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Sessione 2 - Panel 7: Terzo settore e cura nella società contemporanea: cultura, soggetti e narrazioni
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Presentazioni | ||
Terzo settore e cura nella società contemporanea: cultura, soggetti e narrazioni 1Università Cattolica del Sacro Cuore, Italia; 2Università degli Studi Roma Tre; 3Uversità degli Studi di Veronai; 4Università degli Studi di Verona; 5Università Cattolica del Sacro Cuore; 6Università degli Studi di Bologna Il terzo settore italiano da molto tempo in prima linea nella promozione di azioni e processi di cura, si è rivelato un attore sociale strategico durante il periodo della pandemia da Covid-19. Durante il periodo pandemico è emersa una maggior consapevolezza circa l’importanza delle relazioni sociali e di quanto sia fondamentale per la società disporre di luoghi come quelli propri degli organismi di terzo settore, che rendano accessibili tali relazioni. Il processo di attribuzione di senso che avviene all’interno delle relazioni sociali di tipo micro e di tipo meso rende il terzo settore un fenomeno innanzitutto culturale. Inoltre, poiché il terzo settore è una realtà sociale a elevato dinamismo, esso si modifica sia per spinte endogene, sia sul versante esterno, nei confronti dell’ambiente circostante, in relazione alle sfide poste dalle trasformazioni sociali che caratterizzano la società contemporanea, come la velocità del cambiamento nella vita sociale durante la pandemia ha chiaramente documentato. Dal punto di vista culturale il valore aggiunto immesso nelle azioni prosociali compiute dalle organizzazioni di terzo settore è connesso ai codici simbolici dell’altruismo, della reciprocità, della fiducia e della solidarietà. Laddove tali codici informino le relazioni sociali di tipo meso che avvengono nell’ambito delle organizzazioni di terzo settore, si genera un valore sociale specifico, il capitale sociale sia di tipo associativo sia comunitario, il quale rappresenta un patrimonio simbolico di cui può avvalersi il contesto di riferimento. Un orientamento emergente nell’ambito del terzo settore è relativo alla diffusione di una cultura della disseminazione, tesa a promuovere la mutua circolazione di esperienze positive, le cosiddette “buone pratiche” tra i diversi stakeholder di livello meso – enti, istituzioni e organizzazioni – attivi nei territori. Si tratta di uno scambio esperienziale e culturale in grado di introdurre innovazione sociale nell’offerta di prestazioni e servizi, in un quadro di crescente complessità dei bisogni sociali che si configurano sempre più spesso come bisogni plurimi e multidimensionali. Anche il livello della interlocuzione e della risposta a tali bisogni deve pertanto collocarsi ad un analogo livello di complessità, prevedendo talvolta l’assunzione di processi decisionali condivisi, nella prospettiva della co-governance, e la realizzazione di servizi orientati alla co-produzione. Il terzo settore può fungere da catalizzatore di tali processi, dal momento che la sua diffusione capillare nei contesti locali lo rende recettore in tempo reale dell’insorgere dei bisogni e della loro trasformazione. Il panel intende quindi focalizzare, attraverso i contributi proposti, la rilevanza culturale del fenomeno, la sua significatività nell’introdurre innovazione nei servizi alla persona - sia in situazioni di cura attesa, relativei alle fasi del ciclo di vita familiare, come nel caso dei servizi alla prima infanzia, sia in contesti emergenziali, come durante il periodo della pandemia - e, non ultimo, il senso di una sua narrazione che, mediante comics e graphic novels, contribuisca alla costruzione di una società civile globale. . Tra cultura della cura e della solidarietà: Il terzo settore verso un nuovo ruolo? Francesca Cubeddu, Università degli Studi Roma Tre Il terzo settore negli ultimi anni ha acquisito un ruolo importante nelle attività del Paese. Gli Enti del terzo settore di cui fanno parte Organizzazioni di Volontariato, Fondazioni, Associazioni di promozione sociale, Enti filantropici; Imprese sociali, Cooperative, Reti associative, Società di mutuo soccorso, e associazioni senza