio i non-consumatori di narrazioni, entrino in contatto con determinati contenuti. Questo porta alla luce diverse dinamiche attinenti proprio all’ecosistema mediale ibrido emerso dai processi di piattaformizzazione e mediatizzazione profonda (Hepp 2020).

In primo luogo, comprendere come si instaura la negoziazione per l’accesso e la selezione dei contenuti che l’utente consuma: è infatti ormai acquisita la centralità delle logiche degli algoritmi nella selezione dei testi, ma tali logiche sono dipendenti anche, e soprattutto, dalle scelte compiute dagli individui, quindi dal loro portato culturale e dalla dimensione sociale, relazionale ed esperienziale. Analizzare le modalità attraverso cui gli utenti comprendono determinate unità narrative, anche se mai attraverso la mothership dello storyworld di riferimento, può portarci a riflettere anche su come specifici significati e percorsi di (non) consumo, non riferibili esclusivamente a narrazioni fiction, prendono forma negli ecosistemi della comunicazione.

A tale scopo è stata realizzata una ricerca che prevede, da un punto di vista metodologico, il ricorso a diverse tecniche di raccolta e di analisi dei dati. In una prima fase esplorativa sono stati sintetizzati dei livelli di approfondimento rispetto alla capacità degli utenti di comprendere gli universi narrativi, rendendo operativi elementi e caratteristiche alla base del processo di worldbuilding (Wolf 2014; Ryan 2014). In questo modo è stata approntata una traccia per delle interviste in profondità volte a comprendere la dimensione dei consumi culturali dei partecipanti, le loro pratiche di interazione con i testi e con gli altri utenti, i repertori mediali a cui ricorrono. Il corpus delle interviste è stato analizzato ricorrendo a modelli tipologici, letterali ed ermeneutici narrativi (Montesperelli 2014), anche attraverso un approccio riconducibile alla grounded theory (Glaser, Strauss 1967). Nelle fasi successive è previsto il ricorso alla creazione e somministrazione di survey per ampliare l’analisi delle relazioni tra utenti, testi e pratiche di consumo mediali.

I primi risultati della ricerca offrono alcuni interessanti spunti di riflessione. In particolare, la capacità delle narrazioni transmediali di offrire una modalità atipica di colmare il “ritardo culturale” (Ogburn 1922) legato all’ibridazione dei media, che consente di “abitare” lo spazio generato dalla sovrapposizione di mondo fisico e mondo digitale anche a chi teoricamente ne sarebbe escluso. Quindi, la possibilità dei percorsi di consumo transmediale di configurarsi anche come una modalità di resistenza alla logica delle piattaforme, consentendo agli individui di partecipare agli universi narrativi attraverso modalità alternative.