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Sessione 5 - Panel 7: L’Europa possibile oltre le crisi. Tra cambiamenti generazionali e flussi di comunicazione pubblica
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L’Europa possibile oltre le crisi. Tra cambiamenti generazionali e flussi di comunicazione pubblica 1Università degli Studi di Messina, Italia; 2Sapienza Università di Roma; 3Università per Stranieri di Perugia; 4Università di Torino; 5Università di Catania; 6Scuola Normale Superiore Firenze; 7Università di Genova Il panel intende riflettere sui flussi, le pratiche comunicative e le rappresentazioni mediali emergenti nello spazio pubblico dell’Unione europea, in una fase in cui la sua ridefinizione si incontra e interagisce con numerose tensioni e turbolenze. Infatti, si sono manifestati rischi (pandemia, conflitti, nazionalismi, disinformazione), che si intersecano con nuove sfide (transizione digitale, flussi migratori, partecipazione democratica). Questo ha un impatto sul sistema di valori e ideologie connessi al progetto d’integrazione (principi dell’Ue, diritti fondamentali), anche relativamente ai cambiamenti generazionali. La prospettiva è data dal ruolo delle crisi nel mutamento sociale e istituzionale. Piuttosto che immaginarle come fattori accidentali di disturbo rispetto a un percorso lineare e progressivo, magari artatamente usati da manipolatori o causati da cogenti volontà di attori egemoni, le fasi critiche, normalmente generate da eventi straordinari, sono la dimostrazione di un ritmo non stabile del mutamento stesso e costituiscono il momento di partenza di processi di ristrutturazione del dibattito pubblico e di reazione e riposizionamento da parte degli attori (Boudon 1985; Baumgartner, Jones 1993; Boydstun 2013; Anghel, Jones 2022). Già prima della pandemia, le crisi (Habermas 2014) hanno stimolato le istituzioni europee, a puntare su strategie e politiche riguardanti la comunicazione pubblica, evidenziando la necessità sia di garantire amministrazioni aperte ed efficienti attraverso l’uso delle piattaforme digitali (Luoma-aho, Canel 2020; Solito et al. 2020; OECD 2021; Ducci, Lovari 2022), sia di rafforzare il coinvolgimento dei cittadini e frenare le pressioni euroscettiche (D’Ambrosi 2019; Parito 2019; Belluati, Marini 2019). La disinformazione è minaccia recente, con conseguenze su dibattito pubblico e partecipazione democratica (Eder, Trenz 2004; Trenz et al. 2021; Lovari, Belluati 2023). In questo contesto, i mezzi d’informazione cercano di adattare le proprie logiche e strategie relazionali alle mutate condizioni, affrontando una transizione di modelli produttivi e distributivi e ridefinendo il modo in cui vengono rappresentate le issue, in particolare quelle oggetto di competizione politica e dibattito pubblico a livello transnazionale, che generano un impatto sul rapporto tra opinioni pubbliche nazionali e l’integrazione stessa. La tesi del panel è che lo spazio europeo si stia riconfigurando entro dinamiche discorsive orizzontali, favorite dai media digitali (van Dijck et. al. 2018; Bentivegna, Boccia Artieri 2020) e di cui i giovani sono importanti promotori (Pirni, Raffini 2022), non esclusivamente alimentate dalle tematizzazioni dei media legacy e da flussi comunicativi istituzionalizzati e tali da richiedere nuovi strumenti interpretativi di lettura della sfera pubblica europea. Tale riconfigurazione presenta aspetti d’interesse empirico e teorico soprattutto nell’agency di attori collocati nello spazio intermedio e di mediazione tra istituzioni e cittadinanza-pubblici: un’Europa fatta di reti tra mezzi d’informazione e organizzazioni di società civile o movimenti, in grado di reinterpretare i temi dell’integrazione in risposta alle nuove sfide. Lo spazio pubblico europeo è divenuto un ambito di pratiche quotidiane, di identità individuali e collettive che si formano intorno alla “every-day Europe” (Favell, Recchi 2019): un’Europa non concepita nei termini di un processo cognitivo, ma di un progetto narrativo intrecciato ai progetti individuali. Vi sono quindi diversi flussi informativi: autoprodotti dalle istituzioni, ed eteroprodotti, elaborati dai media informativi e generati o ridefiniti dalle diverse componenti della società civile. Ipotizziamo che l’interazione tra tali vari tipi di flussi dia luogo ad una sfera pubblica composita e dalla geometria variabile. Il panel offre un percorso di riflessione critica, attraverso quattro contributi incentrati su attività di ricerca di carattere teorico ed empirico per analizzare l’Ue nella dimensione intermedia in relazione agli scenari di crisi e alle modalità di gestirli tramite pratiche creative. Saranno indagati gli attori, i flussi di comunicazione, i temi e le questioni che si delineano nella sfera pubblica “agita”, quale ambito strategico di autoproduzione della società europea, che può dar luogo a istanze molteplici, anche critiche nei confronti delle politiche e delle attività istituzionali.