finalità di lucro, sono oggi, come dimostrano i dati Istat, in crescita per numero e più presenti sul territorio. Sono Enti che seppur essendo giuridicamente differenti hanno le medesime finalità, gli stessi scopi e agiscono nello stesso modo sul territorio. Le azioni che essi mettono e hanno messo in opera sono mosse dal rispondere ai bisogni del territorio e dal risolvere le problematiche emergenti. Con l’avvento della emergenza sanitaria da Covid-19 e con il lockdown, il terzo settore ha mostrato la sua forza e la sua competenza, attraverso le azioni messe in atto sia dagli operatori e sia dai volontari. Azioni che hanno messo in luce le finalità promosse dai diversi Enti quali la cura della persona e il suo benessere. Associazioni come la Croce Rossa Italiana o Caritas erano e sono presenti sul territorio per aiutare a fronteggiare la crisi e gli impatti negativi causati dalla pandemia. Nonostante il Terzo Settore, non comparisse nei provvedimenti iniziali del Governo nelle misure previste per fronteggiare la pandemia sono stati destinati fondi specifici e azioni a sostegno del Terzo settore, che, nella crisi emergenziale, ha affiancato le pubbliche amministrazioni nelle azioni di sostegno alle categorie fragili e negli interventi di contrasto ai fenomeni di povertà ed emarginazione sociale. Il terzo settore ha mostrato attraverso diversi suoi Enti di voler sostenere la persona e i suoi bisogni. Di mutare le proprie attività assicurando servizi di prima necessità, dal portare la spesa e i farmaci, all’accompagnare le persone con i trasporti sociali e sanitari, alla compagnia attraverso social, telefono e piattaforme. Azioni promosse dagli Enti a dipendenti e volontari attraverso una cultura della persona, del suo benessere, della cura e della solidarietà. Gli Enti del terzo settore, secondo i dati e i report sono cresciuti non solo per numero di volontari ma per numero di dipendenti. Con l’emergenza sanitaria da Covid-19 essi hanno costruito una propria immagine esterna, mostrando e trasmettendo le proprie finalità e allo stesso tempo internamente si è creato una cultura della cura e della solidarietà verso ogni persona, andando a cercare di risolvere le diverse richieste. Il terzo settore ha avuto un incremento e uno sviluppo interno, con l’emergenza sanitaria da Covid-19 molti Enti si sono messi in gioco e hanno scoprendo anche molte risorse prima nascoste. L’intervento, prendendo in analisi alcuni Enti come Croce Rossa Italiana, Caritas e la Fondazione Cariplo vuole osservare le azioni e i processi messi in atto da questi tre Enti per il contrasto della pandemia cercando di metterne in luce il ruolo che essi hanno avuto durante la pandemia e che cosa essi abbiano al loro interno mutato sia durante l’emergenza sia nel post emergenza. Si cercherà di comprendere se sia possibile una trasmissione della cultura della cura e della solidarietà. Saranno anche presi in esame i Bilanci Sociali degli Enti, dati secondari e documenti interni agli Enti. .
Dimensioni, cultura e mobilitazione alla cura da parte dei volontari italiani sotto l’effetto del primo lockdown Sandro Stanzani, Università degli Studi di Verona Il lavoro che si propone poggia su due indagini campionarie (metodo Cawi) condotte in Italia con l’assistenza di SWG. La prima rilevazione è avvenuta nel 2017 su un campione di 1.000 casi. La seconda rilevazione è stata condotta dal 24 al 30 aprile 2020. Alla seconda rilevazione hanno risposto 724 dei 1.000 intervistati coinvolti nella prima fase (ovvero il 71,6%). A tale campione panel sono stati aggiunti altri 287 casi come sostituti (fresh sample) al fine di ottenere la medesima distribuzione territoriale per età e sesso del campione della prima indagine. Le due indagini hanno concentrato la loro attenzione sul tema dell’agire volontario in Italia. Una prima domanda di ricerca di carattere esplorativo ha intenso misurare le modalità con le quali gli italiani realizzano le loro esperienza di volontariato: continuativo, episodico, spontaneo. In secondo luogo, attraverso analisi bivariate si osservano gli orientamenti culturali, con particolare attenzione per la cultura civile, la dotazione di capitale sociale e di orientamento