Programma della conferenza

Sessione
Sessione 1 - Panel 9: Liminalità, partecipazione, media. Pratiche di rigenerazione e resistenza urbana in Italia
Ora:
Giovedì, 22.06.2023:
14:00 - 15:30

Chair di sessione: Andrea Volterrani
Luogo, sala: Aula 23

Secondo piano, Dipartimento di Scienze Politiche Palazzo Del Prete, P.zza Cesare Battisti 1

Presentazioni

Liminalità, partecipazione, media. Pratiche di rigenerazione e resistenza urbana in Italia

Andrea Volterrani1, Michele Sorice2, Gaia Peruzzi3, Maria Cristina Antonucci4

1Università di Roma Tor Vergata, Italia; 2Luiss, Italia; 3Sapienza Università di Roma, Italia; 4CNR, Italia

Il panel si propone di affrontare i temi della conferenza nella prospettiva dell’impatto emancipativo dei processi partecipativi e comunicativi presso i gruppi sociali vulnerabili in contesti di liminalità (Antonucci, Sorice, Volterrani, 2022). Con liminalità urbana intendiamo delineare quella condizione di trasformazione di ordini precedenti e di stati stabili della città che si verificano quando intervengono consistenti trasformazioni socio-economiche. In questa prospettiva, gli stati liminali si qualificano come fenomeni di innovazione e ripensamento del funzionamento quotidiano della città: in essi i gruppi di residenti e city user, in virtù di una differenziazione di culture, genere, ideologie politiche, condizioni socio-economiche e ambiti spaziali, influenzano attivamente la condizione della città, a partire dal proprio contributo partecipativo e dalle risorse disponibili, imprimendo diverse conseguenze sociali, territoriali ed economiche al tessuto urbano e alla comunità che lo anima. In particolare, i contesti liminali, soprattutto nelle grandi aree urbane sono stati - soprattutto nella crisi recente che si fa permanente - l’ecosistema in cui gruppi vulnerabili, movimenti sociali e giovanili, organizzazioni di terzo settore hanno sperimentato, attivato e condiviso originali processi di innovazione comunicativa e relazionale, scaturiti dalle esperienze di individuare e proporre soluzioni alternative al modello neo-liberale di città (Hackworth, 2011, Pinson, 2016). Percorsi di ripoliticizzazione tramite la partecipazione e di riconfigurazione della speranza (Geerts, 2022) si sono verificati con maggiore frequenza e intensità nei contesti liminali urbani metterndo a frutto processi di partecipazione, di comunicazione ibrida onsite/online (Berger, Funke, Wolfson, 2011; Leontidou, 2020) e di re-figurazione degli spazi urbani (Knoublach, Low 2017), in grado di costruire esperienze originali di innovazione sociale nel contesto urbano.

L’obiettivo del panel è promuovere lo scambio di conoscenze e la cooperazione tra saperi sociologici e di studi sulla città in materia di ricerca sulle tematiche di partecipazione, di comunicaizone dei gruppi vulnerabili in contesti urbani di liminalità. A partire da un'analisi teorica della nozione di liminalità come strumento di resistenza e innovazione sociale - spesso condotta a partire dalle risorse dei gruppi vulnerabili, nel paradigma della città neo-liberale - il panel approfondisce la dimensione della partecipazione ibrida, in site e online, che si attiva nei processi per l’inclusione sociale e digitale dei gruppi vulnerabili, concentrando la propria attenzione sulla dimensione di genere, con un focus sulla ri-figurazione degli spazi liminali urbani tra istanze sociali, resistenze politiche, narrazioni mediali e uno sulle politiche pubbliche urbane di genere. Scopo comune di tutti i contributi al panel è considerare, analizzare e valorizzare i differenti profili di risoggettivizzazione all’interno dello spazio sociale e politico urbano, nella capacità di ricostruire tessuti e percorsi comunitari e di sostenere il coinvolgimento partecipativo nei processi politici della città. Il panel si propone di prendere in considerazione differenti prospettive teoriche e di analisi di casi di studio empirici provenienti da studiosi della comunicazione emancipativa di gruppi sociali vulnerabili e di genere in tutta Italia. Esso considera e tematizza la comunicazione emancipativa della vulnerabilità nei contesti liminali a partire da differenti prospettive di ricerca (sociologia dei processi culturali e comunicativi, antropologia culturale, geografia umana, sociologia politica, analisi delle politiche pubbliche, studi urbani), allo scopo di concettualizzare e indagare lo stato dell’arte, porre in luce gli aspetti cruciali della situazione esistente, avanzare gli scenari e le prospettive future della partecipazione e comunicazione negli spazi della liminalità urbana.

