Le relazioni familiari continuano a essere al centro di vecchie e nuove sfide che attraversano la società e investono, in particolare, i giovani in transizione verso la vita adulta e le giovani coppie, impegnate a conciliare compiti educativi e impegni lavorativi.
Ci si interroga, in questo panel, su alcuni esemplari eventi critici, assunti come emblematici per comprendere, come la tenuta dei legami familiari possa rappresentare una risorsa alle crisi e ai conflitti che attraversano i contesti familiari.
Due sono gli interrogativi a cui i contributi raccolti in questo Panel cercano di dare risposta: come si gioca oggi la solidarietà tra le generazioni e l’alleanza tra i generi, in alcune esperienze scelte ad hoc per la loro natura sfidante, che consentono di indicare alcune linee distintive dell’attuale morfogenesi familiare.
Focalizzarsi sul «pensare per generazioni» significa identificare le relazioni tra le generazioni e il contenuto simbolico che attraverso di esse si genera ed è trasmesso a livello familiare e a livello sociale. Il concetto di generazione emerge quindi come sintesi tra sfera familiare e sfera sociale e permette una collocazione delle generazioni nelle dinamiche complesse di allocazione delle risorse e degli scambi generalizzati. Molte le interpretazioni del concetto di generazione presenti in gran parte della riflessione storico-sociale (Ariès, 1979; Attias-Donfut C., Ogg J., Wolff F.C., 2005; Somaini, 1996; Micheli, 1991; Bengtson e Achenbaum, 1993), che, pur contribuendo a chiarire le diverse accezioni del termine, non permettono di giungere ad una sua connotazione comprensiva e multidimensionale. Inoltre, gli aspetti di rischiosità delle relazioni intergenerazionali sembrano non trovare spazio in buona parte della riflessività dopo moderna. Al contrario, sappiamo che il rapporto tra le generazioni non è immune dall’ambivalenza (Lüscher, 2011) e pertanto, può essere generativo o degenerativo (generare cioè beni o mali relazionali).
Anche l’alleanza tra i generi non si sottrae a questa ambivalenza, anzi può essere considerata una public issue (Donati, 2012), proprio in quanto è in atto una evidente criticità nel creare la coppia, mantenerla in vita e riuscire a farla crescere, come relazione ricca di umanità.
Nello specifico, focalizzarsi sul tema delle differenze e uguaglianze di genere, apre uno scenario di grandi problematicità. Oggi si è educati come se la differenza di genere non esistesse, ma poi la differenza ricompare nella coppia sotto forma di conflitto coniugale. Nella coppia si sono prodotti notevoli cambiamenti, ma più di superficie che di struttura. Si sono avvicinate le rappresentazioni personali dei reciproci diritti/doveri, ma non sempre a ciò ha corrisposto un reale cambiamento nei comportamenti, che sono grandemente all’insegna della complementarietà. Si assiste ad una minor normatività nella divisione dei compiti, ma sul piano pratico la flessibilità è molto bassa (come documentano le analisi Multiscopo condotte dall’Istat, nell’ultimo decennio). Tutto ciò trova qualche possibilità di sviluppo in senso positivo, quando le coppie possono fare i conti su risorse aggiuntive, non solo di tipo monetario, ma soprattutto di relazioni solidali, reti di amici, nuovi vicinati, comunità familiari, esperienze associative, che consentono di attivare scambi reciproci e cooperativi.
I quattro contributi presentati in questo Panel, di sicuro valore scientifico, si basano su solide ricerche empiriche e cercano di analizzare, da un punto di vista quantitativo e/o qualitativo, l'esperienza dei giovani e delle giovani coppie, in diverse situazioni emblematiche.
Da un lato, la platform society offre nuove e creative opportunità di socializzazione per tutte le generazioni; dall’altro, antichi compiti di cura possono riguardare non solo gli adulti, ma anche i più giovani, investiti precocemente di importanti responsabilità (Young carers). La rischiosità della società attuale porta, inoltre, un numero crescente di giovani (Care Leavers) a trascorrere una parte della propria vita presso una famiglia affidataria, rendendo più complessa la transizione alla vita adulta; oppure la divisione dei compiti all’interno della coppia, in condizioni particolari, come quelle appena trascorse durante la pandemia, può provocare conflitti tra i partner, o al contrario trovare forme per ridisegnare in modo creativo e non convenzionale nuove alleanze tra i generi.
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Cyberviolenza e piattaforme digitali: nuovi rischi e nuove sfide per le famiglie.