. Comunicare la transizione digitale. Un’agenda di ricerca per la sua sostenibilità democratica Marinella Belluati (Università di Torino) Sara Pane (Università Roma La Sapienza) La transizione digitale europea rappresenta uno degli orizzonti principali di sviluppo all’interno del suo spazio pubblico che mira a promuovere l'adozione di tecnologie digitali in tutta l'Europa al fine di migliorare l'efficienza, la competitività e l'innovazione dell'economia europea. La strategia è guidata dall'Agenda Digitale per l'Europa e richiede la collaborazione di tutti gli attori per garantirne il successo, nonché l'adozione di standard etici e legali per l'uso responsabile delle tecnologie digitali, inclusi i dati e l'intelligenza artificiale. I principi della transizione digitale sono definiti all’interno dell’Agenda Digitale Europea, la policy che ha come obiettivo sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto l'uso delle tecnologie digitali in Europa, con particolare attenzione al miglioramento della connettività, alla promozione delle competenze digitali e all'incoraggiamento dell'innovazione in tutta l'Unione, ma per far ciò necessità di essere compresa e accettata dai cittadini europei. L'Agenda Digitale Europea e la sua strategia di comunicazione sono quindi strettamente interconnesse, in quanto la comunicazione svolge un ruolo fondamentale nell'assicurare la comprensione, il sostegno e la partecipazione dei cittadini alla digitalizzazione dell'Europa e a sensibilizzare target di riferimento, imprese e stakeholder. La strategia di comunicazione che accompagna lo sviluppo dell’Agenda Digitale contribuisce ad aumentare la consapevolezza dei suoi obiettivi e delle sue misure e a incoraggiare la partecipazione e l'impegno dei cittadini e delle imprese in tutta Europa. Attraverso campagne di comunicazione mirate, la strategia cerca di educare e informare il pubblico sul potenziale delle tecnologie digitali per creare nuove opportunità, favorire l'innovazione e guidare la crescita economica. Ad esempio, l'Agenda Digitale Europea prevede l'adozione di misure per promuovere la sicurezza online e la protezione dei dati personali, e la comunicazione è un mezzo importante per educare i cittadini sull'importanza di tali temi e per fornire loro strumenti per proteggere la loro privacy online. Un aspetto importante della Strategia di Comunicazione è garantire che i vantaggi della digitalizzazione siano accessibili a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro background o dalla loro posizione geografica. Ciò include gli sforzi per promuovere l'inclusione digitale e l'alfabetizzazione digitale, che possono aiutare a colmare il divario digitale e a garantire che tutti gli europei possano partecipare all'economia digitale. In sintesi, l'Agenda Digitale Europea e la Strategia di Comunicazione sono strettamente collegate, con la Strategia di Comunicazione che svolge un ruolo chiave nel promuovere i benefici dell'Agenda Digitale e nel coinvolgere i cittadini, le imprese e i responsabili politici nella sua attuazione. Un altro ambito connesso allo sviluppo della digitalizzazione dello spazio pubblico europeo in stretta connessione è legato all’implementazioni di policies relative all'intelligenza artificiale strettamente correlate, in quanto l'IA è una delle tecnologie chiave che possono aiutare l'Europa a realizzare i suoi obiettivi di costruire un'economia digitale competitiva e innovativa. L'Agenda Digitale Europea sostiene lo sviluppo e l'uso responsabile e incentrato sull'uomo dell'IA e include obiettivi specifici relativi alla ricerca sull'IA, allo sviluppo delle competenze e all'uso etico. Partendo dalla convinzione che la transizione digitale in Europa coinvolge diversi livelli di policy e che quella di comunicazione sia fondamentale per coinvolgere i cittadini e gli stakeholder nella definizione e implementazione delle politiche digitali dell'Unione Europea, il presente contributo intende analizzare i principi di policy espressi dall’Agenda digitale mettendoli in relazione con