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Ecosistemi comunicativi, spazi liminali e pratiche di resistenza. Una ricognizione teorica

Michele Sorice, Luiss Università

L’analisi dei processi partecipativi in aree urbane liminali si è perlopiù concentrata sulle procedure e i meccanismi di ingaggio dei soggetti. Sono così sorte alcune contraddizioni concettuali: la prima riguarda i modi del “coinvolgimento” dei soggetti, in cui si è perduta la dinamica fondamentalmente “top-down” che risiede nel concetto stesso di coinvolgimento; la seconda concerne il concetto di rifigurazione spaziale; infine un terzo problema risiede nel cortocircuito concettuale fra “comunità urbane” e spazi abitati da tali comunità. Tali contraddizioni hanno provocato anche una difficoltà nell’analisi di alcuni fenomeni di resistenza, di solito rubricati come elementi di criticità sistemica o espressione di marginalità. Ancora più complicata, in tale quadro, l’analisi del ruolo degli ecosistemi comunicativi, solitamente indagati come “strumenti” (anche di inclusione) e non come ulteriori spazi di rappresentazione sociale. Non è un caso che molto spesso nella riflessione accademica manchi un’analisi approfondita sia delle pratiche antagoniste sia delle forme “tattiche” di resistenza, talvolta anche a bassa intensità.

Il paper adotta una prospettiva che si colloca all'interno della sociologia di posizione e, più specificamente, nell’alveo dei critical media studies. La ricognizione, quindi, cerca di indagare il rapporto tra procedure di inclusione e pratiche di resistenza dei soggetti, anche (e soprattutto) nelle dinamiche trasformative di una sfera pubblica sempre più parcellizzata e composta da spazi sociali non più interconnessi (e per questo, quindi, incline all’emersione di nuove razionalità e/o narrazioni sociali dominanti).

La ricognizione teorica si basa anche sui risultati empirici di ricerche recenti e individua nella pratica di formazione sul territorio uno spazio di ridefinizione dei legami sociali nonché un luogo di attivazione di pratiche di resistenza.

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Processi di partecipazione ibrida per l’inclusione sociale e digitale. Problemi e prospettive nelle comunità liminali in Italia

