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Sessione 4 - Panel 2: (Post-) Emergenze
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Per interesse o per necessità. Le percezioni giovanili sul volontariato dopo l’emergenza 1Università di Firenze, Italia; 2Università di Firenze, Italia Il periodo emergenziale è stato accompagnato da narrazioni che, da un lato, hanno fatto leva sulla radicalità e ineludibilità dei cambiamenti introdotti, rappresentando la pandemia come un turning point delle nostre società (Sala, Scaglioni 2020). Dall’altro lato, il cambiamento utopico (Pedroni, 2020) è stato visto come un’opportunità, una chance per i singoli individui e per le nostre comunità: “ne usciremo migliori”, abbiamo dichiarato. Proprio interpretando questo secondo versante proponiamo una riflessione su come la solidarietà e lo spirito comunitario sperimentati dai giovani durante l’emergenza, possano oggi dare impulso a nuove pratiche di partecipazione volontaria e di corresponsabilità (Mangone, 2022). Durante la pandemia, il Paese ha registrato alti tassi di donazioni[1], arrivando a coinvolgere le fasce di popolazione giovanile, solitamente più distanti da comportamenti donativi. Secondo i dati Censis (2022), 1 giovane (18-24 anni) su 4 si è impegnato personalmente in servizi di volontariato quali assistenza e sostegno ad anziani, disabili, malati, bambini, immigrati (Inapp, 2021). Si stima che tra il 2020 e il 2021 in Italia ci siano stati oltre 5mila nuovi volontari che hanno assicurato, soprattutto in ambito socio-sanitario, la continuità dei servizi, sostituendo i volontari più anziani, più fragili o esposti ai rischi del virus. Comparando la situazione descritta con i dati più recenti, invece, notiamo che già a fine 2021 si registra un drastico cambiamento di tendenza: dal 9,2% della popolazione che nel 2020 svolgeva volontariato, si passa al 7,3% a fine 2021, con un decremento (-4,6%) particolarmente evidente tra i giovanissimi, 14-19 anni (IID, 2022). A fronte dei dati nazionali, ci siamo chiesti allora se e in che modo la pandemia abbia ridefinito le percezioni dei giovani verso il volontariato, tra emergenza e quotidianità del gesto, tra formalità delle appartenenze e informalità degli atti generosi che si compiono per gli altri e per se stessi (Ambrosini, 2008); quali siano le rappresentazioni del volontario negli immaginari giovanili e come le organizzazioni no profit possano oggi, fuori dall’affanno emergenziale, intercettare tali visioni. Presenteremo i dati di una ricerca condotta tra il 2021 e il 2022 in Toscana, che ha coinvolto 407 studenti di scuola superiore (classi terze, quarte e quinte di istituti tecnici e licei). Le metodologie utilizzate sono di tipo qualitativo: una survey, mediante un form online (Datalifestudio), diffuso tra le classi aderenti, in cui si richiedeva la produzione libera di un elaborato sulla definizione soggettiva di volontariato, il racconto della propria esperienza e l’individuazione di un’immagine emblematica della propria visione; nella seconda fase, invece, si sono realizzati dei focus group per approfondire le esperienze giovanili, coinvolgendo i partecipanti in esercizi proiettivi e di rappresentazione simbolica del proprio vissuto. Ne è seguito un intenso lavoro interpretativo dei materiali raccolti, di cui presentiamo i primi risultati. Il quadro emerso è complesso e frastagliato. Per oltre due terzi del campione il volontariato è presente nella propria esperienza, diretta o indiretta. Particolare importanza è attribuita alla prossimità, sia delle organizzazioni di volontariato in cui ci si identifica, sia degli ambiti di intervento. Inoltre, se la pandemia ha portato i giovani a misurarsi coi bisogni cogenti e ad intraprendere scelte altruistiche istintive o tuttalpiù sollecitate dall’ambiente familiare, appare oggi molto forte il bisogno di professionalizzare la propria esperienza, sviluppando competenze spendibili nel curriculum scolastico e/o nel mondo del lavoro. Una visione maggiormente disincantata, forse, mossa dal desiderio di riconoscimento e autorealizzazione (Giaccardi, Magatti, 2022), dall’esigenza di