Elena Macchioni (Alma Mater Studiorum Università di Bologna)
Le piattaforme digitali hanno modificato profondamente le nostre vite, ponendo in discussione il modo in cui si costruiscono e negoziano le identità e in cui si innestano, realizzano e rinnovano continuamente i processi educativi, di socializzazione, in una prospettiva a lungo termine che investe tutto il corso di vita di individui e famiglie, in quell’intreccio fra generi e generazioni che le caratterizza. La relativa apertura e plasticità dei processi di interazione favorita, in certi casi dalla platform society pongono criticità e interrogativi in merito al ruolo esercitato quotidianamente da questi ambienti, che strutturano “spazi sociali” ibridi, “oltre il virtuale” (Castells, 2001). Può allora accadere che i media digitali e i social media si trasformino, da potenziale risorsa e spazio aperto di socializzazione (boyd, 2014), a luogo del rischio e del malessere (Livingstone & Haddon, 2009; Smahel et al., 2020). In questo quadro, il contributo presenta i risultati di un’indagine quantitativa realizzata nel 21/22 da una rete di 5 Atenei italiani, il cui obiettivo è stato quello di esplorare – tramite questionario online autosomministrato – alcune dimensioni della cyberviolenza in un campione di 2365 giovani, nati tra il 1995 e il 2002. L’analisi indaga le modalità d’uso dei social, le pratiche culturali e la percezione dei fenomeni di cyberviolenza (Backe et al., 2018; Peterson & Densley, 2017; Hellsten et al., 2021), l’esperienza che è stata fatta di queste forme di violenza e la rilevanza delle reti familiari in funzione di aiuto di supporto. Infine, un altro aspetto preso in esame riguarda gli strumenti e le strategie di prevenzione del rischio ritenuti più efficaci dai e dalle giovani intervistate, al fine di ripensare gli ambienti digitali come luoghi di socializzazione anziché come luoghi esclusivi del rischio (Livingstone, Mascheroni & Staksrud, 2018; Aroldi & Mascheroni, 2019).
Il lavoro adotta anche una prospettiva di generazionale (Dimock, 2019) e di genere (Corbisiero e Nocenzi, 2022) utile a chiarire le dimensioni in gioco nella promozione di un’educazione alla cittadinanza digitale (Marinelli, 2021) che prenda avvio dal framework teorico della digital literacy e che si fondi sulla progressiva acquisizione di competenze transmediali che tengano conto della crescente complessità dell’ecosistema comunicativo (Scolari, 2018) e dei diversi saperi che in esso si intrecciano.
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Giovani in transizione alla vita adulta: il punto di vista dei Care Leavers
Sara Nanetti (Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia – Università Cattolica del Sacro Cuore – Milano)
La transizione alla vita adulta rappresenta un momento cruciale nella vita dei giovani, caratterizzato da molteplici sfide e difficoltà (Hartmann, Swartz 2006, Bramanti 2001). La crescente complessità che contraddistingue la società contemporanea non solo ha visto il dilatarsi nel tempo di tale passaggio ma ha posto ulteriori difficoltà tra cui la precarizzazione del lavoro, l'incremento dei costi di vita e dell'istruzione e la differenziazione dei processi di socializzazione e di identificazione.
L’esperienza di affido rappresenta un’ulteriore sfida per i giovani in transizione alla vita adulta (Häggman-Laitila, Salokekkilä 2019). Alcune ricerche nazionali hanno evidenziato come sia proprio la fase di fuoriuscita dai percorsi di tutela a segnare le maggiori difficoltà dei percorsi di affido conducendo al rischio, per il neomaggiorenne, di cadere nella spirale della povertà (Belotti, Mauri, 2019; Zanuso, 2011), in quanto il loro percorso verso l’autonomia e l’indipendenza può presentare maggiori difficoltà rispetto ai coetanei che godono invece del supporto di una rete familiare stabile. Il presente studio intende esplorare come i giovani Care Leavers (Atkinson, Hyde 2019; Sulimani-Aidan, Melkman 2018) hanno affrontato o stanno affrontando tale transizione, quale ruolo ha avuto la famiglia naturale e quella affidataria nella definizione della propria identità adulta e quali sono state le principali sfide e difficoltà incontrare durante il percorso.
L’intento del presente contributo è quello di rispondere alla domanda sulla complessità della transizione alla vita adulta in particolari condizioni di fragilità dei giovani e delle rispettive famiglie di origine: quanto e in che modo i minori accolti riescono ad affrontare in modo sufficientemente adeguato i compiti di sviluppo (formazione, lavoro, relazioni sociali e di coppia) lungo il corso di vita?