Andrea Volterrani, Università di Roma Tor Vergata

L'uso di tecnologie digitali ha aperto nuove opportunità di partecipazione e inclusione sociale anche in Italia in molte comunità liminali caratterizzate sia da (1) processi di rifigurazione (Knoublach e Löw, 2017) dovuti alla policontestualizzazione, alla mediatizzazione profonda (Hepp, 2020) e alla translocalizzazione (Hepp, 2015), sia da (2) processi di marginalizzazione, ovvero gentrificazione (Sennet, 2018) e defamiliarizzazione (Blokland, 2017; Blockland et al., 2022). Tuttavia, l'accesso alle tecnologie digitali non è equamente distribuito e molte persone rimangono escluse da queste opportunità. Per questo motivo, sono stati sviluppati processi di partecipazione ibrida per promuovere l'inclusione sociale e digitale. I processi di partecipazione ibrida sono un metodo che combina strumenti digitali e fisici per coinvolgere le persone in processi di partecipazione sociale. L'obiettivo di questi processi è quello di raggiungere un pubblico più ampio e diversificato, includendo anche coloro che non hanno accesso alle tecnologie digitali. Tuttavia, i processi di partecipazione ibrida hanno anche generato alcune problematiche che devono essere prese in considerazione. Uno dei problemi principali riguarda la creazione di una "partecipazione a due velocità". Se da un lato, i processi di partecipazione ibrida possono aumentare il coinvolgimento di persone che altrimenti non avrebbero partecipato, d'altra parte, questo sistema può anche generare un divario tra coloro che partecipano fisicamente e quelli che partecipano solo digitalmente (Bulgarelli, 2021). Inoltre, la partecipazione digitale può essere meno coinvolgente rispetto alla partecipazione fisica, poiché non consente interazioni dirette con gli altri partecipanti (Sandoval-Almazan & Gil-Garcia, 2020). Inoltre, la partecipazione digitale può essere influenzata da problemi tecnici, come la connessione internet o la disponibilità di strumenti tecnologici, che possono limitare l'accesso a questi processi di partecipazione (Chen & Wu, 2021). Infine è da sottolineare anche le diseguaglianze sociali e culturali che si sommano a quelle digitali, inibendo nei fatti la possibilità di comprendere a pieno l’opportunità dei processi partecipativi ibridi (Ragnedda, 2019).

In alcuni casi, i processi di partecipazione ibrida possono essere utilizzati come un modo per simulare la partecipazione degli individui, senza coinvolgere realmente i cittadini nelle decisioni. In questo modo, la partecipazione ibrida può diventare uno strumento che limita invece che promuovere la partecipazione e l'inclusione (Kuk et al., 2020). Nonostante queste problematiche, i processi di partecipazione ibrida hanno anche molte prospettive positive. Questi processi possono raggiungere un pubblico più ampio e diversificato, aumentando la partecipazione delle persone che altrimenti sarebbero escluse da questi processi (Manzi et al., 2019; Dhiman et al 2021) soprattutto nelle comunità liminali (Antonucci, Sorice, Volterrani 2022) dove il doppio aggancio (fisico e digitale) colma, almeno parzialmente, le diseguaglianze esistenti, avviando percorsi di edu-communication dal basso (Freire, 1970; Barbas 2020) che coinvolge strati della popolazione altrimenti completamente esclusa. Questi aspetti saranno presentati attraverso l’analisi di alcune esperienze empiriche effettuate in alcune comunità territoriali delle regioni del Sud Italia.

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Statue controverse. Proposte di ri-figurazione degli spazi liminali urbani tra istanze sociali, resistenze politiche, narrazioni mediali. Un’analisi del caso italiano

Gaia Peruzzi, Sapienza Università di Roma

I monumenti sono una delle forme di comunicazione più antiche dell’umanità. Opere d’arte e al contempo strategie di costruzione dello spazio pubblico, sono narrazioni che costruiscono significati condivisi e memoria sul territorio, scegliendo di materializzare e di rendere emblematici, permanentemente visibili e densi di significato, un soggetto (assente) o un tema identificati come rilevante per la comunità. Se i monumenti sono stati definiti “corsi di educazione civica ante litteram” (Debray 1999), i movimenti iconoclastici sono il simbolo di categorie e forze sociali emergenti che intendono sfidare l’ordine esistente.

Nonostante dal Secondo Dopoguerra – a causa della fine delle grandi ideologie, della democratizzazione delle istituzioni e degli stili di vita, dell’ibridazione delle culture e della profonda mediatizzazione delle esperienze – la concezione della monumentalità abbia conosciuto trasformazioni profonde e si sia assistito, almeno nel mondo occidentale, a una “crisi della costruzione di opere magniloquenti” (Ragonese 2011), a favore di stili minimalisti e innovativi, le statue che ritraggono figure umane rimangono uno dei segni capaci di figurare lo spazio urbano, di incarnare rappresentazioni sociali e dinamiche di potere, di catalizzare tensioni e conflitti sia nelle piazze che sui media, e di suscitare dibattiti sulla legittimità delle pratiche creative che teorizzano la necessità della distruzione per giungere alla rigenerazione. I numerosi episodi della cosiddetta Guerra delle Statue scoppiati in diverse parti del mondo negli ultimi anni, come protesta e sfida contro le visioni e i sistemi razzisti, colonialisti e/o sessisti, sono una dimostrazione tangibile dell’attualità di questa forma di comunicazione.