accrescere la fiducia in se stessi (Rosina, 2018), privilegiando l’esperienza all’appartenenza (Turri, Paglione, 2018). Tra concezioni universaliste del volontariato e la concretezza dei gesti volontari, si presenteranno i “mondi possibili” immaginati dai giovani intervistati. [1] https://italianonprofit.it/risorse/guide/dati-solidarieta-coronavirus/#trasparenza-e-donazioni Emergenza Covid-19, digital divide, anziani: traino alla digitalizzazione e occasione mancata 1Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia; 2Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia L’emergenza Covid-19, soprattutto nella sua prima fase, ha portato a un incremento sia dell’offerta di contenuti e servizi digitali, sia del loro utilizzo, specie in Italia, un Paese che ha storicamente sofferto un certo ritardo nella diffusione delle tecnologie della comunicazione (European Commission, 2023): il perdurare di restrizioni ai contatti e alla mobilità ha favorito la digitalizzazione di molti servizi e di molti ambiti della vita quotidiana, come la comunicazione (videochiamate, email), l’intrattenimento (con l’esplosione delle piattaforme OTT di streaming) e i servizi di utilità (eGovernment e eHealth). Tale rapido (e spesso imposto) processo di digitalizzazione dovuto al Covid-19 ha quindi offerto l’opportunità a nuove fette di popolazione di approfondire la conoscenza degli strumenti digitali (Auditel & Censis, 2022). In particolare gli anziani, una parte di popolazione che soprattutto in Italia è meno digitalizzata rispetto alle coorti più giovani, hanno dovuto fare fronte alla repentina digitalizzazione delle relazioni (Rolandi et al., 2020) e dei servizi pubblici (NIHR, 2022), non riuscendo comunque a rimanere al passo con la generale crescita del digitale (Litchfield et al., 2021). Nonostante si pensasse che la pandemia sarebbe stata in grado di diffondere anche tra i più resistenti alle innovazioni l’utilizzo delle tecnologie, i primi dati e le prime evidenze empiriche rendono più sfuocata questa ipotesi. Alcuni studi hanno ipotizzato che questa accelerazione digitale rischi di essere in ultima analisi una spinta transitoria non in grado di ridurre il divario digitale (Lai & Widmar, 2021). Soprattutto la popolazione più anziana, col finire dell’emergenza pandemica, sta in parte ripristinando le abitudini analogiche precedenti e una nuova resistenza all’uso delle nuove tecnologie (Colombo et al., 2023). Alla luce di queste considerazioni, il presente studio intende esplorare il cambiamento intervenuto nel rapporto tra popolazione anziana e nuove tecnologie, a partire dai dati forniti da una ricerca qualitativa longitudinale intitolata “ACTIVE ageing in changing societies. Older people’s social and digital resources in pandemic and post-pandemic ITaly (ACTIVE-IT)” che ha coinvolto un panel di 40 anziani residenti nel Lodigiano, prima zona rossa d’Italia colpita dalla pandemia e dalle restrizioni. Questo contributo si propone di evidenziare come gli anziani attivi abbiano visto trasformarsi il loro approccio alla tecnologia dallo scoppio della pandemia (2020) ad oggi e, in particolare, quali aspetti siano di maggior interesse per gli anziani nell'uso delle tecnologie digitali e quali siano le principali sfide. Infine, vengono proposte alcune riflessioni e linee guida per rendere la digitalizzazione dei servizi sociali in grado di soddisfare meglio le esigenze e le aspettative della popolazione anziana. L’allerta incompresa: un’analisi dei tweet sull’allerta tsunami in Italia dopo il terremoto in Turchia 1Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, Sapienza Università di Roma, Italia; 2Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Il presente contributo di ricerca si propone di indagare le reazioni degli utenti italiani di Twitter all’allerta tsunami dello scorso 6 febbraio 2023, in conseguenza del terremoto avvenuto in Turchia. L’analisi preliminare dei messaggi evidenzia diverse e rilevanti criticità quali la mancata comprensione del messaggio d’allerta, le distorsioni nella diffusione della notizia e i potenziali fenomeni di disinformazione che possono aver