Nello specifico, sono state condotte interviste semi-strutturate a dieci giovani adulti (20-35 anni) nelle quali sono state esplorate le seguenti aree: il benessere personale, la storia di affido, le relazioni familiari (sia con la famiglia affidataria che con la famiglia di origine), la relazione con l’Associazione Cometa (composta da 56 famiglie affidatarie, che ospitano attualmente 117 bambini in affido), ed infine, i punti di forza e di debolezza del loro percorso di affido. Il panel dei partecipanti è stato selezionato attraverso i criteri di massima variabilità per esperienza di affido, genere e relazioni familiari.
A partire dall’analisi delle trascrizioni delle interviste verranno presentati i risultati preliminari della ricerca da cui è possibile evidenziare le risorse materiali e immateriali che hanno consentito ai giovani di affrontare la transizione alla vita adulta e le principali criticità e sfide che hanno reso più difficoltosa questa transizione, infine, verrà affrontata la specificità del modello di affido promosso dall’Associazione, attraverso il quale i giovani hanno incontrato nuove opportunità, così come legami duraturi e stabili che sono risultati essere fondamentali per il loro sviluppo contrastando i possibili rischi connessi al delicato passaggio dei Care Leavers alla vita adulta.
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Compiti di cura e ruoli di genere: le esperienze delle famiglie italiane durante la pandemia
Francesca Lagomarsino, Disfor, Unige - Nadia Rania, Disfor, Unige
L’emergenza portata dal Covid-19, sia durante la fase più acuta della pandemia sia nei periodi successivi, è stata molto complessa per le famiglie italiane, creando nuove situazioni ed equilibri familiari che hanno richiesto la capacità di rinegoziare e ripensare i ruoli reciproci all'interno della famiglia. Tutto ciò ha portato a far emergere con maggiore intensità situazioni di collaborazione e forme di conflitto tra i generi e tra le generazioni. In particolare, le famiglie si sono trovate a sperimentare sfide importanti, dettate dalle nuove modalità di lavoro, dalla riorganizzazione e condivisione più assidua degli spazi abitativi e dalla necessità di rinegoziare i ruoli domestici e di cura. Compiti che in queste fasi emergenziali non potevano più essere esternalizzate come accadeva precedentemente.
In questo senso il periodo del lockdown si è caratterizzato come un interessante “esperimento” sociale, da cui possiamo trarre significative riflessioni sui cambiamenti delle dinamiche familiari degli ultimi decenni.
I dati che presentiamo in questo abstract fanno parte di una più ampia ricerca interdisciplinare, condotta nel 2020-2021, che ha coinvolto sociologi, psicologi e antropologi.
Scegliendo di utilizzare un approccio di genere, ci siamo focalizzate sul rapporto tra i partner, all’interno della coppia, per capire se e come sono stati ripensati e rinegoziati i ruoli di genere, partendo dalle donne che, all'interno delle dinamiche familiari, hanno maggiormente sofferto gli effetti del lockdown, dovendo gestire più ruoli contemporaneamente e nello stesso luogo. In questo intervento ci focalizzeremo su come all’interno delle famiglie prese in esame si è gestita la ridistribuzione dei ruoli nelle attività domestiche e di cura e sul conflitto familiare che ciò ha determinato. Presentiamo pertanto i dati emersi da una ricerca quantitativa, svolta tra marzo e aprile 2020, su un campione di 1100 partecipanti da cui sono stati estrapolati 550 soggetti che hanno dichiarato di essere coniugati/conviventi di questi il 76% sono donne. I risultati mostrano come la distribuzione del lavoro domestico e della cura dei figli sia stata maggiormente demandata alla partner femminile della coppia, e questo è accaduto, contrariamente a quanto ci aspettavamo, anche per quelle coppie in cui entrambi i partner erano presenti in casa, al lavoro o disoccupati.
Tuttavia benché le donne abbiano continuato a dedicare maggior tempo alle attività domestiche e di cura rispetto agli uomini, ciò non è stato percepito come motivo di conflitto. Permane una distinzione dei ruoli rivestiti all’interno della famiglia, in cui appare naturalizzata da distinzione dei compiti rispetto al genere. Il conflitto sembra essere percepito soprattutto nelle coppie con figli nella fascia d’età preadolescenziale, in relazione al rapporto tra genitori e figli, e soprattutto alla gestione delle attività scolastiche.