Il contributo qui proposto intende promuovere una riflessione sulla situazione italiana. Negli ultimi anni infatti anche sul nostro territorio si sono verificati una serie di episodi controversi, legati prevalentemente alle questioni di genere, che singolarmente hanno anche attirato l’attenzione dei media; nella letteratura scientifica però sono stati poche le voci che hanno provato a contestualizzare e ad approfondire il fenomeno. Il paper proverà quindi a indagare le tensioni che i casi di polemica intorno alle statue italiane possono rivelare nei processi di cambiamento delle culture di genere, con particolare attenzione a: le condizioni favorevoli all’emergere di istanze innovatrici; le forme innovative nei linguaggi dell’arte pubblica, e d’altra parte quelle attraverso cui si riproducono e si rigenerano gli stereotipi sessisti; le resistenze ideologiche e culturali alla rigenerazione degli spazi urbani e dei territori, nell’intreccio tra movimenti dal basso, pratiche autoriali e discorsi mediali. La prospettiva di analisi è quella dei critical media studies. La riflessione si baserà sui risultati di ricerche recenti, e sull’approfondimento di alcuni casi ritenuti particolarmente significativi.

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Liminalità e donne. Pensare e comunicare le politiche urbane di genere nelle città metropolitane italiane

Maria Cristina Antonucci, CNR

Le politiche pubbliche urbane di genere sono un nuovo approccio volto a garantire una città equa e inclusiva per tutte le persone, coerente con l'obiettivo 11 degli SDGs delle Nazioni Unite e la visione di "gender-inclusive urban planning e design" della Banca Mondiale. Questo approccio mira a superare la disuguaglianza di genere nell'ambiente costruito delle città e nei modelli di pianificazione e progettazione urbana. Politiche come creare spazi urbani sicuri, accessibili e fruibili per le donne, pianificare servizi di mobilità urbana che sostengano l’autonomia femminile nell'accesso alla città e garantire servizi pubblici di welfare che liberino le donne dal determinismo di questi carichi sono significative. Queste politiche possono avere un impatto ancora più forte sulle donne che abitano gli spazi liminali, soggetti vulnerabili, con minori occasioni di avere accesso al “diritto alla città” teorizzato da Lefebvre; contesti socio-spaziali, in cui la vulnerabilità dovuta alla condizione di appartenenza di genere si assomma alla vulnerabilità della localizzazione in spazi di limininalità, ancora non pienamente compiuti in quanto a funzioni e possibilità. Inoltre, la messa a frutto del talento femminile anche in una dimensione spaziale urbana sostiene una complessiva partecipazione delle donne nella vita pubblica e garantisce una rappresentanza più equa nella gestione della città (Beebeejaun, 2017), elementi rilevanti nel contesto di depoliticizzazione e di calo della partecipazione politica nei sistemi politici urbani (Dikeç e Swyngedouw, 2017).

Ripartire dall'azione e dalla comunicazione delle politiche urbane di genere si pone come uno snodo importante per collegare obiettivi posti dalle istituzioni globali, suggestioni derivanti dalla letteratura scientifica e istanze neo-comunitarie. Il contributo propone un’analisi delle politiche urbane di genere implementate nelle città metropolitane italiane, ponendo in luce genesi, implementazione e modelli di comunicazione, in grado di restituire percorsi e scenari diversi per la realizzazione di ambienti urbani inclusivi e accessibili per le donne (Mac Gregor, 2019; Gillespie, Hardy, 2021; Kern, 2021) e di sostenere adeguati e coerenti approcci comunicativi, volti a promuovere e integrare la soggettività delle donne negli spazi urbani.