gli altri grandi obiettivi dell’implementazione dei suoi principi democratici. Il fine è quello di definire un’agenda di ricerca rispetto alle forme di partecipazione digitale (piattaforme, forum) con particolare riferimento agli obiettivi del Next Generation EU e del PNRR come fattori propulsori della transizione digitale nei prossimi anni. . Il crocevia delle emergenze: immigrazione, pandemia e guerra nelle rappresentazioni dei giornali europei Matteo Gerli e Rolando Marini (Università per Stranieri di Perugia) Tra le questioni che interpellano l’integrazione europea e che hanno agitato lo spazio pubblico dell’Unione vi è l’immigrazione, dal punto di vista dei flussi e da quello della gestione. La prospettiva della società multiculturale è divenuta un nuovo cleavage, oggetto di competizione politica e, nelle sue varie articolazioni, issue di dibattito pubblico a livello transnazionale, impattando anche sul rapporto tra opinioni pubbliche nazionali e l’integrazione stessa. Il suo lento ma costante costituirsi come campo discorsivo, fortemente controversiale e divisivo fin dal principio, è stato accompagnato da momenti di profonda ridefinizione dei principali caratteri semantici del tema, mostrando una inedita capacità di rinnovarsi in congiunzione con il verificarsi di eventi straordinari. Il tema, quindi, si è venuto configurando come issue adattabile a differenti logiche simbolico-discorsive. Le rappresentazioni mediali del tema-immigrazione, del resto, sono la conseguenza delle diverse politiche migratorie (accesso, cittadinanza e diritti) che i paesi europei hanno realizzato, così come dei deboli tentativi di coordinamento transnazionale a livello europeo, che hanno piuttosto determinato fasi di notevole conflittualità tra i paesi membri. Tale contesto è pertanto caratterizzato da una parte dall’incertezza e inadeguatezza dei quadri normativi; dall’altra, da frequenti momenti di conflitto ideologico. I mezzi d’informazione si trovano quindi immersi in ambiente in tal senso turbolento e cercano di adattare le proprie logiche e le proprie strategie relazionali alle mutate condizioni, anche dovendo affrontare, essi stessi nel loro specifico campo, una transizione di modelli produttivi e distributivi. A tale proposito, la letteratura internazionale sull’argomento converge su alcuni tratti salienti che sembrano accomunare i differenti campi mediali nazionali: l’inclinazione verso la drammatizzazione e l’amplificazione da parte dei settori più commerciali dell’informazione; la congiunzione tra le strategie simboliche dei mezzi di informazione e alcuni attori del campo politico; il connubio tra immigrazione e devianza nel quadro di una perdurante assenza di risposte politiche risolutive al problema della gestione dell’accoglienza; la debolezza dell’approfondimento cognitivo, laddove anche la narrazione solidaristico-umanitaria risulta caratterizzata dall’uso di un linguaggio dai toni emozionali ed empatici. In tutto ciò, la prospettiva delle scienze sociali finora emersa manifesta la tendenza a isolare il ruolo degli organi di informazione dal contesto socioculturale più ampio in cui l’informazione viene prodotta, legittimata e fatta circolare, e ciò sembra essere all’origine di una connessione tra insicurezza e rappresentazioni mediali, soprattutto nelle situazioni in cui gli eventi portano a considerare l’immigrazione una emergenza ricorrente. Così come tale prospettiva sembra troppo spesso scivolare sul piano della denuncia della inadeguatezza e irresponsabilità dei media stessi. In questo paper, ci si propone di indagare il modo in cui il tema dell’immigrazione si è venuto a riarticolare in congiunzione con le due recenti emergenze che hanno investito i paesi membri dell’Unione Europea: la crisi determinata dalla pandemia di Covid-19 e il conflitto militare tra Russia e Ucraina. In particolare, ci si chiede se e in che misura le due crisi anzidette abbiano ridefinito il modo in cui l’immigrazione viene “gestita” dal sistema dell’informazione mainstream, sia in termini di attenzione sia nella sua articolazione simbolico-discorsiva. Si intende inoltre prendere in considerazione l’avvento sulla scena mediale di nuovi attori e “figure” quali i profughi ucraini, nuovi leader politici, le ONG, ecc. In questa prospettiva, ci si propone inoltre di indagare sotto quali specifiche condizioni il giornalismo riesca a farsi portatore di un approccio orientato all’advocacy e all’accountability nei confronti dei decisori nazionali e del decisore europeo (UE), manifestando una capacità di rappresentare le emergenze globali in modo relativamente indipendente dalle influenze del mercato e della politica partigiana, seppur nella costante ricerca di un bilanciamento tra diversi interessi. L’analisi viene posta anche sulle strategie di rappresentazione delle opinioni pubbliche nazionali, delle loro tendenze e tensioni interne, che possono essere il riflesso nelle notizie di un’attenzione verso l’agency della gente comune; anche al fine di allargare lo sguardo sulla configurazione del sistema relazionale che condiziona l’agenda mediale. Verranno presentati e discussi i primi risultati di un’analisi che porrà a confronto le più importanti testate di tre paesi europei (Italia, Spagna e Francia), basandosi su un campionamento di un periodo di tre mesi per ciascuno dei tre anni di riferimento (2018, 2020 e 2022). Nello specifico, l’analisi del contenuto verrà realizzata tramite una combinazione di tecniche lessicometriche e di approfondimento qualitativo (ermeneutico) su determinati segmenti della copertura giornalistica che risulteranno maggiormente rilevanti. Pertanto, il paper intende proporre una prima esplorazione delle principali piste di ricerca, con particolare riferimento agli aggregati tematici, agli attori che si muovono nello spazio tematico delle notizie e alle evidenziazioni delle differenze salienti tra i sistemi mediali nazionali. . Come salvare le elezioni. La strategia della UE nell’era della disinformazione Rossana Sampugnaro, (Università di Catania), Hans-Jörg Trenz, (Scuola Normale Superiore, Firenze) Disinformazione e post-truth determinano una reazione delle istituzioni pubbliche e della società civile che mettono in atto strategie per contenere gli effetti distorsivi sulla sfera pubblica. L’obiettivo di questo studio è quello di delineare le caratteristiche delle politiche contro la disinformazione, formulate dall’Unione Europea, negli ultimi cinque anni attraverso una serie di chiavi di lettura: l’attività definitoria di disinformazione e la sua evoluzione, l’individuazione delle cause di quello che viene definito come disordine informativo (frames diagnostici) e le strategie ritenute coerenti con l’analisi del fenomeno (frames prognostici). Dall’osservazione emerge un cambiamento frequente di prospettiva e di strategia che dipende dalla diagnosi della disinformazione, inizialmente attribuita quasi esclusivamente all’azione di nemici esterni all’Unione (Russia) e successivamente vista come il frutto dell’azione anche di attori politici ed economici interni. Il cambio di approccio implica l’individuazione di interlocutori diversi per il contenimento della disinformazione: se il nemico è esterno, gli interlocutori sono i soggetti intermediari della comunicazione (grandi corporations che gestiscono la piattaforma digitale, agenzie di pubblicità, giornali, etc.); quando l’approccio diventa più complesso, con una maggiore consapevolezza dei meccanismi che possono alimentare la disinformazione (Mudde, 2018; Michailidou et al., 2023 forthcoming) e l’attribuzione di responsabilità ad una pluralità di attori, vengono chiamati ad un patto di corresponsabilità contro le minacce ibride anche partiti, fondazioni, società civile e tutti coloro che operano sulla piattaforma digitale. Il punto di vista prescelto è quello delle politiche tese a salvaguardare la sfera pubblica in un momento importante (quanto circoscritto) ossia quello delle elezioni. Le misure sono numerose e tra queste ricordiamo la recommendation [C (2018)5949] della Commissione riguardante le Elezioni Politiche, la European Digital Strategy (https://digital-strategy.ec.europa) e l’European Democracy Action Plan (2020) sulla corretta conduzione delle elezioni (sponsored political content, political parties' funding, protezione delle infrastrutture dalle minacce, etc.). La scelta del focus risponde a due criteri: quello di valutare le politiche circoscrivendo l’obiettivo e quello di confrontarsi con un problema diventato centrale in seguito alla Brexit e all’affermazione (inizialmente non preventivata) di Donald Trump. Avviene che “new sources of biases in opinion have emerged through targeted campaign, stealth propaganda, inauthentic online expression and unaccountable algorithmic filtering which may potentially result in manipulation, polarization and radicalizations” (Michailidou et al., 2023 forthcoming: 61). Al centro del dibattito vi sono le conseguenze del “potere dei dati” sulla qualità della democrazia, sulla trasformazione