inciso sulla risposta sociale all’allerta e sull’efficacia delle misure di protezione civile, fornendo alcuni importanti spunti per il miglioramento delle funzionalità del Sistema Italiano di Allerta Maremoti (Amato et al. 2018; Valbonesi et al., 2019; Amato, 2020). Lo studio si colloca nell’ambito degli studi italiani sulla comunicazione del rischio e dell’emergenza (Comunello, 2014; Comunello e Mulargia, 2020; Lovari e Bowen, 2020) e nel più ampio contesto degli studi sulla comunicazione del rischio e dell’emergenza (Lundgren & McMakin, 2018) e sulla risk governance (Aven & Renn, 2010) e sulla distribuzione dei messaggi d’allerta nel “last mile” alle popolazioni direttamente interessate dall’impatto dello tsunami (Setiadi, 2014). La ricerca, tuttora in corso, si avvale di un corpus iniziale di 133.760 tweet pubblicati a partire dall’evento e per tutta la settimana successiva (dal 6 al 13 febbraio 2023), selezionati attraverso le parole chiave “allerta” “tsunami” “maremoto” “Turchia” “Protezione Civile” “Centro Allerta Tsunami” ed estratti attraverso Mozdeh (Thelwal, 2018), software di text mining che consente di utilizzare le Twitter API for Academic Research per scopi di ricerca accademica, accedendo all’archivio di Twitter. Il caso di studio riguarda l’allerta tsunami diramata dal Dipartimento della Protezione Civile immediatamente dopo la scossa delle 2.17 del 6 febbraio a seguito di un terremoto di magnitudo (M) 7.9 avvenuto in Turchia sud-orientale, a confine con la Siria. Il terremoto, generatosi lungo la faglia Est-Anatolica, ha comportato la rottura della stessa per un tratto di circa 200 km (lunghezza) ed uno scorrimento di faglia (larghezza) di circa 3 metri. La forte magnitudo, l’alta densità di popolazione e la fragilità delle strutture presenti nell’area hanno causato a oggi il decesso di oltre 51.000 persone e oltre 120.000 feriti. Il terremoto ha inoltre distrutto più di 160.000 edifici lasciando circa 1,5 milioni di persone senza una casa. La vicinanza della sorgente sismica rispetto alla costa e i parametri fisici del terremoto avrebbero potuto innescare uno tsunami e pertanto, in base alle procedure di allertamento attualmente in vigore e alla matrice decisionale in uso, il Centro Allerta Tsunami dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha inviato al Dipartimento di Protezione Civile (DPC) un messaggio di allerta tsunami “Basin-Watch” per tutte le coste del Mediterraneo. Il messaggio è stato immediatamente diramato dal DPC a tutte le componenti del sistema nazionale di protezione civile, incluse le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province e i comuni, con esiti talvolta contraddittori, la cui analisi è fondamentale per il miglioramento delle performance del sistema. La ricerca si propone di verificare e se possibile di spiegare il reale livello di conoscenza e preparazione dei pubblici di Twitter sul fenomeno tsunami e sul funzionamento del Sistema Italiano Allerta Maremoto. La ricerca intende inoltre approfondire l’effettivo impatto delle attività di comunicazione pubblica (Enti Locali, Protezione Civile, Enti Pubblici di Ricerca) e il possibile innesco di processi di disinformazione riguardanti l’evento. Più in particolare, la ricerca analizzerà I) gli utenti più attivi e influenti, II) le principali metriche primarie e secondarie, III) il ruolo degli account dei cittadini net-savvy e di quelli legati al Sistema Nazionale di Protezione Civile e al mondo dell’Informazione. Inoltre, sarà proposta un’analisi qualitativa volta all’esplorazione di modalità e temi attraverso cui gli utenti hanno costruito il significato del rischio e dell’allerta tsunami. Comunicare la salute oltre la crisi pandemica: mappare e disseminare il dibattito internazionale. Il progetto Health Communication Monitor ALMED - Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia La pandemia di Covid-19 ha mostrato un aspetto già sottolineato da tempo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero la centralità della comunicazione nei processi di cura. La recente pandemia, con la sua necessità di comunicare in tempo reale cosa stesse succedendo