comunitario dei vari tipi di volontari e se ne confronta l’evoluzione nel tempo. Inoltre, attraverso la seconda indagine che è terminata pochissimi giorni prima della chiusura della fase di lockdown generato dal rischio covid-19 è possibile realizzare, anche sulla scorta di una domanda specifica, una misura dell’impatto che il bisogno di cure e di assistenza, che ha caratterizzato il Paese in quella particolarissima fase, ha prodotto sulla mobilitazione degli italiani all’agire volontario. Tra i principali risultati emersi dall’indagine va segnalata l’entità della distribuzione tra la popolazione delle esperienze di volontariato. In particolare, osservando il fenomeno secondo una diversa prospettiva, ovvero considerando complessivamente le esperienze di volontariato continuativo o episodico, attive al momento presente o avvenute in passato, se ne è ricavato, con una certa sorpresa, che solo il 10,2% degli italiani non ha mai svolto attività di volontariato. Dato che raramente emerge in letteratura e che merita riflessioni e analisi più approfondite, ma anche meno allarmistiche, per meglio comprendere le strategie di azione degli italiani rispetto all’esperienza di volontariato. Inoltre, i dati mostrano che la quota maggioritaria del campione (31,5%) ha avuto solo esperienze di volontariato episodico (attive al momento o in passato). Il 28,5% ha o ha avuto solo esperienze di volontariato continuativo. Mentre il 29,9% ha avuto sia esperienze di volontariato continuativo che di volontariato episodico. La ricerca fornisce anche un indizio di quale sia la relazione tra l’orientamento all’agire volontario e i comportamenti di cura. Il 30,2% degli intervistati ha dichiarato di essersi mobilitato come volontario in almeno una delle iniziative attivate nella sua città per l’emergenza Covid-19. .
Il Terzo Settore nella cura delle nuove generazioni: riflessività e nuove pratiche creative nei servizi per l’infanzia del Consorzio PAN Maria Letizia Bosoni, Università Cattolica di Milano La pandemia ha rappresentato un momento di forte criticità, tuttavia questo tempo rischioso ha consentito una maggiore comprensione delle dimensioni specifiche e distintive delle realtà del Terzo Settore nella produzione dei servizi per le famiglie, quali la personalizzazione, la familiarizzazione e i processi di alleanza e co-produzione tra servizi e famiglie (Beresford 2014, Carrà 2019, Cox et al. 2007, Duffy 2010, Pestoff 2006, Vickers, Minke 1995 ). Questo contributo intende evidenziare gli esiti dei processi riflessivi emersi rispetto all’ambito dei servizi per l’infanzia gestiti dal Terzo Settore, fortemente messi alla prova durante il periodo pandemico (Dayal, Tiko 2020, Saavedra 2020), attraverso i risultati di uno studio condotto con i servizi educativi del Consorzio PAN, che ha visto la partecipazione del personale educativo di asili nido e scuole dell’infanzia associati al Consorzio. L’indagine aveva l’obiettivo di comprendere se e come tali servizi, gestiti dal Terzo Settore, sono riusciti a rispondere efficacemente alle logiche partecipative e co-produttive nelle relazioni con le famiglie e attraverso quali pratiche innovative. Il Consorzio PAN -– Servizi per l’infanzia - è nato nel 2004 dalla sinergia delle più grandi reti di Terzo Settore e ad oggi composto dal Consorzio nazionale CGM, Consorzio nazionale Con-Opera e dalla Banca Intesa Sanpaolo. Questa innovativa partnership sociale si fonda su alcuni valori condivisi: la centralità dei bambini e delle loro famiglie, l’educazione come una responsabilità collettiva, la famiglia come protagonista insostituibile dei processi educativi (Rossi, Boccacin 2011). Lo studio si è svolto tra il 2021 e il 2022, adottando una metodologia mixed method, coinvolgendo in totale 23 coordinatori ed educatori in focus group online (due nel 2021 e due nel 2022) e 128 genitori di diverse strutture gestite dai soggetti che aderiscono al Consorzio PAN attraverso un questionario online nel 2021. I risultati evidenziano innanzitutto la capacità riflessiva sia del personale educativo sia dei genitori circa la loro relazione, aspetto che ha consentito il consolidamento della relazione di alleanza su base fiduciaria e collaborativa. I