della sfera pubblica e sull’esito delle elezioni. Lo scandalo Cambridge Analytica tematizza l’uso improprio delle digital prints (nello specifico quelli di Facebook), suscitando allarme nell’opinione pubblica e rendendo palese quello che era risaputo tra gli addetti ai lavori (Sampugnaro, 2020; Cepernich, 2017; Howard, 2006; Nickerson e Rogers, 2014). Lo studio è condotto attingendo ai documenti e all’attività regolamentare delle principali istituzioni europee (Commissione, Parlamento e Consiglio Europeo) ed esaminando i report sulla implementazione di queste politiche nell’ultimo biennio, attraverso una analisi dei dispositivi discorsivi ricorrenti, di tipo diagnostico e prognostico sul tema della disinformazione e delle elezioni. . Futuro made in Europe. Il movimento Volt per la partecipazione transnazionale Lucia D’Ambrosi (Sapienza Università di Roma), Mariaeugenia Parito (Università di Messina), Luca Raffini (Università di Genova) Il paper intende analizzare la partecipazione dei giovani ai flussi comunicativi emergenti di dibattito pubblico transnazionale. L’ipotesi di partenza è che si sia formato, attraverso una molteplicità di pratiche sia spontanee da parte dei cittadini, sia sollecitate dalle istituzioni europee, uno spazio pubblico europeo “di fatto”, all’interno del quale si articolano una molteplicità di flussi simbolici, anche favoriti dai media digitali (Bossetta, Dutceac Segesten, Trenz 2018; Belluati, Marini 2019). All’interno di questo contesto, ipotizziamo che i più giovani siano più propensi a sviluppare un “European-based way of thinking” che impatta sul senso di appartenenza all'Unione europea, sulla disponibilità a partecipare al dibattito pubblico e sulla promozione di forme comunicative spontanee e innovative capaci di raggiungere target lontani dai temi sull’Ue promossi da media legacy e dagli attori politici (D’Ambrosi, Parito 2022, Parito et al. 2023). Si tratta di discorsi e prassi non necessariamente qualificabili come politici in senso convenzionale, ma che grazie al ruolo attivo della società civile e delle ONG, sono portatrici di istanze e diritti fondamentali e sono funzionali a valorizzare l'empowerment della cittadinanza. Una chiave di lettura che si intende approfondire è che per i giovani - “nativi europei” - l’appartenenza all’Ue non sia più soltanto declinata come un orizzonte cognitivo, ma come un ambito di riferimento naturale della propria “every-day participation” (Vromen-Collins 2010). L’Europa, quindi, prende forma come spazio di pratiche, dando luogo a dinamiche di europeizzazione orizzontale (Mau 2010) e di “sub-europeizzazione”, ovvero di europeizzazione della vita quotidiana. Il paper presenta uno studio esplorativo e qualitativo condotto attraverso l'analisi del movimento pan-europeo Volt, fondato e composto da giovani sotto i 35 anni e presente nei 27 Paesi dell’Unione europea. Volt si propone di essere il primo partito propriamente europeo, portando all’interno dei dibattiti pubblici nazionali temi per un ‘futuro made in Europe’ attraverso un punto di vista che trascende lo sguardo e gli interessi nazionali. La ricerca prevede un’analisi dei contenuti presenti nel sito e nelle pagine social del movimento europeo, finalizzata a indagare il modo in cui è direttamente e indirettamente tematizzata l’Europa, come orizzonte identitario e di pratiche creative. L’analisi è supportata da interviste in profondità semi-strutturate con alcuni giovani italiani - co-fondatori, attivisti che fanno parte del movimento italiano, eletti in consultazioni locali - per analizzare i principali fattori che incidono sulla partecipazione e le modalità di attivazione. L’analisi evidenzia alcuni aspetti positivi nella valorizzazione di queste esperienze partecipative da parte degli attivisti, fondate su una leadership diffusa e sulla condivisione di expertise e competenze sviluppate in diversi ambienti (digitali e non) e su più livelli (locale, regionale, nazionale e europeo). Si evidenzia, in particolare, un atteggiamento critico verso l’Unione europea, sostenuto dall’idea di un’Europa unita, seppur diversa da quella attuale, e che è “agita” nella vita quotidiana dei cittadini. Al contempo emergono alcune criticità nella gestione di queste forme di partecipazione, spesso poco visibili nelle arene di dibattito pubblico. La “vocazione” transnazionale sembra, inoltre, interessare solo una nicchia di giovani, già interessati ai temi europei e al dibattito politico.
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