a un vasto pubblico locale e globale, insieme con la straordinaria disponibilità di media, ha costituito, infatti, un osservatorio privilegiato per comprendere i meccanismi di comunicazione legati alla salute. Quali sono gli scenari che si stanno configurando dopo la pandemia? Come comunicare il sapere scientifico a pubblici diversi? Come comunicazione e cura si relazionano fra di loro? Si tratta di temi importanti su cui, tuttavia, non sempre policy makers e professionisti sono adeguatamente formati. L’università, per il suo ruolo, si presenta in questo contesto come un interlocutore privilegiato in grado di formare ma anche sensibilizzare su questi temi. Il paper cercherà di rispondere a queste domande attraverso la presentazione degli insight provenienti dalla letteratura internazionale raccolti dal progetto Health Communication Monitor (HCM). Il progetto è attivato da ALMED, Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, come iniziativa di terza missione finalizzato a offrire gli spunti più attuali della letteratura internazionale sui temi di media, comunicazione e salute. Si configura come un progetto di systematic review e insieme come un prodotto editoriale divulgato ogni due mesi tramite web e newsletter che vuole disseminare le best practice di comunicazione alla società civile. La systematic review viene condotta tramite il motore di ricerca interno della biblioteca di ateneo selezionando keyword dedicate e integrando con riferimenti che emergono dai saggi individuati o con la ricerca diretta su alcune riviste scientifiche (es. Health Communication). L’integrazione si è resa necessarie osservando le logiche algoritmiche del motore di ricerca utilizzato, che organizza i risultati per pertinenza rispetto alle keyword indicate nella ricerca full text, mostrando per primi comunque i saggi che contengono le parole chiave nel titolo, nell’abstract e nelle keyword. Risultano così privilegiati quegli autori che lavorano posizionando il proprio lavoro in ottica strategica rendendo necessario integrare i risultati con ulteriori ricerche. Nei primi quattro numeri, HCM ha analizzato 245 saggi scientifici (paper originali, systematic review e metanalisi) pubblicati nel periodo dicembre 2021 – luglio 2022 e afferenti a diversi settori scientifici, in particolare psicologia, sociologia della comunicazione, media studies. Il progetto si inserisce all’interno dei temi della conferenza in quanto si presenta come l’unione fra le missioni di ricerca e di disseminazione dell’università in modo creativo, attraverso un prodotto scientifico rigoroso ma al contempo fruibile da un pubblico non specialistico nella direzione di sensibilizzare professionisti e policy makers sulla rilevanza della comunicazione all’interno del contesto sanitario e più in generale della salute. Rispetto al tema della comunicazione della salute e delle tendenze che si stanno osservando post-pandemia, dal corpus di analisi emergono alcuni spunti interessanti. Un primo dato è la presenza non solo di articoli provenienti da Europa e Stati Uniti d’America, dove tradizionalmente si concentrano gli studi sulla comunicazione, ma anche da diversi Paesi del mondo, in particolare la Cina ma anche India, Etiopia, Sud Africa, Libano. Si tratta di un segno della globalità tanto della pandemia quanto degli studi sulla relazione fra media, comunicazione e salute. Fra gli aspetti più originali evidenziati dal dibattito scientifico, che possono interpretati come segnali creativi di gestione della crisi, ci sono le iniziative in cui online influencer sono stati coinvolti in iniziative di comunicazione (Gupta, Dash, & Mahajan, 2022; Pöyry, Reinikainen, & Luoma-Aho, 2022); il potenziamento dell’uso dei social media e l’aggiornamento dei linguaggi da parte delle istituzioni sanitarie pubbliche (Aristei et al., 2022; Kothari, Walker, & Burns, 2022; Lovari, 2020; Myrick & Willoughby, 2022); il ruolo dei social media nel dare voce a nuove patologie, come il long-Covid, a lungo discusso sui social media e poi riconosciuto come una patologia vera e propria dalla comunità medica (Jacques, Basch, Park, Kollia, & Barry, 2022). |