servizi hanno affrontato un processo di cambiamento che ha permesso di cogliere le potenzialità, oltre i limiti, aprendo nuovi scenari e generando una peculiare capacità di fronteggiare positivamente le sfide e di praticare una cura personalizzata, identificata come obiettivo specifico dei servizi del Terzo Settore e su cui si basa fortemente la vocazione professionale degli operatori intervistati. Attraverso il supporto delle nuove tecnologie i servizi sono riusciti inoltre mantenere viva la relazione con i genitori, rispondendo alla sfida della familiarizzazione e ponendosi come punto di riferimento specifico rispetto al compito educativo. Più limitata appare invece la capacità di co-progettare e co-produrre con le famiglie: nella fase post pandemica i genitori sono coinvolti prevalentemente nella realizzazione di attività educative collaborando nel reperimento dei materiali educativi o nella preparazione delle attività, meno nella progettazione, tuttavia laddove la logica co-produttiva viene praticata gli esisti positivi in termini di capitale sociale sono chiaramente percepiti dagli interlocutori. Anche le famiglie, da quanto emerge dai questionari, hanno affrontato, un processo di cambiamento: inizialmente disorientate e profondamente affaticate hanno trovato in questo momento di forte criticità la possibilità di riscoprire la valenza positiva delle relazioni, unita all’esigenza di condividere il compito di cura ed educativo dei figli, riscoprendo i servizi educativi come luoghi elettivi per queste relazioni. L’indagine ha consentito di evidenziare come questi servizi hanno mostrato e praticato – anche nei momenti di chiusura - una prossimità alle famiglie che caratterizza in modo specifico il Terzo Settore e le famiglie si sono mostrate resilienti nel relazionarsi con i servizi, rinsaldando il patto collaborativo. .
La rappresentazione del Terzo Settore nei Comics e nelle Graphic Novels. Nuovi strumenti per coinvolgere gruppi di popolazione “hard-to-reach” Andrea Bassi, Università degli Studi di Bologna La relazione tra scienze sociali e comics vanta una lunga tradizione, soprattutto negli USA, a partire dal secondo dopoguerra (si vedano i lavori pionieristici di Zorbaugh, H.W). In Europa i primi studi sistematici appaiono in Francia nell’ambito delle analisi sulla cultura di massa o cultura popolare (Boltanski, L. 1975; Bourdieu, P. 1975). Gli studi e le riflessioni sul ruolo sociale dei comics ha un forte sviluppo a partire dal nuovo millennio in relazione alla diffusione delle graphic novels (Barberis, E., Grüning, B. 2021). La presente ricerca intende analizzare l’uso dei comics e delle graphic novels da parte delle organizzazioni dell’economia sociale e solidale, in particolare in tre ambiti: a) come strumento per realizzare campagne di informazione e sensibilizzazione verso pubblici difficilmente raggiungibili (young, teen-agers, ethnic e religious minorities, etc.); b) come strumento di comunicazione delle proprie attività anche a fini di fund-raising; c) come strumento di formazione per i quadri della SSE o nell’ambito di progetti educativi nelle scuole (Moretti V. e Scavarda A. 2021). L'utilizzo dei comics per lo svolgimento di queste tre funzioni, advocacy, social communication (fund-raising) and education/training, è noto in specie nell’ambito delle NGO impegnate nel settore della cooperazione internazionale allo sviluppo (si vedano le pubblicazioni di Médecins sans frontières 1988, 1991, 1994). Dal punto di vista metodologico lo studio si basa sull’analisi di alcuni studi di caso di NGO che utilizzano i comics come strumento di comunicazione e sensibilizzazione della cittadinanza. L’idea di fondo è quella di analizzare se e in che misura i comics possano essere uno strumento utile per raggiungere pubblici che di solito non sono particolarmente sensibili verso le attività e i valori delle organizzazioni della SSE. Dato che i comics utilizzano un linguaggio iconico universale che trascende le appartenenze linguistiche nazionali, l’ipotesi che è essi consentano di superare i confini territoriali, etnici e culturali in vista della costruzione di una società civile globale.
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